L’economia dell’ignoranza: la scelta è tra sapersi difendere e pagare

scritto da il 18 Febbraio 2018

La ricchezza è spesso definita come uno stato fisico. Un abbondante conto in banca, beni materiali (auto, case, barche, gioielli), spese superflue quali viaggi o cene in ristoranti costosi. In vero la ricchezza si può anche configurare in modo più umile, considerandola come un benessere mentale. La maggior forma di ricchezza che ognuno di noi, a prescindere dal suo conto in banca, può possedere è quella delle informazioni. Più precisamente il possesso di informazioni, di cultura ( se vogliamo un termine più elegante) è alla base delle scelte che facciamo tutti i giorni. Eppure esiste ancora una classe di persone, temibilmente numerosa, che ha deciso di restare ignorante.

Facciamo il punto

Colui che ignora è un ignorante. La “Ricchezza delle nazioni”, bibbia del capitalismo moderno scritta da Adam Smith, in formato digitale pesa meno di 3 megabyte. Il “Manifesto del partito comunista”, di Engels e Marx, meno di 1 megabyte. Una chiave usb da 64 gigabyte può contenere migliaia di libri. Ricordiamoci una delle più antiche biblioteche della storia: Alessandria d’Egitto era famosa per la sua grande biblioteca. A seconda delle fonti che si consultavano, l’edificio ospitava tra 40mila e 400mila pubblicazioni. Papiri preziosi che affrontavano i più svariati temi della cultura: scienza, filosofia, medicina, architettura.

La biblioteca oggi non esiste più, ma c’è qualcosa di molto più prezioso: la rete. Internet contiene l’equivalente, stimato, di alcuni milioni di biblioteche di Alessandria.

Non esiste un momento della storia conosciuta, dove l’uomo, ha avuto accesso ad una quantità di informazioni così elevata. Eppure la gente resta ignorante.

Mi domando, quindi, se non esista un’economia basata sull’ignoranza. La scelta consapevole degli individui di ignorare le informazioni è cosi diffusa; a mio avviso è logico pensare che vi sia un numero di soggetti piuttosto elevato che sfrutta (anche legalmente) questa ignoranza.

Crisi dell’immobiliare americano: nessuno guardava i numeri

Esiste un film che suggerisco a tutti (non sto facendo pubblicità) di guardare. Si chiama “La grande scommessa“. Tratta della bolla immobiliare americana dei mutui subprime, da qui è stata innescata la grande crisi del 2008, ma in una chiave molto particolare. Traccia le azioni di un ridotto numero di investitori contrarian (che andavano contro il modo di pensare classico) che decisero di scommettere contro il mercato immobiliare.

La loro non era un azione sconsiderata: avevano fatto quello che il resto del mondo ignorava, avevano guardato i numeri, i dati che stavano alla base dei subprime. E avevano scoperto una cosa curiosa, quei numeri non stavano in piedi. L’economia dell’ignoranza si fondava su un numero vasto di americani che, ad ogni livello della scala sociale, ignoravano la realtà.

Quanto si poteva pensare che il mercato immobiliare sarebbe cresciuto?

Senza essere geni della finanza non è difficile pensare che il mercato immobiliare (inteso come comuni persone che fanno un mutuo e comprano una casa, e hanno un buon stipendio per pagare le rate) non poteva continuare a crescere all’infinito. La crescita continua di un indice (a cui si legano prodotti finanziari o fisici, servizi o qualunque altro asset) può implicare solo due cose: una domanda senza fine (di per sé impossibile) oppure una forte speculazione finanziaria. Ovviamente tra il 2006 e il 2008 chiunque lavorasse nel mercato finanziario e fosse legato a questo scenario sosteneva che il mercato non poteva crollare.

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ECONOTUBE. L’economia dell’ignoranza. Istruzioni per l’uso

Consideriamo un indice più elementare: il Dry Baltic Index misura il costo del noleggio di navi commerciali ( per trasportare merci finali, materie prime o semi lavorati). Come potete vedere dal link, l’indice nel 2006-2008 era cresciuto 5-6 volte. La domanda che io stesso ponevo agli analisti finanziari in quell’epoca era semplice: “Cosa succede?”. E quando trovavo qualche analista che sapesse di preciso cosa fosse il DBY, e ascoltava la mia riflessione sul mercato immobiliare, mi rispondevano tutti la stessa cosa: “Perché dovrebbe crollare? La crescita economica è stabile”.

Quanto è costata questa ignoranza?

Il GAO (US Govern Accountability Office) ha differenti stime in merito a quanto la bolla immobiliare sia costata all’economia americana: a seconda dei parametri che si vogliono conteggiare si va dai 10 trilioni di dollari ai 22. Non si dimentichi che la crisi immobiliare finanziaria ha contagiato vari mercati (tra cui quelli europei) quindi, in verità, il danno totale per l’economia mondiale è sicuramente molto superiore.

Elezioni, Trump, Clinton

Chi si occupava di studiare il popolo? La bolla mediatica, in cui tutti i giornalisti americani erano inseriti e vivevano, è stata ben analizzata da Politico.

La testi era piuttosto semplice: la stragrande maggioranza delle previsioni politiche e dei giornalisti erano sulla costa est. In un immaginario triangolo Boston, Washington, New York (precisazione doverosa: non è esattamente un triangolo) tutti vivevano delle stesse notizie.

Se qualcuno ne ha memoria, anche nei giorni prima delle elezioni solo una testata americana riportava Trump vincente per 2 o 3 punti: il Los Angeles Times, che, come dice il nome, ha sede a Los Angeles, ben lontano dalla bolla mediatica. Ci fu anche un italiano, io, che con 8 giorni di anticipo spiegò in lungo e in largo perché Trump aveva vinto (dando per scontata la sua vittoria). Anche in questo caso in cosa consisteva l’economia dell’ignoranza? Semplice: ignorare i dati. Dare per assunto che certe tendenze fossero logiche. Quanto è costata questa ignoranza? Il NY Post ha azzardato una stima: circa 1,2 miliardi di dollari.

Bitcoin, Ico & Co.

Ora, senza fare il gufo, a dicembre, quando i bitcoin e tutte le monete stavano salendo in modo vertiginoso, mi domandavo cosa ci fosse sotto. C’è da ammettere che i sottostanti delle criptovalute sono mancanti: la sicurezza della blockchain garantisce la certezza della moneta (che, si dice, non può essere hackerata) e quindi comprendere quali fattori possono influenzare le criptovalute diviene piuttosto complesso. È un dato di fatto che, al momento da posizione 20mila dollari la cifra si è assestata a poco meno della metà.

Saliranno? Scenderanno? Non sono Nostradamus, quindi preferisco chiamarmi fuori da queste previsioni. Possono salire all’infinito? Altra domanda da 1 milione di dollari. Quel che si può considerare come certo è che un qualunque indice, sino ad oggi, non è mai salito all’infinito. Ad un certo punto è sceso. Persino Facebook, per evitarsi futuri problemi, ha deciso di mettere mano al tema pubblicità delle Ico sulla sua rete.

Come ci si può difendere?

Prima di tutto sarebbe opportuno che le persone si tenessero informate. Se le elezioni o i bitcoin possono considerarsi secondari, le decisioni finanziarie, basate su una conoscenza limitata, sono estremamente importanti. Il risparmio finanziario privato si presta facilmente a essere oggetto di attività fraudolente. La storia è piena di episodi di truffe ad ampio raggio che hanno creato malessere economico diffuso e profondi disagi psicologici per le persone coinvolte, oltre ad aver minato la fiducia generale nel corretto funzionamento del sistema finanziario. L’educazione finanziaria può essere un valido strumento per il contrasto di questi fenomeni, contribuendo direttamente a immunizzare l’anello più debole del sistema: i risparmiatori.

Saper scegliere le fonti migliori sui diversi media è un buon inizio. Il secondo passo è cominciare ad approfondire con blog e magari siti contrarian (quindi che seguono ragionamenti contro-sistema). Ma la cosa più importante è l’abilità di discernimento. Porsi sempre la domanda: “Siamo sicuri?”.

Questa è la soluzione migliore. L’alternativa è di restare volontariamente ignoranti ed aspettare che qualcuno approfitti della nostra deficienza (intensa come mancanza di qualcosa, in questo caso di informazioni). L’alternativa, il rimanere ignoranti, è ben spiegata in questo video, tratto da un film di recente uscito nelle sale.

Twitter @EnricoVerga