Per la salute del futuro servono meno medici. E più allenatori

scritto da il 05 Aprile 2018

Il mondo della salute sta subendo alcuni cambiamenti strutturali di lungo periodo che spesso sfuggono all’attenzione di breve che la società – troppo spesso – dedica agli eventi. Questi cambiamenti richiedono un ripensamento radicale di come debba essere gestito il bisogno di salute nelle società contemporanee. Ovviamente stiamo parlando del mondo sviluppato, in cui esiste un sistema – pubblico, privato o misto – di sanità universale.

Quali sono i cambiamenti strutturali di lungo periodo:

1. Continua l’onda lunga dell’invecchiamento della popolazione, con l’età media che si allunga di 2,5 mesi ogni anno. Fino a oggi questo miglioramento è stato quasi esclusivamente dovuto al fatto che muoiono sempre meno persone giovani, più che un allungamento radicale dell’età massima

2. L’epidemiologia, misurata in DALY (Disability Adjusted Life Year, un anno di vita sana perso), continua a spostarsi verso le malattie croniche, soprattutto quelle che si presentano nella terza età. Le malattie psichiatriche e neurologiche sono la componente più aggressiva di questo fenomeno

3. Gli stili di vita sani sono oggi alla portata di quasi tutta la popolazione del mondo sviluppato, non rappresentando quindi un tema di distanze economiche mentre permane e si allarga la distanza psicologica tra chi riesce ad avere forza di volontà per seguire tali stili di vita e chi invece non ci riesce. È vero che esiste una certa correlazione tra stili di vita sani e ricchezza

4. L’intelligenza artificiale, i big data e la legge di Moore stanno mettendo nelle mani dei clinici (in potenza, perché nella realtà diffusa la pratica clinica continua a essere molto simile a quella di 40 anni fa) strumenti eccezionali per migliorare le loro capacità diagnostiche

5. Le terapie medicalizzate tendono ad avere un impatto relativamente basso sulla qualità della vita delle persone. Ovvero, si sta verificando sempre più una divaricazione tra capacità diagnostica e capacità di cura. Sappiamo sempre più nel dettaglio che patologie abbiamo e siamo ancora molto indietro nel sapere come curarle

6. In tutto il mondo c’è una cronica carenza di medici rispetto alla domanda a modello clinico vigente. Ogni paese ha un sistema diverso ma in praticamente tutti i paesi mancano i medici. Le ragioni sono diverse paese per paese ma in fondo tutti limitano alla fonte la produzione di medici a livello di sistema educativo

7. Più i medici diventano pochi e più tendono a specializzarsi perdendo progressivamente la visione olistica della salute umana

8. L’ospedale come luogo centrale della salute sta perdendo sempre più rilevanza a causa dell’epidemiologia che cambia: le malattie croniche richiedono altri luoghi, altri strumenti rispetto a quelli che può offrire l’ospedale. E le tecniche di cura richiedono sempre meno giorni di ospedalizzazione (pensate agli interventi in artroscopia ad esempio)

Di fronte a questi cambiamenti abbiamo bisogno di un ripensamento profondo del tipo di modelli di salute di cui abbiamo bisogno. Provo a fare una lista sintetica di proposte del cambiamento di cui abbiamo bisogno:

– Da un modello di presa in carico da parte del singolo medico abbiamo bisogno di un modello a team, con una piramide di competenze che vede al vertice il medico, sotto gli infermieri, psicologi, fisioterapisti, dietisti e altri tecnici della salute, ancora sotto delle figure professionali che qui chiameremo “health coach” (ne parlerò sotto) e infine una interfaccia informatica di prima interazione automatizzata capace di dare risposte di qualità, personalizzate, alle domande che le persone hanno da porre e che sappia gestire in modo sempre più automatizzato tutte le interazioni “non-ambigue” con i pazienti. Una piramide inversa che dedichi il tempo ai pazienti in modo coerente con il bisogno e le competenze in essa. Una piramide che migliori la qualità della presa in carico e che contestualmente abbatta i costi e permetta di avere molti meno medici di quanto oggi abbiamo bisogno. Il medico deve diventare un lavoro di alto livello, e le remunerazioni devono seguire anche la capacità di saper gestire bene la piramide delle competenze

– Tutti gli operatori della piramide devono avere a disposizione un sistema informatico che abbia dentro tutti i dati clinici dei pazienti e la letteratura scientifica e che quindi permetta di valutare cosa fare in modo più profondo di quanto l’esperienza del singolo medico possa mai fare. Questo sistema deve contenere tutti i dati clinici di quella persona, indipendentemente da chi sia stato a erogare la prestazione.

– A fianco dei luoghi dedicati alla cura delle patologie devono sorgere luoghi e servizi molto meno medicalizzati per “l’allenamento alla salute“. In generale bisogna spostare la cultura della salute dalla situazione attuale, (“me ne occupo quando sto male”), a quella in cui le persone dedicano un po’ di tempo ogni giorno a stare in salute. Palestre, ristoranti e supermercati, luoghi di socialità positiva, sono tutti esempi che possono influenzare positivamente la salute generale delle persone.

– Dobbiamo de-medicalizzare una parte molto consistente di ciò che negli ultimi anni è stato medicalizzato. La medicalizzazione pervasiva ha portato un uso esagerato di farmaci e interventi invasivi orientati a risolvere un sintomo (spesso senza andare alla ricerca delle cause) con effetti collaterali che spesso hanno poi aggravato la situazione generale della persona. L’uso degli antibiotici e degli psicofarmaci è solo un esempio. Ma anche ciò che oggi succede nel fine-vita è un altro aspetto eclatante d questo tema. Una gravidanza fisiologica non è una malattia e quindi andrebbe trattata in modo diverso da come oggi spesso si fa.

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In tutto questo una figura centrale di cui avremo bisogno è quella dell’health coach. Risponde innanzitutto al bisogno di relazione e all’efficacia delle relazioni per chi ha problemi di salute. Deve quindi avere un solido modello di cosa sia o non sia salute e conoscere gli strumenti che si possono usare, sapendo ascoltare e sapendo spiegare. Dedica la gran parte del suo tempo a parlare con i pazienti e a organizzare il loro percorso di salute, occupandosi anche e soprattutto di aspetti materiali e psicologici. Sa motivare le persone e le segue soprattutto nei momenti di difficoltà, che sono quasi sempre di natura psicologica. Non fa diagnosi e non eroga terapie. È una figura professionale che in Italia non esiste ma che potrebbe diventare centrale per la tenuta complessiva del sistema.

Se non mettiamo mano almeno a una parte di questi cambiamenti il sistema sanitario per come lo abbiamo conosciuto collasserà per una divaricazione tra bisogni espressi dalla popolazione e capacità di presa in carico. I cambiamenti qui proposti non sono tecnicamente difficili da realizzare, mentre lo sono molto dal punto di vista degli interessi e delle abitudini in atto. È possibile fare sperimentazioni e misurare gli effetti, sia in termini di salute che di spesa. Auspico che molti provino queste riforme e che quindi tra qualche anno si possa discutere laicamente di cosa funziona e cosa non funziona.

L’autore è amministratore delegato del Santagostino

Twitter @lforesti