Moneta sovrana, proviamo a capire che tipo di abbaglio rischiano gli svizzeri

scritto da il 05 Giugno 2018

Chi deve creare i nostri franchi: le banche private o la Banca nazionale? Questa è la domanda che accoglie i visitatori entrando nel sito ufficiale dell’associazione MoMo, l’associazione promotrice di un referendum che si terrà in Svizzera tra pochi giorni, il prossimo 10 giugno. Il popolo svizzero infatti verrà chiamato ad esprimersi sulla possibilità di modificare il sistema finanziario elvetico in modo che le banche non possano più creare nuovi depositi attraverso l’erogazione di prestiti. L’unica autorità che potrà emettere moneta, in tutte le sue forme, dovrà essere esclusivamente la Banca Centrale.

Si tratta, nella sostanza, di una trasposizione del cosiddetto piano Chicago, fatto circolare in ambienti accademici durante gli anni ’30, rielaborato negli anni successivi da altri economisti (M. Friedman o G. Becker solo per citarne alcuni dei più famosi) e recentemente riproposto da J. Benes e M. Kumhof in un working paper pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, ma che, se si esclude l’esperienza Argentina durante le due esperienze di Governo di J. D. Peron, non è mai stato concretamente applicato.

La trasposizione del piano Chicago in Svizzera riformerebbe il sistema finanziario nazionale nel modo descritto dalla seguente figura 1.

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Figura 1: Proposta di sistema a moneta sovrana nella Confederazione elvetica, tratto da Switzerland’s ‘sovereign money’ initiative

I depositi non sarebbero più una passività delle banche private, che non potrebbero più crearne “a piacimento”, ma si trasformerebbero in passività della Banca Centrale, al pari della moneta cartacea. Le banche private diventerebbero soltanto i possibili custodi di tali depositi, così come lo sono di altre attività finanziarie dei clienti, dalle azioni alle obbligazioni, alle quote di fondi d’investimento. Questo sistema a moneta sovrana (o moneta intera, chiamata così per distinguerla da quella che i promotori descrivono come moneta frazionaria) avrebbe i seguenti vantaggi:

“La moneta intera sui conti correnti è assolutamente sicura, poiché è denaro della Banca nazionale. È immune dai fallimenti bancari. Vengono evitate bolle speculative poiché le banche non possono più creare loro stesse denaro. Lo Stato non è più ostaggio del sistema finanziario, poiché non deve più salvare le banche con i miliardi dei contribuenti (too big to fail) per salvaguardare il traffico dei pagamenti. I contribuenti e l’economia reale vengono sgravati, poiché la Banca nazionale può distribuire miliardi di franchi supplementari alla Confederazione, ai Cantoni oppure ai cittadini come dividendo di cittadinanza. Il settore finanziario è messo nuovamente al servizio dell’economia reale e della società. Il sistema bancario non è più un enigma e diventa di nuovo trasparente e comprensibile”.

La lettura di questi vantaggi mi ha stimolato alcune riflessioni sugli effetti che la creazione di liquidità nel sistema produce e sullo spirito che anima il comitato promotore del referendum. Leggendo dei benefici in termini sicurezza dei depositi, sicurezza anche dinanzi ai fallimenti bancari, basterebbe ricordare che già adesso un deposito fino a 100.000 franchi ha la garanzia di Esisuisse ed i titolari sono così tutelati nel caso di default della banca. Se si volessero garantire tutti i depositi, basterebbe semplicemente rimuovere il limite quantitativo. Non c’è una grande differenza se questa garanzia è implicita nella costituzione di un fondo di garanzia con back-stop pubblico o se esplicita come passività della Banca Centrale.

Riguardo invece ai benefici in termini di stabilità finanziaria e possibilità di creare bolle speculative ci si rifà, a mio avviso, ad una concezione primitiva del sistema finanziario. Ad un sistema finanziario in cui le banche sono le uniche entità che possono erogare credito. Nella realtà, anche nei sistemi finanziari minimamente evoluti, il credito non è erogato solo e soltanto dalle banche, e non è necessariamente legato alla creazione di uno strumento sostitutivo della moneta (si pensi per esempio alle molteplicità di rapporti tra cliente e fornitore). Inoltre, giova sempre ricordare, anche a chi ritiene che le banche possano creare moneta illimitatamente, che se il deposito viene creato dalla banca con l’erogazione di un prestito, la vita del deposito e quella del prestito diventano completamente scollegati.

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Se prendiamo, come esempio, la cartolarizzazione di un prestito, la cessione ad un veicolo non-bancario, essa, pur riducendo di un corrispondente ammontare i depositi bancari, non estingue in prestito, il quale rimane in essere con le proprie caratteristiche anche dopo che è uscito dal sistema bancario. Osservando le recenti crisi finanziarie, le bolle speculative si sono venute a creare non solo per il credito bancario, ma soprattutto per l’attività di quello che generalmente viene classificato come shadow banking. Shadow banking che non è minimamente interessato dal quesito referendario. Un sistema a “moneta intera” non avrebbe assolutamente evitato una crisi finanziaria come quella avvenuta nel 2007-2008.

E poi viene l’ultimo presunto beneficio: “Il sistema bancario non è più un enigma e diventa di nuovo trasparente e comprensibile” che sembra scritto da chi abbia scoperto solo di recente di esser stato fregato da un sistema finanziario così oscuro e voglia rivoluzionarlo, modificarlo nelle fondamenta.

Solo così, solo pensando alla volontà di rivalsa di un gruppo di individui che si sentono fregati dall’enigmatico sistema delle banche, si può forse comprendere la ratio di una tale proposta di riforma, una proposta che scambia un principio ormai comunemente accettato per la gran parte delle banche centrali, quello del controllo dei tassi d’interesse a breve termine invece che della quantità di moneta, per una serie di benefici del tutto ipotetici e sostanzialmente ottenibili con gli strumenti che il regolatore ha già a disposizione.

Twitter @francelenzi