Derivati = il male? Ecco come il linguaggio sfrutta ignoranza e carenze di identità

scritto da il 27 Giugno 2018

Dire che i derivati sono il male della finanza equivale a dire che la frutta fa bene ed è gustosa, ma la macedonia è dannosa e disgustosa. Non a caso, s’è diffusa presto la notizia secondo cui il loro valore in circolazione supererebbe abbondantemente i 500 trilioni di dollari. Il modo in cui si ‘si dice’ qualcosa determina sia il gradimento sociale della sortita linguistica sia il successo di chi parla o scrive o fa ciecamente e biecamente propaganda. Non a caso, se consultiamo la Banca dei Regolamenti Internazionali, ci rendiamo conto che l’esame della realtà cambia significativamente.

La cifra di 500 trilioni che abbiamo introdotta con compiaciuta superficialità, infatti, non costituisce alcuna misura valida per il mercato dei derivati perché corrisponde unicamente al nozionale. Chi se ne serve o non conosce affatto certi meccanismi finanziari o sfrutta l’incultura generale per alimentare paure ingiustificate di crolli sistemici e teorie del complotto. È doveroso, pertanto, mettere subito in chiaro il concetto di nozionale, sebbene sia assai difficile favorire l’accesso alla materia. Ci serviremo, alla bisogna, pure di forzature e semplificazioni; per la qual cosa ci scusiamo in anticipo coi lettori più esigenti. Se abbiamo a cuore la buona informazione, non possiamo e non dobbiamo sottrarci a certe fatiche.

In primo luogo, diciamo che i derivati rispondono a dei contratti veri e propri, contratti mediante i quali le controparti assumono delle posizioni predittive sull’andamento di un valore sottostante, un indice, un titolo, una divisa, una materia prima et cetera.

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Perché siamo stati così scolastici, a tal punto da fare menzione dell’istituto giuridico del contratto? Lo siamo stati perché il linguaggio terroristico che si usa ormai da tempo ne ha occultato anche il significato originario. Se c’è un contratto e ci sono delle controparti che, come abbiamo lasciato intuire, assumono una posizione speculare, cioè uguale e contraria, ciò vuol dire che qualcuno perde e qualcun altro vince.

Di conseguenza, il rischio che l’economia mondiale crolli a causa dei derivati è inammissibile. Anzi, non solo è inammissibile, ma propagandarlo in giro è criminale. Quando si sente dire che in borsa sono stati bruciati chissà quanti miliardi, si può cominciare a ridere a crepapelle: i miliardi non si bruciano, ma passano da una parte all’altra. Semmai, qualcuno s’è arricchito a scapito di qualcun altro. Se, per esempio, ci convinciamo che il prezzo del petrolio crescerà dagli attuali 75 dollari (Brent) a 80 dollari, allora non dobbiamo fare altro che sottoscrivere un contratto di futures. Ammettendo che la nostra previsione sia stata corretta, a una scadenza prefissata, nonostante l’aumento, ci sarà consentito di acquisire il sottostante a 75 dollari al barile. In pratica, abbiamo assunto una long position. Al contrario, se il prezzo del barile scende a 70 dollari, ci toccherà acquistare a 75 dollari qualcosa che costa meno.

Non si pensi che la questione sia tutta qui! Se diversamente consideriamo un’azienda che abbia contratto un debito a tasso variabile, il ricorso all’Interest Rate Swap è determinato, di fatto, dalla volontà di copertura dal timore di un rialzo dei tassi. Se l’azienda in questione teme che il tasso possa crescere dal 3,5% al 5%, allora essa stipula un IRS e accetta di pagare un tasso fisso superiore, pur di avere in cambio il valore della differenza tra il tasso variabile e quello fisso.

Fatte queste premesse, richiamiamo ancora una volta l’attenzione sui 500 trilioni iniziali e sul concetto di nozionale. Il capitale nozionale non è altro che un capitale fittizio e che non viene mai scambiato. In altri termini, come abbiamo appreso dall’esempio sugli IRS, le controparti non si scambiano il capitale di riferimento, che costituisce il sottostante, ma il flusso differenziale tra gli interessi maturati. Di conseguenza, la BIS (Bank for International Settlements), oltre a indicare il nozionale, che erroneamente si considera come capitale in circolazione, indica correttamente il valore lordo e quello netto del mercato dei derivati. Ora, se pensiamo che il valore lordo corrisponde al 3% del nozionale e quello netto al 10% di quello lordo, passiamo immediatamente da 500 trilioni di dollari a un trilione e mezzo. Mille e cinquecento miliardi al posto di cinquecentomila miliardi fanno una bella differenza, oltre a sventare la truffa linguistica.

La totale trasparenza del sistema è direttamente legata alla cultura e alla conoscenza che se ne ha. Oggi, purtroppo, la scena comica e beckettiana è quella di chi si dedica alla raccolta di opportunità e tendenze e denuncia l’assenza di libertà in qualità di paladino e campione di proclami senza ‘fede’. Nella politica italiana, neppure il cinguettio degli uccelli di Aristofane garantirebbe allo spettatore una resa migliore di quella che ci viene servita di ora in ora. I grandi agitatori del presente politico, in realtà, hanno compreso benissimo che non è necessario limitare o abolire la libertà di parola per guadagnare autorità e imporsi. Al contrario, è sufficiente concedere quanto più spazio possibile alle spinte illusorie e demagogiche perché gli elettori siano persuasi d’essere liberi e poter promuovere chissà quale rivoluzione intellettuale. Il nemico ideale viene costruito con pazienza, giacché è necessario, non se ne può proprio fare a meno.

schermata-2018-06-27-alle-08-50-43Intendiamoci, i derivati sono problematici e complessi, ma non sono il problema, come, all’epoca della mucca pazza, il problema non era mica la mucca, tant’è che nessuno s’è permesso di pretendere l’estinzione artificiosa delle mucche. L’uso speculativo sopravanza quello di copertura per cui sarebbero nati? Anche questa è un’affermazione impropria. Aristotele ci narra un aneddoto in cui Talete, sfruttando le proprie conoscenze di astronomia, fu in grado di prevedere, già in inverno, un copioso raccolto d’olive, cosicché non fece altro che vendere call option, ovverosia opzioni d’acquisto ai propri ‘clienti’. Non sembra proprio che si trattasse di una forma di copertura da rischio, anzi possiamo affermare che fu un rischio grosso e irrazionale per quel contesto storico.

Dunque, l’accusatore, nel dire, per esempio, che “i mercati sono il male”, intercetta un desiderio di partecipazione popolare, ma non spiega alla gente cosa sono i mercati e quali ne sono i meccanismi. La distanza tra accusatore e parlanti, a questo punto, cresce in modo inarrestabile, ma invisibile e intangibile, attraverso i moduli linguistici della compensazione o, in altri termini, a causa della coazione del linguaggio. Il fruitore del messaggio tende a colmare i vuoti della propria identità o a nascondere la propria ‘incapacità di competere’ neutralizzando i significati del discorso, scegliendo una vittima da sacrificare. Infatti, tanto più ampia e fumosa è l’alea del giudizio, quanto più è semplice fare proseliti: se ne ricava un’area di libero accesso e compartecipazione; tutti ne sono membri indistintamente, ma ‘nessuno sa dell’esistenza dell’altro’.

A tal proposito, la lettura di un frammento della Fenomenologia del potere di Heinrich Popitz può risultare utile e addirittura decisiva:

La percezione di essere socialmente riconosciuti è costitutiva del nostro autoriconoscimento, della nostra autostima. Nella misura in cui il riconoscimento da parte di autorità è decisivo per il sentirsi socialmente riconosciuti, da questo riconoscimento “autorevole” dipende anche il nostro autoriconoscimento. L’aspirazione al riconoscimento da parte delle autorità è quindi anche un’aspirazione al riconoscimento di noi stessi.

Il conformismo dell’anticonformismo e dell’opposizione, grazie al quale la diversità dell’oggetto, delle cose e del pensiero ha avuto la meglio sul pensiero dell’Io e sull’identità, resta pericoloso e imprevedibile. Pertanto, è ormai sufficiente negare qualcosa per ottenere consenso, per essere diversi e farsi seguire in una maratona illusoria, narcotica e rovinosa. Qualcuno potrà contestare questo testo facendo riferimento al caso dei mutui subprime e dei Credit Default Swap o alle bolle tecnologiche di Yahoo e Netscape, ma sarebbe ragionevole parlare non tanto dei CDS, quanto dei criteri di erogazione del credito o dell’assenza di una vigilanza prudenziale. Che poi qualcuno ne potesse approfittare era anche prevedibile. Insomma, se vogliamo vincere una partita a scacchi, non dobbiamo farlo rimproverando l’avversario perché è più bravo di noi.

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