La speculazione è sporca, brutta e cattiva?

scritto da il 09 Ottobre 2018

L’autore di questo post è Giovanni Pesce, esperto di mercati finanziari e di valutazione degli strumenti finanziari – 

Alla speculazione, che non è altro che l’indispensabile motore agli scambi dei valori finanziari, servono come minimo due cose: la prima è l’interpretazione quasi certa della direzionalità, la seconda è la presenza certa della volatilità. Due elementi che, da un paio di mesi, sembrano abbondare sul mercato italiano.

Se un operatore assume una posizione “corta” sui migliori indici o sulla parte medio lunga dei titoli del nostro debito dà l’impressione di svolgere un’attività facile e scontata, quasi come “sparare sulla Croce Rossa”, e cioè su un avversario indifeso e disarmato. Ma esistono avversari in questo campo? E se esistono, chi sono gli avversari del nostro debito?

C’è chi individua il nemico nelle banche ladre e sfruttatrici, istituti che hanno accumulato miliardi di utili negli anni a danno dei “poveri cittadini che hanno visto sparire i loro risparmi” (sic!). Qualcun altro pensa che l’avversario sia l’Europa, che nell’immaginario collettivo sembra non evocare più la mitologica fanciulla che fece innamorare Zeus, quanto piuttosto una sorta di mostro dodecacefalo intento a mangiare bambini, meglio se italiani, imponendo folli limiti al debito pubblico o al deficit.

Per quanto riguarda le banche, non mi aggiungerò ai cori di chi ne sottolinea gli innegabili difetti, ma proverò a sottolinearne almeno un merito: ogni 15 giorni sottoscrivono, ormai solo per sé stesse, quote di debito italiano da rinnovare a ogni scadenza. Dico per sé stesse perché oramai da oltre 10 anni i clienti al dettaglio non partecipano più alle aste dei BOT, e da almeno 2 anni stanno al di fuori anche dai collocamenti di BTP, CCT, CTE ecc, pur possedendone rilevanti quote tramite i fondi comuni o le gestioni separate delle assicurazioni vita o dei fondi pensione, operatori istituzionali che hanno avuto un ruolo indispensabile in alcuni momenti della storia finanziaria di questo paese.

Sarei curioso di sapere quanti altri soggetti svolgono questa encomiabile attività.
Non mi pare pertanto un atteggiamento produttivo esultare quando le oscillazioni dello spread accrescono le minusvalenze potenziali dei portafogli delle banche, dimenticando che ciò accade anche ai portafogli delle holding, delle assicurazioni e dei fondi pensione. E mi pare ancora più azzardato quando è la politica a farlo.

Forse è il caso di chiarire cosa si intende per speculazione a livello economico, riportando direttamente la definizione del dizionario Sabbatini Coletti: “operazione intesa a ottenere il massimo guadagno in attività commerciali o finanziarie, cercando perlopiù di trarre un utile dalla variazione attesa dei prezzi rispetto a quelli di acquisto: s. di borsa”. Il significato però si può estendere ad altri ambiti, ovvero, sempre dal dizionario: “operazione intesa a ottenere un utile sfruttando senza scrupoli le situazioni favorevoli: s. elettorale”. A una prima lettura mi pare che l’accezione negativa del termine stia nella definizione di speculazione elettorale, più che sulla speculazione di borsa.

Infatti, lavorare per ottenere degli utili analizzando lo scenario macro, considerando la valutazione del momento e interpretando dati prevede un’adeguata formazione e una certa intelligenza, oltre alla capacità di misurare i rischi e di scegliere quali e quanti accettare. Al contrario, per parlare alle pance, sottolineando solo alcuni aspetti “sfruttando senza scrupoli le situazioni favorevoli” basta avere un po’ di faccia tosta e molta loquacità.

E così, se lo spread sale e la Borsa cala ecco che i colpevoli sono le banche, l’Europa, i giornali o i commentatori televisivi, e mai nessuno che si accorga che a pagare sono sempre gli italiani, anche quelli che hanno un po’ di investimenti e risparmi.

Ora si avvicinano le scadenze del quarto trimestre: 54 miliardi di titoli da rinnovare. E chi li sottoscriverà? Sempre le banche e i fondi, i soliti speculatori brutti e cattivi. O magari la cattivissima Europa, che da anni compra debito su debito, e che quando smetterà di farlo ci avviserà tutti con una bella scampanellata. Fine della ricreazione.