Reddito di cittadinanza, replica al giovane economista e tre idee costruttive

scritto da il 14 Febbraio 2019

L’autore di questo post è Massimo Famularo, investment manager esperto in crediti in sofferenza (Npl) –
Come da impegno preso via Twitter, propongo alcuni rilievi alla lettera di un giovane economista ai critici del reddito di cittadinanza, inserendomi in un dibattito che ha già visto il contributo di una “Lettera di giovani ricercatori di economia ai tifosi del reddito di cittadinanza”, da parte del think tank Tortuga.

Caro Gabriele, nel tuo articolo asserisci che non dovremmo lamentarci del redditi di cittadinanza troppo alto bensì prendere atto di quanto i salari siano vergognosamente bassi. A mio avviso questo è uno Straw Man Argument: se costruisci schiaccianoci che non funzionano, non puoi difenderti dicendo che le noci sono troppo dure. Il tuo compito è produrre oggetti che funzionino nella realtà, non ha senso lamentarsi del fatto che la realtà non si conformi a quel che produci.

Allo stesso modo, se introduci un nuovo sussidio, dovresti concepirlo in modo che sia adeguato al contesto economico in cui viene immesso. Non puoi scegliere un livello in base alle tue preferenze ideologiche e poi lamentarti se ottieni effetti indesiderati, come incentivi perversi. Discorso analogo vale per quelli che chiami furbetti e che io preferisco qualificare come truffatori: se esiste una realtà in cui molte persone si appropriano indebitamente di sussidi pensati per i più bisognosi, non puoi liquidare la cosa dicendo “e allora gli evasori?”

Dunque, nel merito, nella tua critica alle critiche al reddito di cittadinanza non rinvengo alcun argomento sostanziale, ma solo un rinvio a “ben altre” problematiche, quali salari troppo bassi ed evasione fiscale. Ne consegue che quelle obiezioni restano in piedi, e vanificano anche la conclusione del tuo pezzo: “Il principio a cui si ispira mi sembra vada nella giusta direzione di una maggiore equità e coesione sociale”.

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No Gabriele, se dai lo stesso sussidio in aree dove il costo della vita (e la soglia di povertà) è molto diversa, produci un’ingiustizia, non ti dirigi verso “maggiore equità e coesione sociale”. Se la crescita del sussidio al crescere dei componenti del nucleo familiare è distorta (come rilevato da UPB) dal fatto che hai promesso 780 euro, ma ti mancano i fondi, ti allontani dall’obbiettivo dichiarato.

Se chi è sotto la soglia della povertà, ma ha un lavoro (anche se questo a te sembra immorale, occorre fare i conti con la realtà) non è eleggibile per il sussidio, concepito come misura ibrida tra indennità disoccupazione e sostegno ai meno abbienti, ancora una volta otterrai il contrario di quello che ricerchi.

Last but not least, la solidarietà è cosa molto nobile però perde tutto il suo valore quando è fatta con risorse di altri, specie se quegli altri non hanno ancora diritto di voto o non sono ancora nati: se vuoi introdurre un sussidio, trovi il modo di finanziarlo sul bilancio corrente, farlo in deficit scarica il conto su chi verrà dopo che al momento ha già in carico uno stock di debito pubblico sopra il 130% del PIL.

Quanto al tuo discorso sul neoliberismo delle corporation, che rappresenti come “cultura che fonda la società sulla disuguaglianza e sulla competizione al ribasso dei diritti e dei salari” e sulla “mai realmente verificata, efficienza del mercato globale.” Mi permetto di osservare che in Italia non solo non si è mai visto il neoliberismo delle corporation, ma non si è mai visto proprio il neoliberismo, come spiegato dall’ultimo libro di Alberto Mingardi – il nostro paese non è stato impoverito dalla rapacità di multinazionali cattive, ma dalla funesta collaborazione tra politici miopi e “capitalisti di relazione” che hanno dato vita a un sistema dove la creazione di valore è scoraggiata (come stupirsi se i salari ristagnano) e la ricerca delle rendite.

Dunque il rilancio che auspichi alla fine della tua lettera, non può venire dal ripetersi delle ricette che hanno condotto al declino del paese.

Pur non condividendo la tua difesa del RdC, anche me stanno a cuore le sorti dei più bisognosi e la pace sociale che si ottiene quando tutta la popolazione raggiunge un certo livello di benessere, dunque riporto di seguito 3 idee costruttive:

1. separare la disoccupazione dalla lotta alla povertà,
a. affrontando la prima con un meccanismo assicurativo a carico dei lavoratori con esenzione fiscale dei premi pagati – chi ha lavoro sostiene chi lo cerca, nessun obbligo di accettare offerte, ma sussidio decrescente nel tempo fino a zero, mentre
b. la seconda andrebbe combattuta con un sussidio incondizionato, di importo limitato (per esempio fino a 2-300 euro persona/mese) concesso sulla parola a chi ne ha bisogno, salvo verifiche ispettive sulle reali condizioni di bisogno e sanzioni severe per chi abusa;

2. ridurre le ingiustizie del nostro sistema previdenziale, rendendo facoltativo il versamento dei contributi previdenziali per chi è più giovane e ha minore anzianità contributiva, chi versa meno tecnicamente avrà ovviamente una pensione più bassa, di fatto si riduce il trasferimento dai lavoratori di oggi ai pensionati

3. promuovere la crescita del Paese e dei redditi disponibili mediante riduzione della presenza dello stato nell’economia da realizzarsi con
a. riduzione del numero dei dipendenti pubblici e delle aziende partecipate o controllate dallo stato
b. aumento del costo per il pubblico dei servizi offerti dallo stato, con esenzioni per i soggetti meno abbienti, per es: è assurdo che l’università si offerta sottocosto ai figli dei cittadini più ricchi, mentre i lavoratori meno abbienti sopportano una pressione fiscale ingiusta e oppressiva
c. riduzione delle imposte, specie delle più distorsive come l’IRAP proporzionale alle riduzioni di spesa pubblica
d. libertà contrattuale nei rapporti di lavoro specie con riferimento a orari, compensi e logistica, fermi restanti i vincoli di sicurezza

Quanto alla dinamica salariale, in aggiunta ai sensibili aumenti nel reddito disponibile, che avremmo se gli italiani non fossero gravati da ingiusti e immorali oneri previdenziali e fiscali, aggiungerei che migliorando le competenze dei lavoratori avremmo la possibilità di far crescere gli impieghi a più alto valore aggiunto che sono anche meglio remunerati, come evidenziato in questo post di Phastidio, in Italia abbiamo anche un tesoretto di impieghi in cerca di un lavoratore, che non sono coperte per carenza delle skills adeguate.

Non mi dilungo con numeri e tabelle per non appesantire il pezzo e resto a disposizione per approfondire i temi esposti in articoli futuri.

Twitter @MassimoFamularo