I furbetti della telefonia e la meravigliosa macchina del tempo

scritto da il 07 Marzo 2019

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina –

Quanti di voi, già esausti al giovedì sera in una dura settimana lavorativa, non hanno desiderato che il giorno dopo, al loro risveglio, fosse già iniziato il week end? O, meglio ancora, quanti di voi vorrebbero tornare indietro nel tempo ed avere ancora venticinque anni? Modificare il calendario: un’utopia, al massimo una fantasia.

Ma non è così per tutti. C’è chi questo potere di modificare il calendario se lo è preso, attingendo direttamente dalle tasche degli italiani.

È storia di qualche tempo fa, quando i principali operatori della telefonia hanno autonomamente deciso di considerare che ogni mese fosse composto da 28 giorni, modificando la periodicità nell’invio delle bollette: la fatturazione non avveniva più su base mensile, ma settimanale, ovvero una bolletta ogni 28 giorni. Con questo “escamotage”, le mensilità diventavano 13 e non più 12, comportando un aggravio delle tariffe in media dell’8,6%. Dunque, inviare le bollette ogni 28 giorni altro non è che un modo da mascherare un aumento delle tariffe: un’ennesima beffa per il cittadino.

La questione aveva indignato le associazioni dei consumatori, stimolando un intervento normativo, poi effettivamente arrivato.

Grazie alla legge 172 del 2017 la fatturazione a 28 giorni è stata dichiarata illegale, tornando al mese solare come periodo minimo per le bollette. I problemi però non sono certo finiti e i maghi “modificatori” di calendario continuano a prevalere sui cittadini.
L’Agcom, autorità garante per le telecomunicazioni, aveva irrogato delle sanzioni alle principali compagnie, stabilendo anche la debenza dei rimborsi per i cittadini a cui erano stati “rubati” quei giorni di fatturazione anticipata. E già sotto il profilo delle sanzioni ci sarebbe da discutere infinitamente. La sanzione massima irrogabile, infatti, è di poco superiore ad un milione di Euro. Per cui, le sanzioni totali irrogate alle compagnie erano pari a quattro milioni e mezzo di euro circa. Questo dato va confrontato con i profitti portati dal trucchetto della fatturazione a 28 giorni: importo stimato in più di un miliardo di euro!

Si comprende, a questo punto, il perché le compagnie telefoniche siano “incentivate” a porre in essere pratiche abusive: profitti da miliardi, a fronte di una sanzione che al massimo può costare poco più di un milione. È una situazione inaccettabile, che pone le compagnie nella posizione di poter fare quello che vogliono, pescando dalle tasche degli italiani.

Ma non è finita qua: queste sanzioni, con una sentenza del Tar dello scorso novembre, sono state anche annullate. Dunque, le compagnie non dovranno pagare nemmeno le briciole. Di contro, però, la stessa sentenza del Tar aveva disposto la debenza dei rimborsi per gli aggravi subiti dai consumatori a causa di questo abuso. Rimborsi che dovevano avvenire entro il 31 dicembre del 2018.

Sembrava troppo bello per essere vero e, come volevasi dimostrare, non si è verificato nemmeno questo.

Il Tar, infatti, non ha ancora depositato le motivazioni della sentenza (essendo noto soltanto il dispositivo) e le compagnie hanno presentato istanza al Consiglio di Stato per sospendere l’esecutività della misura. Istanza accolta dal Consiglio di Stato, che ha rinviato al 31 marzo 2018, termine entro il quale si attendono le motivazioni della sentenza del Tar.

Per concludere, l’ulteriore beffa riguarda le modalità di rimborso. In nessun caso le compagnie restituiranno il maltolto (il miliardo di euro), bensì i rimborsi avverranno (sempre ammesso che arriveranno) su base compensativa, cioè riconoscendo ai clienti un bonus di giorni in base a ciò che era stato calcolato in più.

La situazione è inaccettabile ed è lo specchio di un sistema più ampio in cui il cittadino è uno strumento a disposizione di colossi che agiscono secondo i loro comodi.
La sproporzione tra le sanzioni massime irrogabili e i profitti che si traggono da questi comportamenti abusivi disarma completamente l’autorità garante che, quindi, non ha alcun potere di controllo e repressione di tali fenomeni.

Di converso, le compagnie continuano a programmare comportamenti di questo genere, che arricchiscono le loro tasche ed espongono al rischio di sanzioni ridicole e anche incerte, come è stato per il caso della bolletta a 28 giorni.

È bene che di queste cose se ne parli, sia perché è giusto che i cittadini sappiano ciò che avviene alle loro spalle e sia perché in questo modo si auspica di sensibilizzare un intervento normativo, compito che spetta alla politica, volto alla repressione di questi abusi inaccettabili.