Brexit, cos’è il “Blitz spirit” e come i britannici si preparano al peggio

scritto da il 09 Marzo 2019

L’autrice del post, Costanza de Toma, si occupa di cooperazione allo sviluppo, relazioni internazionali e Unione Europea. Milanese di nascita, ha vissuto gli ultimi 27 anni all’estero, tra il Regno Unito e il Belgio. Negli ultimi due anni ha coordinato e condotto la lobby verso l’Unione europea della campagna per la tutela dei diritti dei cittadini dell’Ue che vivono nel Regno Unito. Questo l’ha portata a seguire da vicino i negoziati sulla Brexit. Costanza ha deciso di tornare in Italia, a Torino, con la famiglia nell’agosto del 2018 dove continua a occuparsi di Brexit e relazioni internazionali e collabora con NuoveRadici.World –

Ricordo quando da bambina negli anni ottanta la mia più grande paura era una possibile terza guerra mondiale. A scuola avevamo visto il film animato “When the wind blows” che raccontava la storia di una coppia di inglesi sopravvissuti allo scoppio di una bomba nucleare. Come tutti i bambini, ero ottimista e pensavo bastasse prepararsi per poter sopravvivere: avere un rifugio, avere abbastanza provviste ed un piano infallibile. A distanza di oltre trent’anni mi fa sorridere, ma guardo quanto sta succedendo oggi in Gran Bretagna con un senso di déjà vu e di apprensione.

A poco più di venti giorni da Brexit tutti dalla famiglia Reale, alle aziende, ai supermercati fino ai miei amici a Londra si stanno preparando ad un possibile scenario apocalittico in caso di un no deal. Secondo i dati del IHS Markit/CIPS UK Manufacturing Purchasing Managers’ Index del 1 marzo 2019, lo ‘stockpiling’ – ovvero la corsa alle scorte – delle aziende britanniche ha raggiunto il più alto livello dagli anni novanta. Sono così avanzati ed efficaci i preparativi delle aziende per accumulare materiali grezzi, componenti, e aumentare la produzione aziendale, che hanno causato addirittura un’impennata nella crescita economica britannica. Ma con le esportazioni al ribasso ed il tasso di disoccupazione in lieve aumento, è chiaro che questo non basterà a tirare l’economia britannica in caso di un no deal Brexit.

E come si stanno preparando gli inglesi a quest’eventualità? Sono organizzati e pronti al peggio, come prevedibile. Così sono sorti veri e propri forum online per i ‘preppers’, ovvero chi oramai da mesi accumula provviste. C’è chi, per il modico costo di 295 sterline, per togliersi il pensiero ha investito in una Brexit Box che gli fornirà tutto il necessario per sopravvivere 60 giorni dopo il Brexit-day. Altri si sono iscritti ad un corso di sopravvivenza di due giorni per imparare come affrontare potenziali vandali, terroristi ed a sopravvivere nei boschi stile Rambo. Alcune mie amiche invece si sono affidate alla potente rete di ‘Mumsnet’ che ha pubblicato liste dei generi di prima necessità per tutta la famiglia.

In un Paese dove oltre il 30% dei beni alimentari, il 55% del vino e il 47% del gas naturale proviene dell’Ue (e dalla Norvegia nel caso del gas), c’è poco da ridere. Sta di fatto che la maggior parte dei miei amici nel Regno Unito si sta organizzando accumulando generi essenziali che vanno dalla carta igienica (si, è uno dei generi che si prevede possa scarseggiare), alla pasta, riso, olio, farine, caffè, zucchero, conserve, lattine di pelati, legumi, frutta sciroppata, cereali, omogenizzati, latte in polvere e pannolini per i bimbi e così via. Altri fanno scorte di vini francesi, italiani e di prosecco per non rinunciare al piacere di un aperitivo post-Brexit.

Al di là dei generi alimentari, c’è chi si preoccupa per la carenza di medicinali dopo la Brexit non fidandosi dei preparativi dell’NHS (il sistema sanitario nazionale). Un’amica olandese, per esempio, è stata avvisata dal suo farmacista già in dicembre che ci sarebbero state difficoltà nell’approvvigionamento dei medicinali che prende regolarmente dopo essere stata operata di tumore al seno due anni fa. Il problema è che i medici fanno ricette ai pazienti solo per lo stretto necessario perciò non è possibile fare scorte di medicine anzitempo.

Ma c’è un lato più oscuro a questa eccentrica corsa alle scorte del popolo britannico che in Italia forse non viene percepito. È il famigerato ‘Blitz spirit’ britannico che conosco bene e che non va assolutamente sottovalutato. Uno stoico sforzo collettivo per ‘stringere i denti e la cinghia’ come durante i bombardamenti della ‘Battle of Britain’ nella seconda guerra mondiale. È un esaltato, ed esaltante, istinto di sopravvivenza, fonte di orgoglio nazionale.

blitzspirit

Fin qui tutto bene. Quello che forse non si capisce dall’esterno è fino a che punto questo meccanismo possa spingere l’opinione pubblica, specialmente nelle zone più povere del Paese, e le frange politiche più polarizzate – sia a destra che a sinistra – a spingere per uscire senza accordo. È un cocktail letale di romanticismo vintage e la voglia (l’arroganza?) di dimostrare al mondo intero che la Gran Bretagna può farcela da sola. Arrivati a questo punto, devo ammettere, che non mi stupirebbe oltremodo che la Gran Bretagna si immolasse sull’altare del no deal Brexit. Spero davvero di sbagliarmi ma vedremo cosa succederà martedì prossimo alla Camera de Comuni dove si voterà di nuovo sull’accordo della signora May.

Twitter @cos_detoma