L’auto elettrica ha un problema. Vedi alla voce batteria

scritto da il 01 Maggio 2019

Nel 1890, l’anno in cui Joseph Conrad viaggiò in Congo, lo stato esportò circa 130 tonnellate di gomma. Sei anni dopo arrivò ad esportarne dieci volte tanto divenendo così il più grande produttore di gomma di tutta l’Africa. Nel suo Cuore di tenebra, Conrad raccontava del commercio dell’avorio, il suo lavoro fu fondamentale nel portare alla luce le atrocità subite dai lavoratori indigeni del Congo. Ben presto, i profitti delle vendite della gomma dell’epoca superarono quelle dell’avorio alla borsa di Anversa.

Se fossimo stati nel 1890 alla guida di una bicicletta o di un’auto, probabilmente la materia prima con cui gli pneumatici erano prodotti sarebbero potuti provenire dal Congo. Il primo pneumatico moderno fu brevettato nel 1888 da John Boyd Dunlop e contribuì alla forte crescita della domanda globale di gomma.

In Congo la gomma cresceva nella giungla e, da quanto leggiamo in questo articolo di Maya R. Jasanoff, docente di storia ad Harvard, per estrarla era necessario andare nella foresta pluviale, con i piedi che sprofondavano nel fango e nell’acqua stagnante, sperando di non calpestare un serpente o incorrere in un leopardo. Quindi scegliere una pianta di gomma nel groviglio vegetale, poi scuoterne il gambo fino a un punto abbastanza morbido da poterlo affettare per liberarne la linfa. Si doveva aspettare che il liquido gocciolasse nella pentola, poi attendere che si addensasse per poi trasformarsi in lattice (qui un video per chi è curioso).

A distanza di più di un secolo, ancora una volta la storia dell’auto incrocia quella del Congo: ne ha parlato ultimamente Ed Croocks, Energy Editor del Financial Times. Questa volta il problema non sono le ruote, ma le batterie delle auto elettriche.

Climate change o human rights?

Un recente report di Amnesty International indica che sebbene i veicoli elettrici siano la chiave per spingere l’industria verso una diversificazione dai combustibili fossili, non sono purtroppo così etici come alcuni rivenditori vorrebbero far credere.

Nel report si legge che i problemi sono sostanzialmente due. Il primo riguarda la produzione delle batterie affidate a fabbriche in Cina, Corea del Sud e Giappone in gran parte alimentate principalmente da carbone seguito da altre fonti fossili. Il secondo riguarda l’estrazione dei minerali utilizzati nelle stesse batterie, come il cobalto. Esattamente come più di un secolo fa all’epoca della gomma, l’estrazione dei minerali è infatti collegata alla violazione dei diritti umani come il lavoro minorile.

Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International, ha detto di recente al Nordic Electric Vehicle (EV) Summit ad Oslo, che il cambiamento climatico non dovrebbe essere affrontato a spese dei diritti umani: <<senza cambiamenti radicali, le batterie che alimentano i veicoli verdi continueranno a essere macchiate dai diritti umani e abusi >> (come riportato da Reuters).

Più della metà del cobalto del mondo proviene dal sud della Repubblica Democratica del Congo, in gran parte da miniere artigianali che producono il 20% della produzione del paese.

Minatori artigiani di sette anni sono stati osservati in nove siti visitati, tra cui miniere scavate a mano con strumenti a dir poco rudimentali. I minatori più giovani, di cui alcuni con un guadagno di meno di $ 1 al giorno, hanno riferito alla delegazione in visita di soffrire di malattie polmonari croniche per esposizione alla polvere di cobalto, come indicato in questo articolo dal World Economic Forum.

Auto elettrica = auto green?

Certo, ci sono stati alcuni progressi dal 2016 in seguito ad una precedente ricerca della stessa Amnesty International. Diverse aziende leader, tra cui Apple, BMW, Daimler, Renault, e il produttore di batterie Samsung SDI, hanno pubblicato dati sulla loro supply chain.

Lo scorso gennaio Reuters ha annunciato un progetto pilota lanciato da un consorzio formato da Ford, IBM, LG Chem e la cinese Huayou Cobalt, per usare la tecnologia blockchain e monitorare le forniture di cobalto dalla Repubblica Democratica del Congo.

Anche la Tesla nel suo Impact Report pubblicato di recente, alle pagine 32-34, fa riferimento al problema Congo, ma rassicura gli investitori che il suo processo è più sostenibile perché c’è poco cobalto nelle batterie, per il tipo di tecnologia usata e comunque ne usa meno di tutti i competitor. La Tesla in generale sta puntando molto al vantaggio competitivo basato sulla batteria, qualche mese fa ha concluso un accordo da 218 milioni di dollari per rilevare la Maxwell Technologies, società con sede in California che sviluppa batterie elettriche e che vanta tra i suoi clienti Lamborghini e General Motors.

Concludendo

L’acquisto delle auto elettriche sta aumentando rapidamente. L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) prevede che ce ne saranno 125 milioni in uso in tutto il mondo entro il 2030. Questo numero potrebbe potenzialmente raddoppiare se i governi decidessero di accelerare in questa direzione.

La pressione per diventare sempre più green sta crescendo, come i divieti spuntati in Europa sulla vendita di nuove auto alimentate da combustibili fossili. In Germania si fermerà la vendita di tutte le nuove auto a benzina e diesel dal 2030, Scozia dal 2032 e Francia e Regno Unito dal 2040.

Ma la domanda che dobbiamo porci è: a che prezzo?

Twitter @Raff_Perf