Sblocca cantieri e debiti PA: un Paese fermo con la voglia di arretrare

scritto da il 14 Giugno 2019

Appaiono paradossali le discussioni politiche legate alla conversione in legge del Decreto Sblocca cantieri ed a come pagare i debiti della pubblica amministrazione. Fanno capire bene perché l’Italia sia un Paese fermo, non solo in termini di crescita del Pil.

Partiamo dal primo tema. La legge di conversione è stata appena approvata anche dalla Camera. Avrete letto e sentito della cosiddetta “sospensione del codice appalti per due anni”. Ciò significa che una serie di misure rilevanti del codice dei contratti pubblici (“Codice”) verranno congelate fino al 31 dicembre 2020. Si tratta di un modus operandi del tutto disorganico, in quanto caratterizzato dalla temporaneità e, quindi, dalla precarietà normativa. Un modo di procedere molto italiano, purtroppo.

Ci sono voluti due anni per arrivare all’approvazione del Codice nel 2016. Tra l’altro con un rush finale colmo di errori per rispettare i tempi dati dalla direttiva europea in materia. Poi hanno fatto seguito una serie di interventi correttivi, anche corposi, che sembrano non cessare mai.

Nel merito, ci sono alcune misure auspicabili nel provvedimento in oggetto. (rimando ad un mio recente pezzo) Tuttavia,  continua a mancare una logica d’insieme e, soprattutto, una visione di stabilità del sistema. Come giustamente ha sottolineato Raffaele Cantone, durante la presentazione della Relazione annuale dell’ANAC, «(…) il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi».

Tutto ciò ha un impatto sull’economia. Le imprese risentono enormemente di quest’incertezza regolatoria. Spiegare la stessa ad un investitore straniero diventa pressoché impossibile. Si resta quindi alla mercé della PA in merito alla difficile applicazione di regole transitorie e di complicata interpretazione, che bloccano le procedure di appalto anche per anni. Si spera che lo Sblocca cantieri possa rilanciare l’economia, ma è una pia illusione con queste premesse.

Nell’incertezza normativa, è risaputo, prolifera la corruzione. Con una mano si sbandiera lo spazza-corrotti, con l’altra si consentono affidamenti semi-diretti fino a 150 mila euro. Già nel 2018 le assegnazioni avvenute direttamente o senza previa pubblicazione di un bando hanno rappresentato più del 60% dei CIG perfezionati. (e la tabella non include le procedure di importo inferiori a 40 mila euro)

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Venendo al secondo tema menzionato nell’incipit, si resta alla mercé della PA anche per  i tempi lunghi dei pagamenti delle fatture. Secondo i dati di Assobiomedica relativi alla sanità ad esempio, i DSO (Days sales oustanding) sono passati da un picco di 372 giorni nel 2006 ai 125 del 2018. Un enorme miglioramento, ma ancora insufficiente. In quei quattro mesi di ritardo un’impresa deve pagare dipendenti, fornitori, tasse, interessi sul debito. Se non ha le spalle larghe potrebbe non farcela. Ormai dover cedere i crediti commerciali a degli istituti finanziari sembra far parte della vita ordinaria di un’azienda.

Inoltre, la situazione è molto frammentata a livello locale, come dimostra la seguente classifica eloquente.

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In nessuna regione del Mezzogiorno la media dei pagamenti è inferiore a 100 giorni.

Ovviamente a nulla servono proposte come quella di pagare i debiti attraverso l’emissione di mini-bot. (rinvio al post di Andrea Boda per capire le reali ragioni dello strumento).

Come evidenziato da Federico Fubini sul Corriere della Sera, l’ultima legge di bilancio ha previsto (comma 849) la possibilità di ottenere liquidità dalla Cassa  depositi e prestiti per pagare i debiti, a tassi convenienti. Il problema, pertanto, non riguarda i fondi, essendo perlopiù strutturale. Riguarda la lentezza delle PA nelle procedure di liquidazione e pagamento, che spesso si perdono nella notte dei tempi. Un tal problema  si risolve attraverso delle riforme che semplifichino i processi, salvaguardando i presidi di legalità. Ma il termine “riforme” è stato trasformato in una parolaccia nel gergo politico-mediatico.

Spopolano, invece, le scorciatoie di breve periodo, inutili nel merito e strumentali ad altri fini ben più dannosi.

Twitter @frabruno88