Perché, ogni anno, gli italiani spendono 3 miliardi in integratori inutili?

scritto da il 26 Giugno 2019

Nel gennaio del 2018, Tullio Simoncini, un medico già radiato dall’Ordine, viene condannato a cinque anni e mezzo di carcere per avere iniettato bicarbonato in vena a un ragazzo affetto da tumore al cervello. Il giovane muore, senza potersi difendere scientificamente dal male che lo affliggeva. Ciò accade perché, secondo le teorie di Simoncini, il cancro è causato da un fungo, la candida albicans, che sopravvive in un ambiente acido. Di conseguenza, basta ‘alcalinizzare’ il corpo col bicarbonato per combatterlo.

In genere, la narrazione di certi aneddoti genera perplessità e stupore; forse, anche paura e sconcerto. È difficile credere che predicatori, azzeccagarbugli e sciamani d’ogni genere e specie siano ancora capaci di successo sociale. Dovremmo essere, grosso modo, un popolo evoluto. Eppure, qualche anno fa, Tullio De Mauro, dopo intensi studi e riscontri statistici, documentava che addirittura il 70-80% degli italiani è costituito da analfabeti funzionali, cioè da soggetti che non sono in grado di comprendere un testo di medio-alta complessità. Se De Mauro avesse torto, non si spiegherebbe come mai, nel nostro paese, si spendono, ogni anno, 3 miliardi di euro in integratori e pilloline la cui utilità è pari a zero o – per dirla diversamente – sulla cui utilità non si ha alcuna certificazione medico-scientifica. Nello stesso tempo, la spesa in cibo senza glutine è attestata in 106 milioni di euro ed è fatta da 6 milioni di persone, sebbene solo l’1% della popolazione sia realmente affetto dall’intolleranza. Ancora: milioni di italiani ricorrono a stick, aghi e riti magici per poter dimostrare, anzitutto a sé stessi, di essere intolleranti a qualcosa e poter giustificare il proprio ‘gonfiore’, che, in parole povere, si chiama ‘grasso’ e dovrebbe essere ‘curato’ con un’alimentazione sana e un po’ di sport. Secondo la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immumologia Clinica, il 90% di questi test è inutile perché produce falsi positivi e falsi negativi.

Qual è la fonte di queste schiaccianti e ammorbanti cifre? Dottor Web & Mister Truffa Come internet ti ruba salute e soldi, un libro uscito da poco e il cui autore è ormai noto al grande pubblico per la propria brillante attività di indefesso divulgatore scientifico. In RAI dal 1999, Gerardo D’Amico s’è umanamente e intellettualmente speso in una sorta di battaglia epica contro i ciarlatani e i movimenti antiscientifici che, nell’era digitale hanno messo più volte in discussione il primato della scienza e, purtroppo, la salute pubblica. La sua – sia chiaro! – non è un’operazione commerciale, non è una forma di narcisismo scritturale, come non è e non può essere l’epilogo quasi scontato d’una delle tante avventure giornalistiche, che di frequente fanno bella mostra di sé su qualche rigida e lucida copertina. È, invece, anzitutto e per lo più, un dossier di ricerca sviluppato in autonomia, corredato delle testimonianze dei più grandi scienziati italiani e, ‘purtroppo’, illustrato dalla narrazione di tutte quelle sventure che la ciarlataneria ha rese possibili. Insomma, per un giornalista RAI di questo calibro sarebbe stato facile siglare accordi commerciali con qualche editore o con qualche emittente per ottenere fondi e visibilità. Al contrario, sottraendosi a talune dinamiche, s’è solo preoccupato di porsi in prima linea.

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Retorica di sistema? Il lettore è libero di ammetterla quale concausa di questo contributo, per carità. Tuttavia, in Italia, ci siamo imbattuti anche nella cosiddetta “cura Bonifacio”, un composto di urine e feci di capra che, a detta del proprio ideatore, il veterinario Liborio Bonifacio, avrebbe dovuto combattere il cancro. Perché? Perché – sosteneva Bonifacio – le capre non vengono colpite dal tumore. In pratica, il principio adottato è quello della deduzione elementare e della verosimiglianza: siccome un certo rimedio non fa male o è usato da tanto tempo, allora vuol dire che fa bene o è addirittura miracoloso. Il guaio che il cosiddetto placebo, naturalmente, non sortisce alcun effetto terapeutico, pertanto non basta che non sia dannoso.

Alla luce di questi fatti, che non abbiamo esitato a definire sconcertanti, è ancora più fastidioso scoprire – leggendo D’Amico – che la fantamedicina, alternativa soprattutto a sé stessa, provoca pure un danno erariale, per così dire, dal momento che ogni anno, con la deduzione fiscale, vengono sottratti alle casse dello Stato circa 50 milioni di euro, che sono riservati a ‘preparati alchemici’ o di dubbia scientificità. Sicuramente, 50 milioni non rappresentano una cifra da capogiro per il ‘sistema paese’, ma, nello stesso tempo, è doveroso considerare che lo Stato copre il 62% della spesa in farmacia e l’incidenza della spesa sanitaria sul PIL è pari all’8,9%, come si evince dall’ultimo rapporto su Innovazione farmaceutica e Salute tenutosi il 27 giugno del 2018 a Roma. In pratica, studiando l’ultima indagine ISTAT di pertinenza (2012-2016), sappiamo che, a fronte di una spesa sanitaria totale di 149,5 miliardi di euro, lo Stato contribuisce con 112,2 miliardi, mentre le famiglie si fanno carico dei restanti 37,3 miliardi.

In quanto a omeopatia, Gerardo D’Amico scrive: “È basata sulla teoria che il simile cura il simile, quindi dosi infinitesimali della stessa sostanza coinvolta nella patologia (ma tanto subatomiche da non poter più essere rintracciate con strumenti di laboratorio) sono in grado di guarire da quella malattia grazie alla ‘memoria dell’acqua’, che se davvero esistesse saremmo tutti defunti da un pezzo, considerando i giri che fa l’acqua prima di arrivare al nostro rubinetto. In sé l’omeopatia, essendo alle alte diluizioni solo acqua, zucchero e a volte alcol, non è dannosa: semplicemente non ha nessun effetto tranne quello placebo, come hanno accertato centinaia di studi fatti nel mondo nel corso degli anni e mastodontiche metanalisi, ovvero la comparazione degli studi pubblicati in cui un qualche risultato sembrava esserci.

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Sull’omeopatia si sono già espressi parecchi autorevoli studiosi e numerose inattaccabili pubblicazioni ne hanno documentato la fallacia. Ricostruendo il percorso di D’Amico, indichiamo le tappe fondamentali: nel 2002 la British Pharmacological Society ha pubblicato una metanalisi di 70 revisioni; nel 2005, Lancet attesta, con centinaia di studi comparati, che non c’è alcuna differenza tra omeopatia e placebo; nel 2009, l’Organizzazione Mondiale della Sanità annuncia che l’omeopatia non può curare né prevenire HIV, malaria, diarrea infantile, tubercolosi, influenza et similia; nel 2014, l’Ente Australiano per la Salute ha ribadito, sempre sulla base di analisi comparate, che l’omeopatia non ha alcun effetto, fuorché quello placebo.

L’uomo si aspetta che la medicina sia infallibile e, per ciò stesso, trasferisce sul medico la speranza di guarigione certa, cosicché, ogni qual volta in cui la scienza non è in grado di dare delle risposte, ci si rifugia in soluzioni oracolari e sciamanico-tribali, ma, non si deve mai dimenticare che, in materia di tumori, per esempio, a dispetto dell’aumento delle diagnosi positive, in pratica più di mille al giorno, crescono parimenti le possibilità di guarigione.  La diagnosi precoce è essenziale, com’è noto è decisiva: screening per mammella, colon retto e cervice uterina ne sono parte integrante. “A cinque anni dalla diagnosi e dal trattamento, sopravvive senza la malattia il 90% di chi si ammala di cancro al testicolo, l’86% delle donne con carcinoma alla mammella, più della metà di chi abbia un tumore al colon” scrive Gerardo D’Amico. Eppure, sul web si legge ancora di persone che dichiarano: “Ho appena gettato nel pattume il solito invito alla prevenzione. La mammografia fatela alle vostre fedeli clienti.”

Occorre precisare che questi risultati sono straordinari, specie se si considera che il nostro Sistema Sanitario è tra i meno finanziati nell’Unione Europea. CREA Sanità ha rilevato che, nel 2015, da noi si spendevano 2.436 euro pro capite – per finanziare il SSN – contro i 3.608 della media europea. L’incremento dei finanziamenti in Italia è stato dell’1,5%, contro il 5,4% della media europea.

Secondo l’Eurobarometro, il 72% degli italiani rappresenta ‘degnamente’ la categoria degli “atleti da divano”; la qual cosa genera un pericolo maggiore di quello rappresentato dalle neoplasie, dato che la prima causa di morte in Italia è costituita dalle malattie cardiovascolari, le quali potrebbero essere contrastate o prevenute con una buona attività fisica, un’alimentazione sana e, indubbiamente, smettendo di fumare. 12,2 milioni d’italiani, tuttavia, continuano a fumare, secondo OFAD (Osservatorio Fumo Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità).

In questo quadro di dati, metadati, analisi e studi comparati, emergono, purtroppo, figure controverse e bizzarre come quella di Grigory Petrovich Grabovoy, un cinquantenne kazako che, pur avendo dichiarato di poter resuscitare i morti, curare il cancro e l’AIDS e risolvere addirittura problemi tecnici su aerei e stazioni spaziali mediante il teletrasporto, è diventato un mito sul web, osannato e invocato dappertutto. Incredibile anche solo a pensarsi! Il caso eclatante di Grabovoy non può comunque farci dimenticare che ancora un pediatra su tre, come scrive D’Amico, prescrive rimedi omeopatici; il che, molto probabilmente, causa un danno psicologico, clinico e socio-economico superiore a quello causato dai numerosi saltimbanchi della rete.

La salute è sempre stata il grande problema dell’umanità, dopo la ricerca di cibo: nella Roma imperiale l’aspettativa di vita era di 22 anni, nell’Inghilterra medievale di 33, agli inizi dell’Ottocento negli Stati Uniti 49,2 anni: dobbiamo arrivare al 1946 per scalare la soglia dei 66 anni. I matusalemme che nell’antichità superavano gli ottanta finivano nei libri e tramandati nelle leggende come miracoli viventi

G. D’Amico, Dottor Web & Mister Truffa

 

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