Scelte radicali per la sanità: un modello aziendale per la medicina di base

scritto da il 10 Luglio 2019

La sanità italiana ha bisogno di scelte radicali. Scelte che oggi non fanno parte del dibattito, che rompono con alcune tradizioni e spesso toccano forti interessi di parte. Voglio provare, in una serie di articoli, a fare qualche esempio, con alcune proposte.

Si tratta di proposte che hanno l’interesse dei pazienti, la loro salute e i loro diritti alla salute (quindi anche l’uso delle risorse scarse a essa dedicate) come unico obiettivo. Sono proposte che cercano di partire dalla situazione attuale, dai suoi problemi e dei punti di forza e delineare un cambiamento realmente ottenibile che possa affrontare uno o più problemi. L’invecchiamento della popolazione e la drammatica mancanza di medici sono già sotto gli occhi di tutti. Il sistema sanitario Italiano è tra i migliori al mondo, ma per rimanere tale va riformato per affrontare i cambiamenti sociali, demografici, epidemiologici, scientifici, tecnologici, legali e di disponibilità di professionisti che nel frattempo si sono presentati.

Primo argomento: la medicina di base che, numeri alla mano, è un passo dal collasso. Nelle righe che seguono proporrò una soluzione che prova ad affrontare in tempi rapidi il problema, mette in sicurezza nel lungo periodo la medicina di base del sistema sanitario italiano, non ha costi ulteriori per il sistema e ha come obiettivo centrale il miglioramento del servizio sia in termini clinici che extra-clinici. Ha un processo di sperimentazione chiaro e praticabile e strumenti di misura dei risultati sufficientemente semplici da applicare. Dà ai pazienti la totale libertà di scelta. Mi rivolgo quindi direttamente al ministro della Salute e ai presidenti delle 20 regioni italiane e ai loro assessori alla Salute, oltre che direttamente ai cittadini italiani: leggete questa proposta, con attenzione. E poi ditemi: vogliamo provare?

Stato dell’arte

I sistemi sanitari con la medicina generale come primo punto di contatto per i cittadini sono universalmente riconosciuti come migliori, più efficaci (miglior salute) ed efficienti (minori costi e minore inappropriatezza) rispetto a quelli privi di medicina di base. Quello italiano è considerato tra i migliori al mondo dati i suoi risultati di salute sulla popolazione.

Oggi operano in Italia circa 46.000 medici di medicina generale (MMG da ora in avanti) e 7700 pediatri di libera scelta (PLS da ora in avanti). Nei prossimi 10 anni andranno in pensione 33.000 MMG e ne entreranno circa 11.000 in servizio, con un saldo negativo di 22.000. I pediatri avranno invece una diminuzione di circa 3.300 unità per il 2025 (è difficile prevedere quanti di questi saranno pediatri di libera scelta e quanti pediatri ospedalieri o semplicemente liberi professionisti privati). In teoria gli MMG massimalisti hanno 1500 pazienti in carico (derogabile sino a 1800 dalle Regioni) e i PLS 800.

Per diventare MMG bisogna, dopo la laurea, fare un Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG), della durata di anni 3. Quindi dura circa 10 anni l’iter per formare un MMG nel modello attuale. L’MMG è un libero professionista convenzionato con il servizio sanitario nazionale, pagato in proporzione ai pazienti che ha in carico, quindi con un modello di remunerazione per capita, indipendentemente dal numero e tipologia di prestazioni che eroga. Negli ultimi anni una minoranza crescente di MMG si è unita in cooperative o medicine di gruppo, ovvero più di un MMG opera nello stesso spazio condividendo alcune risorse (infermieri, servizi amministrativi ad esempio). Questo processo viene spesso coadiuvato da risorse ulteriori che le regioni mettono a disposizione per sostenere questo cambiamento, visto quasi sempre come positivo per i pazienti.

Gli MMG hanno una età media molto elevata, oltre i 55 anni (a Milano 59 anni). Hanno quindi una scarsa propensione all’innovazione e al cambiamento, dato il fatto che sono in larga parte a fine carriera.

Il ricorso che si fa oggi degli MMG è ben rappresentato da questa tabella (fonte: ISTAT rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea):

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dalla cui tabella si ricava che l’MMG è soprattutto utilizzato dalle persone anziane.

Come cambiare il sistema

Dai numeri riportati sopra è abbastanza chiaro dove sta il problema. Pur essendo un sistema di gestione dei pazienti storicamente buono, sta per arrivare al collasso per mancanza di personale medico. Inoltre è ovvio che se anche oggi si modificassero le numeriche di accesso all’Università (azione fatta pochi giorni fa dal ministro Bussetti) ci vorrebbero 10 anni prima di avere effetti concreti. Se invece si modificasse il criterio di accesso alla professione di MMG “saltando” i 3 anni di specialità si potrebbe avere un effetto immediato andando a prendere i laureati non specializzati, che oggi sono nell’ordine delle 20.000 unità (Fonte: ANAAO Giovani).

La proposta che vorrei avanzare è quella di una medicina di base che diventa un servizio erogabile da aziende, oltre che singoli medici. L’idea è che venga aperta alle aziende sanitarie – pubbliche e private – la possibilità di offrire il servizio di medicina generale, misurando criteri di qualità clinica e di servizio come elementi per il mantenimento della convenzione e mantenendo la parte remunerativa uguale a quella attuale, ovvero per capita e in uguale quantità per persona.

I cittadini devono poter continuare a scegliere a quale servizio vogliono accedere, usando quindi le loro scelte come criterio di ciò che funziona e ciò che non funziona. Le aziende hanno la responsabilità del servizio e devono poter usare medici laureati di qualsiasi tipo, eventualmente mettendo in filiera il servizio di medicina di base con quella specialistica laddove necessario. Vedo molti vantaggi in questa opzione:

Le aziende possono investire sul servizio, cosa che i singoli medici di fatto non fanno, avendo quindi un uso della tecnologia minimale.

Gli orari di apertura e i processi di prenotazione diventerebbero un elemento competitivo fondamentale per attrarre i pazienti, risolvendo in un colpo solo un annoso tema di accessibilità alla medicina di base.

Le aziende che offrissero il servizio sono mediamente capaci di offrire anche servizi in filiera e quindi possono creare percorsi diagnostico-terapeutici che migliorano la qualità del percorso utente.

Il servizio, non essendo più centrato su una persona sola permette di offrire una differenziazione basata sui bisogni dell’utente, avendo ad esempio dei medici specializzati su alcune patologie.

Il budget pubblico rimarrebbe inalterato o addirittura potrebbe diminuire se la tecnologia nei prossimi anni permetterà una presa in carico più efficiente.

L’offerta di medicina generale diventerebbe immediatamente sovrabbondante rispetto alla domanda e nei successivi anni ci sarebbe un miglioramento del servizio perché rimarrebbero in vita solo i medici e le istituzioni più capaci, mentre oggi in scarsità di personale l’offerta è largamente dominante rispetto alla domanda nelle scelte dei pazienti.

La pubblicazione e comparazione dei dati clinici per ogni erogatore permetterebbe di valutare chi è migliore e permetterebbe ai pazienti di fare una scelta consapevole.

Molto probabilmente ci sarebbe una specializzazione per patologia, o fascia di età degli erogatori. Faccio un esempio: a Milano potrebbe esserci una istituzione riconosciuta come super-esperta nella presa in carico dei diabetici e questi preferirebbero andare lì perché saprebbero che i dati clinici sono migliori.

I dati diventerebbero fondamentali per capire cosa sta succedendo alla qualità del servizio. Ogni azienda li monitorerebbe e lavorerebbe alacremente al loro miglioramento perché diventano il principale vantaggio competitivo.

Tutte le proposte di riforma radicale necessitano di sperimentazione per capire quali sono i rischi e gli effetti negativi, prima di allargarla a tutto il sistema. Si potrebbe partire con Regioni che stabiliscono una certa percentuale di cittadini che possono chiedere di essere presi in carico da una azienda erogativa e definiscano i criteri di accreditamento per erogare un tale servizio. Si fa partire la sperimentazione e si vede in quanto tempo quella percentuale di pazienti lascia il proprio medico di base e sceglie un’azienda accreditata. La velocità di crescita permette di capire quanto i cittadini vogliono o meno un tale sistema. Poi, sulla base dei risultati, si allarga la percentuale dei pazienti che possono accedervi mano a mano che vengono a mancare gli MMG classici, non mettendo quindi in pericolo economico gli MMG esistenti. Si arriverebbe quindi in 10 anni al 50% dei pazienti presi in carico con il nuovo sistema e il 50% con il vecchio. Ovviamente, se il nuovo sistema dimostrasse di avere un’efficacia clinica molto maggiore sarebbe opportuno accelerare il processo, avendo in quel caso gli MMG che entrano dentro alle aziende per continuare a fare il loro lavoro.

Il prossimo articolo sarà sul sistema di finanziamento ai privati in sanità.

Twitter @lforesti