Overtourism, perché se ne parla troppo e non è il vero problema italiano

scritto da il 09 Settembre 2019

L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione –

Overtourism è la parola sulla bocca di tutti. Il termine divenuto così popolare è spesso abusato, grazie a falsi miti e molta superficialità, ma Il turismo c’entra fino ad un certo punto.
Probabilmente il founder del travel magazine Skift non immaginava l’inferno mediatico che avrebbe scatenato, quando nel 2016 usò questo termine in una mail ai suoi collaboratori per parlare poi dell’Islanda! L’accusa, intrisa di molta ideologia, punta il dito verso un non meglio identificato turismo di massa, piattaforme online come Airbnb o Uber, vettori low cost o crociere. Instagram ed altri social media completano il banco degli accusati, ma quanto questi sono davvero colpevoli ?

Lo studio dall’eloquente titolo Is Overtourism Overused? Understanding the Impact of Tourism in a City Context, ha il merito di puntualizzare quanto in realtà il fenomeno sia multidimensionale e complesso e debba tenere conto degli intervenuti sviluppi del contesto sociale ed urbano delle città.

L’analisi si basa su un’indagine qualitativa realizzata dal Dutch Center of Expertise Leisure, Tourism and Hospitality ed altri partner, tra i quali l’ European Tourism Association, attraverso interviste con 80 stakeholder in 13 città europee.

Considerare l’ overtourism solo come un problema turistico, piuttosto che sociale e urbano , è fuorviante e può creare malintesi, che distolgono attenzione e comprensione del fenomeno, alimentando alcuni miti che sono da sfatare.

Tutto il mondo a Venezia

Tutto il mondo a Venezia

L’overtourism non è un fenomeno recente

Nello studio si traccia una breve storia dell’approccio accademico agli impatti del turismo sin dagli anni 60. Dall’avvento di modelli basati sui numeri di visitatori e sulla di capacità di carico delle località turistiche, fino alle più recenti valutazioni che considerano anche il comportamento dei visitatori, dimensioni temporali e fenomeni di concentrazione di persone in determinati luoghi.

L’enfasi si è giustamente spostata dai numeri alla percezione di benefici e svantaggi, ponendo l’accento sulle responsabilità di gestori, player e turisti stessi.

Overtourism non è sinonimo di turismo di massa.

Più che di overtourism, si dovrebbe parlare di visitor pressure od overcrowding, in italiano il sovraffollamento tipico dei mesi primaverili , mentre nel picco estivo le città si svuotano dei residenti. L’estensione della stagione turistica, la diluizione delle vacanze in periodi più corti e ripetuti durante l’anno fanno invece percepire agli abitanti di alcune città il fenomeno in maniera continuativa.

I turisti internazionali sono visti come i maggiori contributori dell’ overtourism. In realtà un grande e crescente numero di persone, residenti ed anche pendolari, usano e stressano lo spazio fisico delle città sempre più limitato.

Dallo studio emerge quello è facilmente intuibile: gli escursionisti (day visitor) in gran parte provenienti da località limitrofe, rappresentano il 50% di quanti visitano per piacere una destinazione! Gli impatti dell’ overtourism non riguardano l’intera città e sono frutto anche dei mutati scenari dei settori immobiliare e retail.

La percezione del fenomeno è particolarmente sentita in pochi luoghi delle città, nei punti di attrazione turistica, presso i monumenti famosi ,in alcune strade o piazze di determinate città. Ecco perché gli sforzi , sia accademici che gestionali, dovrebbero guardare al più vasto contesto urbano per minimizzare quelle che viene definita la tourism gentrification delle città.

La turistificazione fisica di alcune città è però anche conseguenza del mutamento dello scenario immobiliare, caratterizzato dall’aumento dei prezzi d’affitto a seguito della crisi del 2008, e di quello relativo alle vendite al dettaglio, sempre più modellate sugli gli abiti di consumo di cibo e bevande o attività di shopping .

Modalità più flessibili di lavoro hanno permesso una maggiore usufruibilità dei centri urbani, così come la forte crescita dello shopping online ha comportato l’aumento della circolazione dei veicoli per la consegna e quindi del congestionamento delle strade.

L’ overtourism non è solo un problema legato al turismo. Troppo semplicistico far diventare il turismo il capro espiatorio.

Ecco perché tra le conclusioni si legge che non esistono soluzioni universali per combattere l’ overtourism e quelle smart o tecnologiche da sole non sono sufficienti. Non bastano misure come tasse di soggiorno, zone vietate ai bus, addirittura tornelli di accesso, regole restrittive nei più famosi e congestionati punti turistici o quelle mirate a regolare fornitori come Airbnb.
Nello studio si accenna anche al fatto che l’ overtourism non è un problema solo per le città, in quanto, ovviamente, può essere osservato anche in destinazioni rurali od isole.

Tra le conclusioni finali la necessità di maggiori approfondimenti orientati ai processi ed all’interazioni tra residenti, pendolari, turisti e stakeholder e la raccomandazione che gli studenti di turismo si occupino anche di discipline come geografia umana o pianificazione urbanistica e viceversa.

L’ overtourism (o meglio Il sovraturismo) in Italia

Tutte queste premesse trovano piena conferma nel caso della destinazione Italia.
La crescita di arrivi e pernottamenti di turisti degli ultimi anni non è stata sconvolgente, ma quasi fisiologica. Niente che possa essere attribuito ad orde di gruppi in aumento o che abbia trovato poi riscontro in iperbolici aumenti di fatturato di hotel od altri esercizi commerciali, fatta eccezione forse per gli outlet.

A chi accusa i grandi tour operator, vale la pena ricordare che questi sono sempre più propensi, per risparmiare sui costi degli hotel, a far dormire i propri clienti mass market in località attigue a quelle famose, come ad esempio Mestre e Treviso per Venezia, piuttosto che Prato o Montecatini per Firenze.

Venezia nel 2018 secondo ISTAT avrebbe addirittura registrato un leggero calo delle presenze rispetto all’ anno precedente.

Non esageriamo. A parte Venezia, ed alcune zone di altre poche città, gli impatti si vedono solo in aree con forti limitazioni geomorfologiche come le Cinque Terre o la Costa Amalfitana, od in qualche borgo famoso durante l’ennesima sagra del fine settimana.

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Più che i numeri suscitano clamore certi comportamenti dei visitatori. Sempre di più vediamo foto e video di ubriachi che orinano per strada o si tuffano nelle fontane, ma i turisti cafoni, così come i residenti maleducati, ci sono sempre stati, così come gli idioti che scrivono le proprie iniziali sui monumenti o quelli che rubano reperti archeologici.

Smartphone e social media, formidabili propulsori del turismo, hanno amplificato certe trasgressioni , alimentando l’egocentrismo del selfie e del messaggio del tipo “ci sono stato, e magari ho fatto pure questa bravata“.

Molti luoghi della cosiddetta movida, palco di eccessi e maleducazione, sono nati da iniziative dei residenti, o magari in alcune città universitarie anche degli studenti fuori sede , prima di diventare attrazione per i turisti stranieri o di località limitrofe.

Airbnb va regolata, soprattutto dal punto di vista fiscale, ma non demonizzata. L’ affitto di appartamenti o ville per turisti esiste da molto tempo. Airbnb e piattaforme similari hanno solo fornito la tecnologia che ha accelerato le dinamiche di offerta e domanda.

Non è un caso che in Italia tra i maggiori gestori di proprietà presenti sulla piattaforma ci siano rappresentanti storici di agenzie internazionali che affittano da mezzo secolo case vacanze.
Il miglioramento generalizzato delle condizioni di vita ( sopratutto nei mercati emergenti ), la migliore gestione del tempo libero e gli sviluppi digitali ed infrastrutturali hanno favorito la rapida espansione del turismo. Fattori che non possono essere considerati allo stesso tempo come qualcosa da ostacolare per forza in nome di interessi corporativi o anacronistiche battaglie ideologiche.

Prima di puntare il dito su certi presunti colpevoli, gli amministratori delle città italiane dovrebbero pensare ai servizi igienici, allo smaltimento dei rifiuti, ai veicoli elettrici o ai parcheggi o all’aree verdi, oltre che ottimizzare le attività di controllo e vigilanza.

È qualcosa che vale per Roma (anzi, Trastevere!) come per Barcellona, o meglio per le sue Ramblas, dove nel frattempo crescono i fanatici anti-turisti.

Turisti a Fontana di Trevi

Turisti a Fontana di Trevi

Ed ecco che arriva anche l’undertourism!

Mentre ancora c’è molta confusione sull’ overtourism, è in arrivo un nuovo tormentone: l’opposto neologismo undertourism che riguarda le località ancora poco visitate o quelle già famose che si sarebbero pentite di aver promosso fino adesso le proprie bellezze. Chissà se anche questo termine è stato registrato, magari sempre da Skift.

Il timore è che diventi l’ennesimo modismo, più che un’opportunità da sfruttare. Il rischio è che le destinazioni meno visitate si facciano troppe illusioni sul poter capovolgere le proprie sorti turistiche con campagne di marketing e messaggi del tipo “venite da noi, che c’è meno gente, ma l’esperienza è più autentica, etc etc“. Quelle già famose vaneggiano invece sul fatto che senza promozione i flussi possano calmierarsi.

Terreno fertile ed ottimi spunti per convegni ed articoli accademici sempre felici di insistere su concetti come delocalizzazione e turismo esperienziale , ma che rischiano di distogliere ancora una volta l’attenzione dai veri problemi del turismo ricettivo del Bel Paese.

I problemi che limitano effettivamente la crescita delle località meno visitate, quelli infrastrutturali, che, insieme ad un marketing spesso inefficace, se non inesistente, sono i fattori principali di quello che possiamo definire il sottoturismo strutturale ed atavico dell’Italia. Pensare all’ overtourism, soprattutto per casi come Venezia, è importante, ma non quanto cercare di risolvere davvero queste criticità.

Al tempo. Né gli stakeholder di Venezia, né quelli di altre città italiane minacciate dall’ overtourism, hanno partecipato allo studio sopracitato.

Twitter @rioconcierge