La violenza sulle donne ha un altissimo costo sociale: 16 miliardi l’anno

scritto da il 08 Gennaio 2020

Pubblichiamo un post di Mari Miceli, analista giuridico. Mari svolge attività di ricerca in materia di dinamiche processuali penali. Autrice di pubblicazioni scientifiche, è membro del Comitato revisori di @camminodiritto – 

La forma estrema di violenza di genere contro le donne assume diversi profili, varie condotte misogine, quali maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare ed infine, comunitaria.

Le sole strategie di misure punitive hanno portato una presa di coscienza sulla loro inadeguatezza ed hanno spinto il legislatore verso l’adozione di misura alternative, volte alla predisposizione di una tutela più effettiva, che non si traduca esclusivamente in politiche repressive.

Le azioni contemplate possono essere ricondotte a scopi di prevenzione e di protezione e ad attività di monitoraggio ed integrazione.

La ‘prevenzione’ del fenomeno non può che attuarsi sul terreno dell’educazione culturale, attraverso una metodica volta ad abbattere gli stereotipi basati sulla discriminazione di genere.Si tratta certamente dell’obiettivo più ambizioso, la cui parziale realizzazione riuscirebbe a ridurre in maniera sensibile la casistica dei reati riconducibili alla violenza di genere.

Ma la violenza contro le donne ha anche dei costi economici elevati, non solo nel caso, purtroppo estremo, di femminicidio ma anzi soprattutto, nei casi di violenza perpetrata e reiterata per un lungo periodo, anche dopo la separazione dal violento.

Come scrisse Ettore Zanca: “Non ci chiediamo mai cosa c’è dopo la fine di un film, quasi nessuno prova a immaginare la vita quotidiana dei protagonisti di una pellicola giunta ai titoli di coda. Facciamo la stessa cosa nella vita reale. I riflettori si posano su una notizia, la assorbiamo, la viviamo, la digeriamo. Il dopo non importa”.

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Tutela integrata, la Spagna batte l’Italia
All’interno del sistema europeo, la Spagna si colloca in cima ai Paesi occidentali nel contrasto al fenomeno della violenza di genere, è l’ordinamento spagnolo che, già da tempo, rispetto alle recenti sollecitazioni comunitarie e internazionali, nel 2004, ha emanato la Ley Orgánica del 28 dicembre n.1 sui “Medidas de Protección Integral contra la Violencia de Género”, la quale rappresenta, nel panorama europeo, il primo modello normativo di riferimento sul tema. In realtà, la stessa Ley Orgánica non costituisce una novità assoluta, in quanto sia a livello statale che locale è possibile rintracciare interventi legislativi anticipatori, di un certo rilievo.

Sul presupposto che la qualificazione di condotte di violenza di genere quali nuovi reati e l’inserimento di aggravanti, nei casi sussumibili a tale tipologia di delitti, non risultava ancora sufficiente a contrastare il fenomeno, il legislatore spagnolo ha dedicato una serie di provvedimenti: dall’ambito lavorativo, istituzionale ai diritti ‘economici’ delle donne oggetto di violenza. In altri termini, la consapevolezza della inidoneità della sola funzione punitiva, la cui efficacia ex post risulta non sempre risolutiva, ha spinto il Parlamento verso l’adozione di ulteriori misure che possano concretamente porre la vittima al riparo dalle violenze.

La normativa prevede – ad esempio – che la donna che abbia subito atti di violenza o molestie possa modificare o sospendere il contratto di lavoro. In particolare, offre a chi subisce questa condizione un congedo della durata di tre mesi, prorogabili a seconda delle esigenze, fino ad un massimo di diciotto mesi.

Si stabiliscono, inoltre, norme per il necessario coordinamento con i servizi di pubblico impiego, per facilitare l’assunzione di donne che, a causa della violenza subita, siano state, addirittura, obbligate a cambiare il luogo di lavoro ed, eventualmente, di residenza.
A coloro che non hanno un reddito personale e che rischiano, per età e formazione, di non trovare una diversa collocazione sul mercato del lavoro, la Ley Orgánica garantisce un minimo di autonomia finanziaria: l’attribuzione di un aiuto economico corrispondente a sei volte l’ammontare mensile dell’indennità di disoccupazione che coincide con una certa percentuale del salario minimo professionale.

Su tale orientamento di estrema tutela, la menzionata legge assicura anche alle vittime di violenza la priorità assoluta per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare. A completare il quadro normativo, nell’intento di garantire maggiore effettività all’impianto della legge è l’introduzione del Juzgado sobre la violencia de genero, ovvero, di un tribunale con competenza esclusiva ad istituire e decidere le cause per omicidi, lesioni, violazioni della libertà, sessualità e integrità morale e di ogni altro reato che comporti violenza o intimidazione.

Costo economico della violenza
Dall’ultima proposta di relazione finale stilata dalla commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e sulla violenza di genere il problema appare di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza.

Il costo della violenza domestica, stimato per difetto nel 2013 da un’indagine Istat, è di 16,7 miliardi di euro. I costi della violenza rappresentano, quindi, circa l’1% del Pil. Teniamo presente che la spesa per interventi di prevenzione e contrasto si è invece fermata a soli soli 6,3 milioni di euro.

Al femminicidio si associa la perdita di capitale umano, un costo monetario, psicologico, affettivo per i figli, parenti ed amici della vittima, ed un costo investigativo, giudiziario, sanitario e detentivo per il responsabile.

Per dare un’idea uno studio condotto da Badalassi et al. (2013) presenta la seguente composizione dei costi (in percentuale sul totale di oltre 16 miliardi):

Costi diretti: 14.22 % a loro volta suddivisi in
mancata produttività 3.6 % (sia a livello di impresa che di gettito per lo Stato)
costi sanitari 2.75 %
giudiziari 2.5% spese legali 1.7 %;
ordine pubblico 1.4 %;
consulenza psicologica 0.9 %;
servizi sociali comuni 0.9 %;
farmaci 0.27 %;
centri antiviolenza 0.05 %.
Costi indiretti non monetari (dalla simulazione dei risarcimenti danni fisici, morali e biologici) 85.78 % , basata sul sistema di risarcimento danni per incidenti stradali. [Fonte]

Dallo studio emerge un diverso comportamento della violenza a seconda che si tratti di violenza domestica o non domestica, che si tratti di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica. Il reddito della donna appare un elemento importante nella stima della probabilità di subire violenza: se la donna guadagna meno del marito aumenta la violenza psicologica, se guadagna di più aumenta la violenza sessuale.  Un elemento tuttavia emerge con grande evidenza: tutti gli studi rappresentano sottostime dei costi della violenza, non potendo considerare i casi non denunciati e non riportati.

Fondo figli vittime di femminicidio
Lo scorso novembre sono stati finalmente sbloccati i fondi per gli orfani vittime di femminicidio. Il MEF ha così sbloccato 12 milioni di euro con i quali saranno finanziati: borse di studio, spese mediche, formazione e inserimento al lavoro. Si tratta del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali. L’elemento di grande novità è che tutti potranno avere accesso ai fondi e questo non dipenderà dal grado di giudizio ancora pendente. Infine la legge denominata “Codice rosso” ha previsto un ulteriore aumento, estendendo l’ambito di applicazione anche alle famiglie affidatarie. Oltre alle risorse già stanziate per il 2018, pari a 6,5 milioni di euro, sono stati quindi appostati in bilancio circa 12,4 milioni di euro per il 2019, 14,5 milioni di euro per il 2020 e a regime 12 milioni di euro all’anno.

Conclusioni
Lo tsunami di informazioni che ci costringe a dimenticare, non esercita la memoria. O forse l’errore del nostro modo di capire le notizie alberga da un altro lato. Non siamo capaci di capire cosa si agiti nel buio calato dopo l’uccisione o la violenza perpetrata ad una donna. Siamo abituati a considerarla una statistica. Dietro quella donna vittima di insanità umana, ci sono figli, famiglie, bambini o ragazzi, che avranno non solo difficoltà emotive ma anche difficoltà materiali e ahimè, per quanto crudo possa sembrare, di costi economici di vita.

Twitter: @micelimari_1

NOTE:

Così  A. ANSELMO, cit., 72.
Più nel dettaglio, trattasi del Regolamento (Ue) n. 606/2013 del Parlamento europeo del 12 giugno 2013, relativo al reciproco riconoscimento delle misure di protezione in materia civile, in Gazz. uff. UE, 29 giugno 2013. Il riferimento è al n. 8 dei “considerando,” secondo cui: « La presente direttiva tiene conto delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri nonché del fatto che si possa fornire una protezione efficace mediante ordini di protezione emessi da un’autorità diversa dal giudice penale. La presente direttiva non istituisce l’obbligo di modificare i sistemi nazionali per l’adozione di misure di protezione, né l’obbligo di introdurre o modificare un sistema penale per l’esecuzione di un ordine di protezione europeo». Per il testo integrale della legge si veda www.boe.es. (Agencia Estatal boletín oficial de Estado).

La Ley Orgánica del 2004 è stata preceduta da due provvedimenti significativi: l’uno del 29 settembre 2003 n. 11 sui “medidas concretas en materia de seguridad ciudadana, violencia doméstica e integración social de los extranjeros”; l’altro, del 25 novembre 2003 n. 15, di modifica della legge n. 27 del 31 luglio 2003 sulla “protección de las víctimas de la violencia doméstica”. Cfr. S. MANZIN, Violenza di genere e tribunali speciali di “genere”(femminile) – Breve nota sull’esperienza spagnola, tra norme regionali e legge statale, in www.federalismi.it.

Spesso, infatti, trattasi di condotte reiterate che si traducono nel compimento di reati permanenti ed abituali, peraltro in rapporti endo-familiari o in relazioni tra partner. Si pensi al reato di stalking in cui la condanna dell’autore del fatto illecito può non essere sufficiente – ex se – a determinare la cessazione della condotta criminosa.

In argomento, J. P. ARAMENDI SÁNCHEZ, Los aspectos laborales de la Ley de Medidas de Protección Integral contra la Violencia de Género, in Revista de derecho social, 2005, 30, 55 ss.; A. LÓPEZ – QUINONES GARCÍA, La modificación de las condiciones de trabajo de las trabajadoras víctimas de violencia de género: reducción o reordenación del tiempo de trabajo y movilidad geográfica o de centro de trabajo in La perspectiva laboral de la protección integral de las mujeres víctimas de violencia de género, R. Quesada Segura (dir.), Granada, 2009, 177 ss.