Auspici per il 2020: salvare i padri separati e i contribuenti dalla Pop Bari

scritto da il 15 Gennaio 2020

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

Il 2020 ha da poco debuttato e l’auspicio è che sia un anno migliore del suo predecessore. Del resto, ogni inizio d’anno è l’occasione per formulare buoni propositi e programmi. Certo, alla luce dei fatti che hanno accompagnato gli ultimi giorni del 2019, l’unica cosa che ci avrà portato la Befana sono sacchi interi di nero carbone. Un sacco cospicuo lo avrà ricevuto, probabilmente, anche il governo che non si è comportato con i cittadini come dovrebbe fare un pater familias con i propri figli, pensando al loro futuro, alla loro tutela e al loro benessere, fronteggiando i problemi che li affliggono.

La mente non può che andare agli ultimi incidenti stradali avvenuti nei giorni di Natale e dintorni, in cui abbiamo pianto vittime troppo giovani, vite spezzate come quella di Arce (in provincia di Frosinone) e quelle di Roma, dove hanno perso la vite due ragazze sedicenni, mentre attraversavano la strada in una zona centrale della città.

Il problema della sicurezza stradale è una questione globale e di primo rilievo, che ha un costo altissimo non solo in termini di vite umane. Roma è la maglia nera, tra le capitali europee, per numero di incidenti stradali mortali, con 8 morti al giorno, con 110 morti all’inizio dell’anno su 27 mila incidenti. Ma anche il nostro territorio, il Frusinate, non è esente da questi problemi e i fatti di Arce ne sono una triste testimonianza

I vizi purtroppo sono sempre quelli, partendo dall’uso del cellulare per arrivare all’eccesso di velocità, o al mancato uso delle cinture di sicurezza fino a giungere ad una inaccettabile scarsa illuminazione e pessima condizione delle strade. È inutile tentare di risolvere il problema con delle reprimende più pesanti, se non ci si dedica prima alla prevenzione con potenziamento dell’illuminazione, miglioramento delle strade in pessimo stato (Roma sembra una groviera), privilegiando una segnaletica più chiara e di ausilio alla guida. E, non da ultimo, occorre incrementare corsi e lezioni di educazione stradale, anche nelle scuole, perché bisogna insegnare le regole sia a chi è al volante sia ai pedoni.

Pochi sanno che i pedoni devono camminare a sinistra della strada, proprio per evitare di essere investiti da dietro dalle macchine che percorrono la destra del senso di marcia. Nel triennio 2014/2016 il trend che vedeva in diminuzione il numero dei sinistri si è come paralizzato e i pedoni rappresentano la componente più debole che ne fa le spese.

Ritengo che la soluzione debba passare per la prevenzione e non per la sanzione. Anche la tecnologia fa parte della prevenzione. Penso a quei dispositivi di guida assistita, pensati per evitare impatti violenti. E, ripeto, non si può ignorare un certo lavoro da fare nelle scuole, visto che la gran parte delle vittime di questi incidenti (è vittima sia chi subisce l’incidente, sia chi in qualche modo lo provoca) sono giovani.

L’iniziativa, dunque, spetta in primis al Governo, ma passa anche per l’azione delle amministrazioni locali, che possono e devono fare di più per tenere le strade in sicurezza.

Cogliendo l’occasione di parlare del nuovo anno, prendendo spunto dagli accadimenti infelici di quello trascorso, vorrei spendere poche parole in merito al fallimento incredibile delle banche private e popolari (vedasi lo scabroso caso di Banca Popolare di Bari) dove migliaia di cittadini hanno perso il sacrificio di anni di duro lavoro. Ma la cosa che si fa fatica a digerire è che in un momento in cui una banca sta fallendo, allo stesso tempo acquisisce un’altra banca (anch’essa decotta), con tutte le autorizzazioni delle autorità vigilanti, e addirittura aumenta gli stipendi a dirigenti e funzionari, sul cui operato c’è poco da discutere, visto che hanno condotto gli istituti al tracollo.

Le commissioni di inchiesta inutili, lunghe e dispendiose, lasciano il tempo che trovano. Bisogna evitare che la ridotta utilità di tali commissioni non sia addirittura di intralcio e si intrecci negativamente con l’attività delle autorità giudiziarie. Ma la Banca di Italia e gli altri organi di controllo, che hanno il dovere di vigilare sull’operato di questi istituti finanziari, come hanno fatto a concedere tutto questo? Sicuramente c’è una responsabilità omissiva, di mancato controllo, che diventa perciò diretta e solidale.

Le banche, poi, sono enti privati e hanno rapporti di natura privatistica con i clienti/soci. E allora perché in caso di possibile fallimento deve sempre intervenire lo Stato, e quindi i cittadini, a sobbarcarsi costi ed oneri elevati dell’incapacità, della negligenza e della responsabilità di determinati dirigenti? Una volta quando vigeva il D.M. Sindona, la Banca che nei casi di dissesto di un’altra banca interveniva per assumere attività e passività, otteneva dalla Banca di Italia anticipazioni sui titoli o un tasso di favore.

Nel 2010 dopo aver sistemato le banche tedesche e francesi con le vecchie regole, con il bail in anche i privati (azionisti ed obbligazionisti) devono partecipare agli oneri e alle conseguenze di dissesti bancari. I salvataggi bancari non possono e non devono gravare sul bilancio pubblico. Peraltro con diversi pesi e diverse misure. Infatti la Banca Etruria è stata abbandonata a se stessa, mentre per la Popolare di Bari il governo ha già messo a disposizione 900 milioni di euro.

È indispensabile, dunque, mettere a regime una regolamentazione del sistema bancario, asse centrale e portante per l’economia del Paese, per evitare che accadano fatti del genere.

Un ultimo pensiero, ma non per importanza va ai nuovi poveri, all’interno dei quali vorrei porre il focus sulla categoria dei mariti separati. Su 4 milioni di separati, 800 mila uomini sono sulla soglia della povertà. In molti fanno la fila per un pasto alla Caritas e dormono in macchina. Devono lavorare per mantenere due famiglie. Basti pensare che dopo aver acceso un mutuo per la casa dove vivevano con la famiglia, costretti ad abbandonarla da una sentenza che la assegna alla mogie, continuano a pagare il mutuo, oltre all’affitto di una camera dove vivono. Senza considerare la cosa più grave, ovvero le ripercussioni che queste crisi familiari hanno sul rapporto con i figli, non sapendo come gestirli e non avendo peraltro le possibilità economiche per inventarsi qualcosa.

Nella mia esperienza lavorativa, ho fatto per otto anni il giudice tutelare e in questa veste ho potuto vedere e analizzare il rapporto conflittuale tra ex coniugi che, magari si presentavano da noi con i nuovi compagni, al contempo utilizzando i minori per rivendicazioni, vendette e rimostranze ataviche.

Ritengo che la figura del padre separato debba essere rivalutata sotto diversi aspetti, economici ed umani, spendendo un pensiero, forse controcorrente, per questa categoria che passa nella gran parte dell’immaginario come carnefice, ma in molti (troppi) casi è vittima.

Molto spesso anche i giudizi su queste questioni si ancorano a retaggi del passato e non considerano minimamente i cambiamenti. Oggi, a differenza di 30 anni fa, la parte debole non è automaticamente la donna, ma in molti casi è l’uomo. È errato, peraltro come in ogni cosa, passare da un estremo all’altro, dove il discriminato diventa l’uomo e non la donna.

PER APPROFONDIRE:

Popolare Bari, quando il Creval si ritirò dallo strano affare Tercas

Banca popolare di Bari, gli affari (e i compensi) della famiglia Jacobini

Popolare Bari: il mercato tradito e il capitalismo degli amici