Se più che dal coronavirus il contagio arriva dalla burocrazia

scritto da il 03 Marzo 2020

Si è appena aperta la seconda settimana da quando il coronavirus, il cosiddetto Covid-19, è entrato prepotentemente nelle vostre vite. L’impatto è stato fortissimo, sotto innumerevoli punti di vista.

La reazione delle istituzioni è stata molto tempestiva. Dal 22 febbraio in poi, è stato un susseguirsi continuo di decreti, ordinanze, circolari. Ma a farne le spese è stata la qualità dei provvedimenti. Attualmente però, non è importante far la conta degli errori. La compattezza di un popolo è fondamentale nei momenti difficili, così come la collaborazione fra istituzioni e cittadini. Pensiamo piuttosto a cosa possiamo evitare, nel nostro piccolo.

Naturalmente l’obiettivo primario di questa convulsa fase riguarda la salute di tutti noi. In primis le autorità competenti lavorano per presidiare questo obiettivo. Da ciò discendono una serie di inevitabili effetti collaterali, legati principalmente alle ripercussioni economiche causate dal contagio e dai provvedimenti restrittivi dello Stato e degli enti locali.

Sull’obiettivo primario, nulla da dire in questa sede. Spetta agli esperti valutare se le misure di contenimento messe in atto siano efficaci o meno. Ma vorrei spendere due parole sugli effetti collaterali che il coronavirus sta provocando sul mondo delle imprese.

Se non esistesse la posta elettronica e fossimo ancora alle prese con la posta tradizionale, la quantità di carta prodotta dal 21 febbraio in poi per comunicazioni relative al virus sarebbe incalcolabile. Da quella data infatti, soprattutto nelle aziende pubbliche e nelle medie e grandi imprese private, abbiamo assistito ad un’invasione di comunicazioni a raffica, tra le più disparate.

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Ora, ogni datore di lavoro ha il diritto e il dovere di proteggere l’incolumità dei propri dipendenti. E fa anche bene a preoccuparsi per la salute di tutti i suoi stakeholders. Ma evitare di andare oltre, soprattutto da un mero punto di vista formale, sarebbe auspicabile.

In un post apparso su questi pixel, Pasquale Merella ha ben delineato pochi e semplici passaggi per una prima reazione aziendale alle notizie di cronaca. Da quanto visto negli ultimi giorni, credo che il punto 4 della sua strategia sia stato ignorato da tantissime aziende (oltre che da altrettante istituzioni). La sintesi è stata quella di puntare al massimo livello di precauzione, senza alcuna ponderazione del rischio. Tale approccio ha prodotto una scelta molto onerosa per il mercato e per la produttività delle imprese, ossia quella di inviare comunicazioni a tappeto ad intere mailing list di clienti e fornitori. Immaginate un’azienda con trentamila clienti e quindicimila fornitori, chiamata a gestire quarantacinquemila e-mail sul coronavirus.

“Che faccio? Leggo o segno come già letto? E se non leggo ed è importante…”

Il rischio è duplice. Il primo è quello di perdere di vista l’obiettivo primario della salute, che si diluisce in tantissime attività pressoché inutili. Tempo che si potrebbe dedicare ad attività concrete per tutelare la salute delle persone o per preservare l’attività economica. Il secondo rischio è quello di stremare le risorse, in aziende che già devono fronteggiare un periodo molto difficile.

Ecco qualche esempio di comunicazioni inutili:

  • – Ricordare a un’altra azienda che è stato pubblicato un Decreto-legge (la legge non ammette ignoranza, non serve ricordarlo);
  • – Ricordare ad altre aziende di rispettare le prescrizioni ministeriali in materia di igiene;
  • – Dire a un’altra azienda come deve comportarsi con i suoi dipendenti residenti in zone sottoposte a cordone sanitario;
  • – Chiedere ad altre aziende, a tappeto, di firmare ed inviare auto-dichiarazioni con questionari lunghissimi sul coronavirus;
  • – Chiedere ad altre aziende, a tappeto, cos’hanno fatto per gestire il Covid-19.

È il trionfo della forma sulla sostanza. Invece di focalizzarsi sui veri rischi, if any, che riguardano la salute dei dipendenti e degli stakeholders con cui si hanno rapporti, si perde tempo nell’inventarsi dal nulla burocrazia. Ben oltre i dettati normativi.

Ma forse l’obiettivo di fondo di questo eccesso di burocrazia risiede nel cercare di allontanare il più possibile eventuali responsabilità. Una mentalità che molto spesso, purtroppo, parte proprio dalla PA e dalle aziende pubbliche, più che propense ad obbligare il prossimo fino all’inverosimile per non rischiare nulla. Melius est abundare quam deficere. Si tratta di un atteggiamento che si contagia, dal pubblico al privato, con una rapidità sorprendente.

L’importante è scaricare la responsabilità su qualcun altro, fino all’ultimo soggetto che non ha possibilità di scaricare ulteriormente (il dipendente o il cittadino).

Non sappiamo quanto durerà questa fase molto dura per la vita del Paese. Non sappiamo quando potremo tornare alla normalità. Fino ad allora, occorre dosare le nostre forze ed energie per salvaguardare, in termini di sostanza, la salute di noi tutti e per cercare di impedire una recessione economica dagli esiti più che incerti.

Twitter @frabruno88