Italia insolvente? Ecco che cosa rivelano le parole di Conte sul Mes

scritto da il 21 Marzo 2020

Hanno fatto molto discutere le dichiarazioni rilasciate al Financial Times dal nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes o Esm nell’acronimo inglese, più conosciuto come fondo Salva-stati, ndr) è stato creato con un diverso tipo di crisi in mente, dunque adesso deve essere adattato alle nuove circostanze, in modo da poter usare tutta la sua potenza di fuoco … la strada da seguire è quella di aprire una linea di credito per tutti gli Stati membri, in modo da aiutarli a combattere le conseguenze dell’epidemia di Covid”.

Se le ragioni che stanno alla base di tali dichiarazioni possono essere in qualche modo trovate nell’esigenza di trovare un veicolo comune europeo, che possa sollevare gli Stati dalla necessità di emettere singolarmente una parte del nuovo debito pubblico per fronteggiare l’emergenza COVID-19, va però ricordato che i prestiti Mes, le sue linee di credito agli Stati, sono comunque debito pubblico. Anche se il Mes (o Esm) si finanzia con emissione di COVID-bond/Eurobond per girarne il ricavato agli Stati che ne facciano richiesta, quell’erogazione agli Stati rimane debito pubblico dei percettori. Lo stesso debito pubblico che ciascuno Stato, se solvibile, dovrebbe essere in grado di collocare sul mercato.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Quindi se le linee di credito del Mes sono debito pubblico al pari dei normali Titoli di Stato, perché lo Stato non può continuare a finanziarsi come già sta facendo? Cosa ci vuol dire il Presidente del Consiglio nel momento in cui dichiara che il Mes dovrebbe “aprire una linea di credito per tutti gli Stati membri”? Uno si potrebbe domandare se non abbia voluto intendere la possibilità che lo Stato non dispone più della capacità di ottenere credito sul mercato per combattere l’emergenza.

Perché delle due l’una: o l’Italia è ancora uno Stato solvibile e quindi in grado di rifinanziarsi sul mercato e allora l’intervento del Mes non serve, oppure l’Italia non è più in grado di finanziarsi sui mercati, è insolvente, ed allora l’intervento del Mes, o di altre istituzioni internazionali, è richiesto per poter emettere nuovo debito a copertura di quello in scadenza e del nuovo deficit. Facendo un paragone con quello che avviene in ambito extraeuropeo, è come quando uno Stato dichiara di voler accedere alle linee di credito del Fondo Monetario Internazionale. Quando lo fa dichiara al mondo di non esser più in grado di rifinanziarsi sul mercato, di esser di fatto, in quel momento, insolvente.

Ecco, diciamocelo tra noi, che se anche fossimo (lo siamo veramente?) insolventi, o si prospetta di arrivarci nei prossimi mesi, non è un’idea così geniale quella di dichiararlo in anticipo, a meno che non sia già stato predisposto un paracadute sufficientemente ampio. Ma allo stato attuale sembra che paracaduti non ce ne siano, se non quello strutturale, e potenzialmente illimitato, della BCE.

Forse, se devono esser impiegate delle capacità politiche per costituire un fronte comune, è bene seguire la strada “classica” che vuole la banca centrale, e non altri organismi sovranazionali, a supporto del mercato dei Titoli di Stato in modo che esso possa funzionare in modo coerente con gli obiettivi di politica monetaria, evitando di dichiararsi in anticipo incapaci di collocare il proprio debito pubblico.

Twitter @francelenzi