Le cose che Draghi non ha detto (specie sugli Eurobond)

scritto da il 26 Marzo 2020

In un editoriale sul Financial Times Mario Draghi ha indicato con chiarezza le misure di politica economica che si rendono necessarie per evitare che l’emergenza sanitaria comporti danni permanenti ai sistemi economici costretti a rallentare fino a fermarsi onde limitare la diffusione del contagio.

Con l’autorevolezza e la lucidità di uno statista che non ha eguali al momento non solo in Europa, ma probabilmente a livello mondiale, l’ex presidente della BCE ha detto che occorre fare tutto quanto è necessario (quasi citando se stesso nel celeberrimo Whatever it takes con il quale nel 2012 salvò l’area euro dalla dissoluzione)  per preservare la capacità produttiva e i livelli occupazionali delle nostre economie anche se questo comporterà una crescita rilevante del debito pubblico.

Libero dai vincoli comunicativi che, in qualità di banchiere centrale, lo obbligavano a lasciare intendere ai governi nazionali il da farsi, senza poter essere troppo esplicito per evitare accuse di indebita ingerenza, Draghi ha illustrato in modo cristallino la portata del problema economico connesso con la pandemia in corso, i potenziali rischi devastanti di medio termine e la logica e necessaria strategia per evitarli.

In particolare, ci ha ricordato come  rientri tra i compiti essenziali dello stato impiegare il proprio bilancio per proteggere i cittadini e le imprese da shock inattesi e non gestibili in modo individuale. In questo frangente, senza un intervento incisivo che, oltre alle famiglie, supporti le imprese e le liberi dal fardello di un debito che diventerà a breve insostenibile, la capacità produttiva di tutti i paesi rimarrà menomata in modo permanente.

Dunque si deve intervenire in fretta, evitando equivoci e complicazioni di carattere burocratico e utilizzando le banche come agenti del governo per fornire alle imprese tutto il credito di cui hanno bisogno per superare l’emergenza con la prospettiva che il debito privato che diventa insostenibile venga assorbito dal bilancio dello stato.

Considerando che l’Italia è il paese con il rapporto debito/pil più elevato, le prospettive di crescita peggiori e un track record non edificante che ha già visto l’inserimento di fondi aggiuntivi per Alitalia nei primi decreti per l’emergenza, appare opportuno fare qualche distinguo, sopratutto in merito alle ipotesi di emissioni di Eurobond o altre forme di emissioni obbligazionarie sovranazionali che potrebbero sembrare incoraggiate dal discorso sull’intervento dello stato.

Ferme restanti l’emergenza e le lucidissime prescrizioni declinate nell’editoriale del Financial Times, i rischi connessi con un comportamento opportunistico del governo italiano non sono svaniti e continueranno a ricadere, in ultima istanza sui contribuenti del nostro paese.

Quando Draghi dice che è necessario fare tutto il debito che serve e assorbire al bilancio dello stato il debito delle aziende private, si riferisce alle aziende vive, quelle da cui dipenderà la crescita della nostra economia quando l’emergenza sarà passata, non certo gli zombie come Alitalia. E’ proprio nel momento in cui è più importante impiegare risorse per difendere la parte sana dell’economia, che diventa ancor più oltraggioso anche solo pensare di distoglierne anche una minima parte per le “vecchie abitudini clientelari” che tanto hanno contributo a determinare la posizione di debolezza della finanza pubblica italiana.

Non credo sia un caso che, nell’editoriale, con tutti i riferimenti empatici a sostenerci a vicenda come europei, si parli comunque di diverse strutture industriali tra i diversi paesi, da affrontare attraverso le linee dei sistemi finanziari locali. Per quanto la ricetta sia unica e rimanga comune il fronte di combattimento, non è pensabile che si possa sfruttare il sostegno derivante dall’appartenenza all’area euro per continuare a indulgere nelle dannose pratiche di distruzione di valore che hanno caratterizzato la politica economica italiana degli ultimi decenni.

Il monito di Draghi deve darci speranza sulla concreta possibilità di superare questo difficile momento senza  compromettere in modo permanente i nostri sistemi economici. Cionondimeno le circostanze eccezionali non possono sollevarci neanche temporaneamente dalla responsabilità nei confronti delle generazioni future delle scelte operate nel presente.

Quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata, per tutti i paesi sarà considerato “tollerabile” un livello più elevato di debito rispetto al Pil e una politica accomodante di tassi di interesse consentirà di limitare l’impatto sui bilanci pubblici degli oneri di servizio del debito. Considerando che il nostro paese parte da una posizione svantaggiata rispetto agli altri è di fondamentale importanza che le politiche economiche del nostro governo risultino responsabili e non gettino le basi per future nuove tensioni durante la difficile fase di ripresa.

Twitter 

Youtube

Podcast

Ko-fi

Patreon