Sindaci presi d’assalto, ma i 4,3 miliardi non servono per gli aiuti diretti

scritto da il 02 Aprile 2020

Accade molto di frequente che ci si accontenti del titolo di un articolo, tralasciandone il contenuto e finendo col condividere sulla propria timeline testi che si conoscono a malapena. Ciò è parte del paradosso storico dell’informazione: il lettore negligente e frettoloso, in genere, accusa il giornalista di adottare espedienti linguistici e moduli d’enfasi a discapito della trasparenza della notizia, ma, nello stesso tempo, dimentica di avere un ruolo attivo nel processo della conoscenza. Per carità, nessuno intende negare l’esistenza dei titoli ‘acchiappalike’. Però, è proprio il caso di dirlo: gli articoli vanno letti. Soprattutto: vanno letti interamente, prima che se ne possa promuovere la tesi.

La questione sembra sconfinare facilmente nella retorica. Eppure, questa volta, riguarda uno tra i più scottanti temi d’attualità: i 4,3 miliardi ai Comuni del provvedimento annunciato dal Presidente del Consiglio Conte il 28 marzo scorso.

Poche ore dopo, la maggior parte dei giornali ha – legittimamente – titolato così: “4,3 miliardi ai Comuni”. Il titolo non fa una piega, come si suol dire, ma molti sindaci sono stati messi in crisi dalle richieste dei cittadini, tanto da dover correre ai ripari con comunicati stampa e post su Facebook a scopo di chiarimento.

La verità non sta solo nel titolo. Sì, è vero, si tratta di un’azione redistributiva da parte dello Stato, ma rientra in una anticipazione di ciò che spetta agli enti locali in termini di liquidità per l’amministrazione ordinaria. In verità, Conte lo ha pure detto chiaramente. In altri termini, tale anticipazione fa parte del Fondo di Solidarietà Comunale, che non può essere trasformato in aiuti diretti, come è stato invece auspicato da molti cittadini. Leggendo fino in fondo i contributi, si sarebbe capito. La somma che, diversamente, è destinata agli aiuti diretti è molto più bassa: 400 milioni, com’è noto, che, suddivisi tra i quasi 8.000 Comuni, naturalmente si riducono e sono da stimarsi col criterio di perequazione; la qual cosa – si badi bene! – è scritta non già a scopo di contestazione, bensì per trasparenza e correttezza.

Il Fondo di Solidarietà è un uno strumento concepito secondo criteri di equa ‘distribuzione delle risorse’, alimentato da quella quota di gettito IMU e TASI[1] che spetta ai Comuni stessi. Consultando il Servizio Studi della Camera dei Deputati, scopriamo che, nell’ambito della Legge di Bilancio del 2020, il Fondo ha una dotazione di 6,5 miliardi per il 2020 (6,1 – più integrazione dai rapporti finanziari dei Comuni – nel DPCM del 28 marzo), 6,6 per il 2021 e 6,7 per il 2022.

Fonte: Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Relazione per la Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo Fiscale

Fonte: Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Relazione per la Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo Fiscale

È noto a tutti che le entrate dello Stato provengono dal gettito fiscale: imposte e tasse, per dirla in modo semplice e diretto. A tal proposito, nel tentativo di semplificare questo rapporto di equilibrio finanziario-fiscale tra Stato ed Enti Locali, è opportuno dire che, in seguito al riordino della tassazione immobiliare disposto con la 147/2013, come si legge nel succitato documento del 17 marzo scorso a cura della Camera dei Deputati, l’intero gettito IMU è stato assegnato ai Comuni “ad esclusione di quello derivante dagli immobili a uso produttivo”. La Legge summenzionata, in pratica, ha istituito la cosiddetta Imposta Unica Comunale, ovverosia quell’imposta del nostro sistema tributario che siamo abituati a riconoscere attraverso le sue componenti: IMU, TASI e TARI. Nel 2016, tuttavia, sono state apportate delle modifiche decisive, la più importante delle quali è sicuramente l’esenzione della TASI per l’abitazione principale. Tale esenzione, come si può immaginare, ha sottratto gettito e, di conseguenza, soldi – per dirla in parole povere – ai Comuni, cosicché sono stati rivisti i criteri di assegnazione dei Fondi e, con la Legge di Bilancio 2017, è stata addirittura rimodulata la disciplina stessa del Fondo di Solidarietà, con riferimento alla precedente quota ristorativa (“a ristoro del minor gettito”). Quest’ultima è stata ridefinita attraverso una funzione perequativo-compensativa (“basati sulla differenza tra capacità fiscali e bisogni standard”).

Dunque, è bene ribadire che i 4,3 miliardi sarebbero arrivati ugualmente ai Comuni, sono solo stati anticipati. Il testo del DPCM, in tal senso, non dà adito a equivoci: “Il riparto della quota del Fondo di solidarietà comunale spettante per l’anno 2020 ai comuni delle regioni a statuto ordinario è effettuato prendendo come valore di riferimento per ciascun comune il valore del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2019, come definito ai sensi dell’art. 1, comma 921, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”.

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Di fatto, non si può fare a meno di sottolineare che la vera e propria attività legislativa è preesistente; la qual cosa non costituisce affatto un giudizio negativo nei confronti del Presidente Conte e del Governo né svilisce le misure adottate. Nello stesso tempo, appare indecoroso accusare Conte di ambiguità perché il contesto entro il quale sono state formulate certe dichiarazioni presenta una complessità ineludibile: nel quadro della comunicazione pubblica quotidiana sui disagi socio-economici causati dalla pandemia, un Presidente del Consiglio, pur rispondendo spesso alle sollecitazioni dei giornalisti, non ha molto agio di illustrare chiaramente il significato di un Fondo di Solidarietà Comunale, il relativo rapporto fiscale tra Stato ed Enti Locali e il conseguente criterio di riparto.

Semmai, sarebbe il caso di cominciare a riflettere su un altro elemento, che finora è stato trattato con sufficienza e, forse, anche ignorato: la comunicazione pubblica è anch’essa una ‘scienza’, richiede studio, applicazione e dev’essere affidata ai professionisti del settore. In conclusione, da una parte, il destinatario della notizia, in specie in un periodo di così alta tensione, non può mostrarsi rinunciatario e pigro, inseguendo titoli e spettacolo, dal momento che la democrazia non ammette spettatori passivi; dall’altra, il mittente istituzionale non può non sapere che il linguaggio modifica la percezione della realtà.

Twitter @FscoMer

Sito francescomercadante.it

[1] “Con riferimento all’incremento della dotazione del fondo di solidarietà 2016, si rappresenta che con la legge n. 208 del 2015 (Legge di Stabilità 2016 ), per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, è stato effettuato, in particolare, il ristoro del minor gettito derivante dalle esenzioni agevolazioni IMU/TASI” – Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Relazione per la Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo Fiscale.