Effetto Covid-19, verso mafie nuove e sempre più globalizzate?

scritto da il 21 Aprile 2020

Post di Diego Bolchini, analista, collaboratore dello IAI e docente di analisi delle informazioni per la sicurezza presso l’Università di Firenze in sinergia con la Presidenza del Consiglio dei Ministri –

Si è a più riprese richiamata la necessità – dopo le traversie ribassiste di Piazza Affari e il depauperamento di capitale di aziende strategiche nazionali quotate in Borsa – di difendere gli asset del Paese da eventuali azioni “ostili” provenienti dall’estero. Il punto di osservazione è stato prevalentemente “esterno”, guardando ad attori statuali stranieri. Ma non meno importante è guardare anche all’interno e al ruolo potenzialmente più attivo della criminalità organizzata in tempi di accentuata sofferenza economica-finanziaria.

Esiste un bellissimo quadro surrealista datato 1936 dipinto dall’artista René Magritte intitolato “Chiaroveggenza” (qui sotto riportato). In esso si prefigura lo sviluppo potenziale di un uovo adagiato su un tavolo, con premonizione sul futuro degli eventi. Oggi, fuori di metafora pittorica, un focus selettivo di attenzione andrà rivolto a specifici settori delle piccole e medie imprese (nazionali e non) che potrebbero essere nuovo centro di pressione e gravitazione per le criminalità organizzate in relazione a canali di liquidità “tossica”. Si pensi nello specifico a molteplici settori dell’artigianato, ristorazione, alla moda, al design e all’arredamento, solo per fare alcuni esempi, per come già evidenziato dalle pagine del Sole 24 Ore a fine marzo.

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Questi settori sono tutte tessere di un paesaggio e di un mosaico imprenditoriale fatto di alberi anche di piccola statura, che una visione troppo “strategica” e di insieme della foresta rischia di non riuscire a tutelare in completa sicurezza. Alberi che nella loro massa aggregata costituiscono un muscolo economico importante del Paese, irrorato da migliaia di micro, piccole e medie imprese.

Se dunque la Consob vigilerà su azioni speculative o aggressive su asset di controllo di livello strategico, e la formula del golden power vigilerà ex post, considerando l’ampliamento degli ambiti di intervento previsti dal Regolamento europeo nr. 452/2019, come estendere ulteriormente il perimetro di sicurezza nazionale a settori con minore visibilità ed impatto ma dallo spessore cumulato non certo irrilevante?

Lo scudo va in questo senso non solo “rafforzato” nella sua magnitudine finanziaria complessiva, ma anche opportunamente “inclinato” rispetto ad altre traiettorie balistiche potenzialmente offensive (es. money laundering – ovvero “pulitura” di ricchezze illecite esistenti e rinnovata pericolosità/invasività sociale del fenomeno dell’usura imprenditoriale). Detto in altri termini, non ci sono alla finestra solo investimenti diretti esteri (Ide) da scriminare. Ma anche insidiosi e opachi “investimenti criminali” endogeni, attraverso ingenti disponibilità economiche delle consorterie criminali eventualmente pronti per un uso al dettaglio “carsico”. Laddove il concetto di cash intensity rimane un fattore chiave, come già ricordato da uno studio del 2018 ad opera di Transcrime – Università Cattolica del Sacro Cuore.

Tutto ciò richiederà un esame congiunto di minacce e vulnerabilità potenziali ed un rinnovato focus info-investigativo specie in aree geografiche storicamente caratterizzate. Ma non solo. La cifra di azione dovrà essere quella una vocazione per il futuribile. Per una valutazione “prognostica”, e non meramente situazionale, andrà inoltre scandagliato quali attori informali tenteranno di far parte di realtà geografiche sinora immuni (o ritenute tali) dal contagio di gruppi delinquenziali e della loro forza economica, inter-connettendo diversi aspetti conoscitivi. Il rischio nel breve periodo è che singoli attori delinquenziali cerchino punti di ingresso e un posizionamento competitivo sui territori nuovi ed inesplorati. Questo a fronte e prima dell’entrata a regime di un potenzialmente importante sistema di difesa e di ossigenazione economica complessiva predisposta dallo Stato, per come annunciato dalla conferenza stampa del presidente del Consiglio dei Ministri del 6 aprile.

Nell’ampio orizzonte di più lungo termine, lo Stato dovrà necessariamente vincere. Contro ogni richiamo a quella che l’ex Consigliere di Stato Nicolò Pollari in un suo testo professionale di venti anni fa descriveva quale possibile etimologia della parola mafia: la forza della protezione illecita (da termine arabo mù-afah, composto dalla radice mu-vigore, e dal verbo afa- proteggere).

Una chiosa sia concessa rispetto alle conseguenze pratico-operative che si hanno adottando questo prisma di lettura: “The Italian mafia is waiting to spend EU aid for the coronavirus emergency?” o vale invece piuttosto il contrario? Ovvero: che eventuali nuovi punti di infiltrazione attendono proprio un vacuum di liquidità e credito, rovesciando quindi in termini di logicità (e di causa-effetto) la prospettiva adottata dal quotidiano conservatore Die Welt?
Una visione quest’ultima che appare biased nella sostanza del ragionamento, tradendo forse quella qualità giornalistica aspirata nel 1946. Allorquando il quotidiano tedesco fu fondato guardando al modello britannico di The Times. Good Save the Queen. Dio salvi la Regina. E i caratteri Times New Roman ben digitati.

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Guardando proprio oltremanica, un richiamo va fatto anche ad un articolo del Guardian del 10 aprile laddove si afferma che le organizzazioni criminali starebbero guadagnando influenza e consenso locale in alcune aree attraverso la distribuzione di cibo. Meccanica di azione peraltro non nuova nel mondo: il gruppo libanese Hezbollah, perennemente in bilico tra integrazione politica e lotta armata, ha usato simili approcci orientati al welfare nelle comunità sciite del Sud del Paese dei Cedri. La Yakuza giapponese ha pubblicamente aiutato la popolazione dopo i disastri naturali e i terremoti del 1995 e del 2011. I cartelli del narcotraffico messicano e colombiano hanno usato leve analoghe in Sud America.

Oggi, alla data di aprile 2020, siamo forse alla vigilia di una trasformazione del business model nella maggior parte delle “mafie” internazionali e della loro mobilità funzionale. Appare dunque necessario rivalutare e analizzare i nuovi impatti economici mafiosi, la loro epifanìa e fisionomia in un ambiente economico ancora fatto di catene globali del valore e ove si osserva un trilemma tra politica internazionale, fragili (ma ancora interconnesse) economie e società indebolite.
Ampliando i termini del discorso su scala globale, occorrono nuovi outlook econometrici dalla Russia ai Balcani, dalle mafie corso-marsigliesi alle triadi cinesi, dalle mafie turche a quelle nigeriane. Laddove il celebre economista Milton Friedman avrebbe forse coniato il termine “Mafia Helicopter Money” per descrivere i rischi, oggi, di circuiti alternativi di cash flow ed in ordine a nuove e pericolose micro-fondazioni socio-economiche.

La stessa relazione del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, data alle stampe nel febbraio 2020 appariva, abbastanza puntuale su certe propensioni operative criminali, già in atto prima dell’emergenza COVID. Si parla infatti nella relazione di “evidenze relative a inquinamento di circuiti economici” e “movimentazione e reimpiego di denaro di provenienza delittuosa” (pag. 69 della relazione). Nello specifico, a livello nazionale si legge come Cosa nostra “ha continuato ad esprimere un protagonismo affaristico-criminale in un ampio novero di business…ma anche la tendenza a ricercare nuove opportunità di affari al di fuori dei territori di matrice e ad infiltrare il tessuto economico attraverso l’acquisizione di aziende in difficoltà” (pag. 70).

Guardando all’estero, le formazioni criminali balcaniche e russofone evidenziavano invece alte capacità di “riciclaggio e reinvestimento dei proventi accumulati” (pag. 72) mentre la criminalità organizzata cinese veniva descritta mostrare “pratiche di riciclaggio (anche mediante l’acquisizione di attività commerciali in diverse aree del territorio nazionale) e la costituzione di articolati reticoli societari attraverso i quali giustificare consistenti movimentazioni finanziarie” (pag 73).

Quali saranno allora gli inediti ambiti di agibilità offerti oggi e domani al tempo del COVID? Se le organizzazioni criminali internazionali erano descritte essere già forti nel lontano e – diremmo con gli occhi di oggi – quasi “arcadico” anno 2013, oggi la massa della finanza illecita e delle organizzazioni internazionali che la gestiscono appare realmente vasta e potenzialmente porosa a controlli puntuali. Tanto maggiore la crisi finanziaria globale, tanto maggiore sarà allora la possibilità delle consorterie di trasferire e “lavare” i fondi.

Le organizzazioni complesse come quelle mafiose sono inoltre sistemi “socio-tecnici” e ed il loro comportamento organizzativo può essere osservato in senso multifattoriale, dal punto di vista funzionale, sociologico e sociale. E una nuova organizzazione manageriale mafiosa vorrà forse indirizzare, coordinare e spingere i comportamenti delle strutture e degli affiliati verso nuovi risultati attesi, guardando a diversi numeri di return of investment e a differenti controlli di gestione e piani strategici.

Le domande sono enormi. Vigerà forse una nuova interdipendenza tra i membri e le diverse organizzazioni mafiose, orientate ad obiettivi comuni, in alleanza tattica e non strategica tra di loro? Il COVID rappresenterà cosa esattamente per il ciclo di vita delle organizzazioni criminali? Verso che equilibri organizzativi criminali stiamo andando? Il modello delle cinque forze competitive (c.d. analisi delle cinque forze di Porter) quanto ancora è uno strumento utile a decifrare l’auto-percezione di queste particolari “imprese”, le mafie, per valutare la propria posizione competitiva, tra concorrenti diretti, fornitori, clienti, potenziali entranti e produttori di beni sostituitivi?