Dieci cose da fare per rianimare il business delle convention

scritto da il 02 Giugno 2020

Post di Luana Montesano, responsabile marketing, comunicazione e customer experience di IWBank Private Investments e corsista dell’ Executive MBA Ticinensis-EMBAT presso l’Università di Pavia –

Fino a qualche mese gli eventi affollavano le nostre agende: spettacoli, concerti, festival, dibattiti, meeting con i colleghi, etc. Come è ben noto a tutti, l’emergenza Covid-19 da questo punto di vista ha stravolto tutto, fra cancellazioni e tentativi maldestri di trasposizione in digitale.
Vi è però un ambito specifico di cui si parla poco: gli eventi aziendali, ossia incontri organizzati dall’impresa stessa – spesso fra i propri dipendenti, ma non di rado aperti a terze parti – uno strumento potente per creare un clima organizzativo collaborativo, nonché per generare occasioni di networking e stimolare la creatività. Diverse aziende hanno investito molto per sviluppare competenze e strutture ad hoc, con il fine di stupire dipendenti e clienti.

Ed ora? Cambia tutto, per chissà quanto, in un comparto davvero interessante come numeri. Secondo Oxford Economics e Istituto AstraRicerche/ADC Group circa 1 milione di piccoli e grandi eventi producono 65,5 miliardi di Euro di fatturato in Italia. Non male. Un settore più rilevante di quanto non si pensi, che occupa 569 mila addetti, che coinvolge 56,4 milioni di partecipanti garantendo la sopravvivenza di moltissimi alberghi. Dall’ultimo aggiornamento della ricerca (presentata il 15 aprile 2020) dall’inizio della crisi a oggi è stato cancellato il 30% degli eventi, rinviato il 14% e il 21,5% è a rischio cancellazione/rinvio. Ma se si ripartisse da fine settembre il 74% perderebbe almeno il 50% del fatturato e il 59,4% ne perderebbe due terzi. Un altro dato interessante, in controtendenza rispetto alla fase 1 dell’indagine, è che la compattezza sul «è giusto non fare eventi» è ora meno forte: quelli ‘molto d’accordo’ (su 300 intervistati) passano dall’88.7% al 62.6%. Un altro fenomeno in evoluzione è lo spostamento verso gli eventi digitali, è cresciuta la percentuale di chi li usa e li ritiene utili (dall’11,8% al 15,3%) così come quella di chi li usa anche se non sono rilevanti economicamente (dal 33,7% al 48,3%).

Il problema è proprio questo: la tentazione è quella di ripensare gli eventi aziendali in digitale, ma siamo sicuri sia una buona idea? Parliamo di situazioni – ammettiamolo – spesso espressamente pensate per favorire networking e socialità. Chi più è connesso, più ha desiderio di conoscere e di stabilire un contatto personale. Poiché passerà un po’ di tempo prima che si possa ripartire con eventi aziendali così come li abbiamo conosciuti fino ad ora, ci si chiede se esistano alternative valide che facciano leva sulle tecnologie digitali.
Le abitudini e i processi consolidati dovranno per forza modificarsi in funzione della rapidità di adattamento, di ciascun brand, al cambiamento. Questo si rifletterà nella capacità di preservare la propria visibilità, reputazione e visual identity, con strategie e soluzioni differenti. Per comunicare efficacemente negli eventi aziendali digitali, ora, bisogna quindi creare format innovativi, dove non basta “passare al digitale”.

Facciamo qualche esempio. L’Intelligenza Artificiale e l’Internet of Things, si integrano alle strategie di allestimento multimediale e di comunicazione digitale, creando ambienti fisici intelligenti e coinvolgenti. La realtà virtuale e la realtà aumentata offrono soluzioni di valore per i clienti, rilevanti per le aziende e sostenibili economicamente nella sostituzione, o integrazione, di eventi, showroom, demo di visite esplorative di luoghi, spazi e/o oggetti e presentazioni di persona. L’impatto e l’utilizzo di questo tipo di tecnologia va oltre l’aspetto scenico ed empatico generando nuove esperienze per gli spettatori e introducendo nuovi asset e soluzioni per le aziende e gli organizzatori, integrandosi perfettamente con l’architettura aziendale e consentendo anche di relazionarli al normale processo di inserimento di un eventuale ordine di acquisto. Altri aspetti importanti potranno riguardare la rappresentazione digitale di prodotti in 3D per agevolarne la visualizzazione e la creazione di marketing stories coinvolgenti. Nelle esperienze progettate in ottica “onlife”, ovvero a tutto quello che è ordinato, chiesto e fruito online, si crea una circolarità perfetta tra i diversi contesti d’interazione: da qualunque punto inizi l’esperienza, questa può proseguire in altri punti senza fratture o frizioni. Questo genera non solo percorsi emozionali per il pubblico, ma aiuta anche gli organizzatori a misurarne i comportamenti e a rendere scalabili i prodotti culturali. Eventi onlife sono infatti accessibili anche da chi è distante e possono essere fruiti ripetutamente, anche in modalità personalizzata.

In altre parole, la tecnologia diventa una leva fondamentale, purché a monte si riveda il concept, facendo ‘pivoting’ su un approccio comunque emozionale ed esperienziale. Come si può tradurre tutto ciò in azioni concrete per rianimare il business delle convention aziendali?

Ecco dieci semplici azioni ricavate dalla mia esperienza specifica su questo tipo di eventi, e che stiamo testando con successo:

1. Scegliere una piattaforma assegnando priorità ad una interfaccia che agevoli la user experience.

2. Creare “esperienze”, non noiosi webinar costruiti attorno a prodotti e servizi.

3. Creare engagement prevedendo tassativamente anche interazioni tra le persone.

4. Raccontare un percorso: cosa sarà possibile vedere, con chi si potrà interagire, dove ci porterà il viaggio.

5. Creare community tra i partecipanti, cominciando prima dell’evento e continuando dopo di esso. Per attivare uno scambio di idee e aggiornare gli utenti, richiedere feedback, poter veder crescere il proprio network.

6. Aggiungere un’esperienza da condividere con tutti gli ospiti, ad esempio lunch box degustativi con servizio di delivery o utilizzando la realtà aumentata.

7. Progettare in modo maniacale durata delle sessioni e scaletta, evitando lunghe maratone, affinché la soglia di attenzione resti alta (online è sempre più bassa).

8. Provare format colloquiali con più persone che parlano tra loro. Una varietà di relatori rende la discussione più coinvolgente.

9. Attenzione ai dettagli nelle inquadrature: ad esempio, se la telecamera inquadra solo uno spazio di un metro per un metro, gli elementi scenografici di ciò che si trova in quell’area è molto importante.

10. Garantire che il contenuto sia accessibile agli ospiti con disabilità visive e uditive, soprattutto se ci si rivolge ad un pubblico globale, prevedere servizi di traduzione per i sottotitoli.

A titolo esemplificativo, sotto trovate anche alcune immagini dallo shooting di un evento curato dalla sottoscritta, dove abbiamo creato situazioni “impossibili” trasformando un problema in una opportunità, per renderlo ancora più d’impatto e ricco di emozioni.

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Alcuni ritengono che la pandemia del coronavirus può essere paragonata ad un enorme stress-test per società e organizzazioni perché ha evidenziato ciò che è solido e resiliente e ha fatto emergere quello che, invece, era fragile e si è rotto. Quando è scoppiata l’emergenza, tra salvaguardare l’economia o la vita umana, tutto il mondo ha scelto quest’ultima, fermando fabbriche, uffici, intere città e nazioni. Questo potrebbe cambiare molte cose da qui in avanti, tra cui il modo in cui vengono prese le decisioni in funzione dei nuovi valori fondanti di sostenibilità e responsabilità sociale, che difficilmente si riproporranno di riparare quello che è andato in pezzi, ma piuttosto di costruire una nuova versione della normalità in un mondo più consapevolmente digitalizzato. Così, anche il mondo dell’organizzazione degli eventi dovrà impostare un nuovo trade-off tra l’esperienza più coinvolgente ed emozionante del live e la sensazione di poter essere ovunque, e comunque, del digitale.