Perché il nostro portafoglio ha bisogno di una buona dose di volatilità?

scritto da il 16 Giugno 2020

Dal primo crollo di marzo, sono passati tre mesi. Se guardiamo al grafico in basso della S&P500 possiamo vedere che a febbraio l’indice aveva toccato i massimi storici prima di un pull back. La vera bastonata è arrivata con il COVID19. Non si era mai visto un crollo del genere nemmeno durante la Grande Depressione. Da allora sono cominciate le bancarotte specialmente nei settori ciclici come il turismo, settori che storicamente vengono impattati di più in una recessione perché non offrono beni necessari. L’economia reale ha visto un aumento della disoccupazione senza precedenti, dovuta soprattutto al lockdown.

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Da investitore fondamentale, il crollo di marzo mi è sembrato spaventoso. Non perché imprevedibile, ma per la sua velocità. In passato avevo parlato della bolla del debito. Altri fattori come l’esorbitanza dei partecipanti, le valutazioni aziendali e il crollo dei profitti, mostravano chiaramente l’inizio della fine del ciclo economico e del credito. Dopo il crollo di marzo come credo chiunque investa guardando ai fondamentali, mi aspettavo un riallineamento dell’economia reale con il mercato. Un evento che gli investitori fondamentali aspettano da circa dieci anni. L’allineamento non c’è stato. Anzi il mercato dopo il crollo è tornato a salire recuperando tutto il terreno perso. È stato una sorpresa anche per investitori storici come Warren Buffett e Stanley Druckenmiller che a marzo suggerivano di proteggere il capitale. In realtà, se compravi al crollo di marzo, avresti recuperato tutte le tue perdite. In quest’articolo spiegherò come un risparmiatore può guardare alla volatilità come protezione del suo portafoglio.

Perché le obbligazioni non possono essere l’unica protezione per il nostro portafoglio?

Questa crisi, il lockdown ed il COVID19 hanno segnato un punto di svolta per gli asset manager e per i risparmiatori. La strategia più conosciuta è la 60/40. Secondo la quale il 60% del portafoglio è investito in azioni e il rimanente 40% in obbligazioni. Storicamente questa distribuzione anche se non perfetta perché non tiene in considerazione la volatilità e rischio degli asset, ha avuto buoni ritorni. In pratica, le azioni aiutano a capitalizzare a lungo termine perché sono più volatili e in un’espansione crescono di più, mentre le obbligazioni aiutano a proteggere il capitale in una fase di recessione offrendogli uno yield. Lo yield è il risultato del coupon pagato dal governo (nel caso di BoT e Treasuries) e direttamente correlato ai tassi d’interesse.

Questa strategia sembra arrivata al capolinea. La causa è l’abbassamento dei tassi d’interesse a breve termine da parte della Federal Reserve. Ora se lo yield sull’obbligazione scende a 0% perché i tassi sono scesi a 0%, un portafoglio 60/40 ha solo l’apprezzamento del capitale come ritorno futuro.

Inoltre il prezzo delle obbligazioni governative è ormai così alto che difficilmente potrà continuare a salire e proteggerci nella prossima crisi. Come ben sapete yield e prezzo in un obbligazione hanno l’effetto opposto. Se sale lo yield scende il prezzo e viceversa. Quindi per vedere un aumento del prezzo, visto che il tasso d’interesse è a zero, dovremmo vedere i tassi andare in territorio negativo, il che negli USA è una cosa che la Federal Reserve e il suo presidente Jerome Powell hanno categoricamente escluso, almeno per ora. Questo è un problema per i Boomers che hanno perso l’abilità di copertura, ma anche per i Millennials. Per chi sta cominciando ora, investire in un 60/40 ha una propensione maggiore al rischio.

Per i Boomers è un problema particolarmente serio perché la porzione del loro portafoglio in obbligazioni non gli offre una rendita, che storicamente è stata la parte del portafoglio che pagava la pensione mensile. Questa situazione costringe i risparmiatori a dover investire più aggressivamente in azioni, sperando che il capitale continui ad apprezzare e ricevendo dividendi. Il che non é una strategia adatta ad un pensionato. Un’alternativa sarebbe quella di usare opzioni per proteggere un crollo del mercato. Ma non sono strategie semplici, e richiedono l’aiuto di un gestore specializzato.

Cerchiamo di analizzare alcune strategie non convenzionali che sotto forma di ETF o Fondi gestiti possono aiutare l’investitore a proteggere il proprio capitale durante un crollo.

Strategie Long Short

Strategie Long Short sono in giro da molti anni. L’obiettivo è quello di andare lunghi o long (comprare) su un asset mentre allo stesso tempo andare corti o short (vendere) su un altro. Anche se è una strategia ben conosciuta, diversi fondi la implementano diversamente. Così mentre alcuni come abbiamo detto vanno long/short un indice o una strategia come growth o value, altri seguono delle strategie quantitative basate su algoritmi. In alcuni casi poi, la quantità della posizione lunga vis a vis quella corta può cambiare. Per esempio, un manager che investe in growth long e value short può decidere di mettere una posizione maggiore (diciamo l’80% del capitale) andando lungo growth e una minore value short (il rimanente 20% del capitale). Altri invece tendono ad avere lo stesso capitale in entrambe le posizioni (market neutral strategy).

Cerchiamo di semplificare. Un manager può comprare aziende che crede siano sottovalutate e vendere aziende sopravvalutate. Se le aziende comprate aumentano di valore e quelle vendute crollano, il manager ottiene risultati positivi per l’investitore. Generalmente, questi fondi usano leva per aumentare i ritorni.

Tail Risk e Long Volatility

Un’altra strategia che ha funzionato molto bene in quest’ultima crisi, è una strategia che va lunga sulla volatilità, o meglio lunga sull’indice VIX. Prima di spiegare come funziona questa strategia cerchiamo di capire che vuol dire volatilità.

La volatilità è la misura dell’intensità delle variazioni subite da un titolo in un determinato periodo. Un indice che ha una volatilità del 5%, ha avuto una variazione del prezzo del 5% in un determinato periodo. Quando il mercato si muove molto come a marzo la volatilità schizza. Negli ultimi anni invece, a parte alcuni periodi specifici, abbiamo visto un mercato con poca volatilità.

Il VIX dalla sua parte è un indice che misura la volatilità. Più precisamente è un indice che proietta la volatilità a 30 giorni. Misura la volatilità dell’indice delle opzioni sull’indice S&P500. Spesso viene definito come il Fear Gauce (Misuratore di paura). In pratica come possiamo vedere dal grafico, il VIX si muove inversamente rispetto all’andamento dello S&P500.

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I gestori usano il VIX in diversi modi. Una delle strategie più efficaci in questa crisi è stata quella di usare strumenti come i futures sul VIX. In pratica, alcuni gestori usano una strategia che investe (va lungo) lo S&P500 e allo stesso tempo va lungo sull’indice VIX. Questi fondi usano degli algoritmi, e comprano il VIX usando futures e leva finanziaria quando il mercato comincia a diventare volatile. Questi fondi rimangono sempre lunghi sullo S&P500, ma beneficiano dell’impennata della volatilità durante i crolli di mercato.

L’ultima strategia è chiamata Tail Risk. In questo caso, il manager usa delle opzioni put sul mercato (out of the money) per proteggere dal crollo dello stesso. In pratica, il manager compra più put quando il mercato è meno volatile e meno quando comincia la volatilità. In un mercato meno volatile le put sono più economiche. Nel breve e medio termine questi fondi tendono comportarsi peggio dell’indice, ma recuperano con gli interessi (se la strategia è implementata correttamente) in periodi di alta volatilità. Quando il mercato crolla, le opzioni che usano leva mostrano ritorni positivi.

Conclusione

Di recente Hertz, azienda di autonoleggio è andata in bancarotta. Sotto la legge americana l’azienda ha presentato istanza per il chapter 11. Questo le da l’opportunità di rifinanziare il proprio debito e restare in business. La cosa incredibile è che dopo la bancarotta molti investitori retail hanno cominciato a comprare le loro azioni. Questo è un fenomeno che abbiamo visto negli ultimi tre mesi, durante i quali molti investitori retail hanno preso posizione in aziende in bancarotta o quasi. Quello che nel mondo dell’investimento verrebbe definito una special situation. Questo è anche un fenomeno tipico di un mercato che ha raggiunto l’apice del ciclo economico. In questa fase si cominciano a vedere gli investitori meno esperti prendere rischi considerevoli senza pensare al rischio e alla protezione. Negli States ci sono testimonianze di risparmiatori che hanno usato il sussidio statale per comprare le azioni di Hertz, ripeto azienda in bancarotta. In questo scenario, un risparmiatore deve pensare alla protezione di capitale invece che al guadagno. Perché per capitalizzare a lungo termine, la protezione del capitale viene prima del guadagno. Con le obbligazioni ai livelli attuali, siamo costretti a guardare a diverse opzioni per proteggerci. La volatilità viene spesso evitata quando si costruisce un portafoglio. La verità sta all’opposto, come dimostrato anche a marzo: un portafoglio bilanciato oggi più che mai ha bisogno di una buona dose di volatilità.

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