La nuova catastrofe è più vicina di quanto si pensi, ecco come evitarla

scritto da il 01 Luglio 2020

La pandemia da Covid-19 ha messo in evidenza il tema principale di fondo: non investiamo sufficientemente risorse in risk management. Questo è il principale messaggio emerso il 24 giugno in occasione dall’annuale meeting del Global Risk Forum (GRF 2020) in Italia organizzato da Business International e Fiera Milano.

Gli approccicompliance based”, ampiamente superati in questo contesto, storicamente consideravano la gestione del rischio come la ricerca di una “sicurezza sulla carta” non lasciando spazio, purtroppo, all’intrinseca natura del risk management: quella strategica tramite la quale crea valore per le aziende e le istituzioni che la implementano.

Ci sono alcuni aspetti che risultano tutt’ora non sufficientemente colti ed analizzati. Partiamo da una prima evidenza: la pandemia ci ha trovato impreparati, principalmente perché si tende a considerare eventi estremi, chiamati in maniera statistica “six-sigma” o più giornalisticamente “cigni neri”, talmente improbabili da essere ritenuti impossibili. Qui sta l’errore, gli eventi estremi possono succedere.

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Le aziende fronteggiano questi tipi di rischi, il cui impatto principale riguarda la capacità dell’impresa di continuare la propria attività, con piani così detti di “business continuity”. In realtà, sotto questo aspetto, come mostra l’ultima survey di ANRA presentata da Alessandro De Felice[1] durante il GRF 2020, le società quotate presentano un buon grado di adeguatezza. Dunque?

Il Covid-19 ha messo in luce la debolezza delle tradizionali strategie di risk management, convenzionalmente definite “business-centric”. Purtroppo, anche la più avanzata strategia si è rivelata totalmente inadeguata a mitigare gli impatti di Covid-19 sul business. Questo perché pandemie come Covid-19 rappresentano un rischio sistemico e richiedono una risposta sistemica.

In tal senso i business decision-makers, comprensibilmente, hanno delegato la responsabilità per la preparazione e reazione alle pandemie alle autorità di sanità pubblica. Le difficoltà nel contenere e mitigare gli impatti, si pensi ad esempio alla disponibilità delle strutture di terapia intensiva, non sono dipese da una carenza di dedizione o di “expertise” tra gli operatori sanitari ma piuttosto da una cronica mancanza di priorità nelle scelte politiche di budget che fossero in grado di offrire prontezza di risposta alle pandemie.

Certamente l’essere preparati comporta dei costi. Dalle stime recentemente pubblicate su un paper accademico (si veda tabella seguente) emerge un dato interessante: globalmente il costo necessario per essere preparati ad una pandemia come Covid-19 ammonterebbe ad una cifra tra 1 e 2 dollari per persona.

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Tale livello appare irrisorio se confrontato con gli enormi costi della crisi ancora in corso.

Ecco la proposta

Il business ha bisogno di una maggiore azione di “advocacy”.

La business community dovrebbe assumere il ruolo di forte sostenitore dell’adozione di policy e di decisioni sulle politiche di bilancio, anche a livello internazionale, per assicurare che non prevalgano logiche elettorali di breve periodo ma un approccio risk-based con un più ampio orizzonte temporale in grado di garantire la prontezza necessaria. In questo, l’esperienza Covid-19 rappresenta un forte segnale per il business che deve essere consapevole che ha un interesse legittimo che l’approccio di risk management sia adottato anche per i rischi sistemici.

I rischi di una nuova catastrofe sono reali e possono riguardare sia il rischio del contagio di ritorno da Covid-19 sia i rischi estremi (sistemici) di altra natura, ad esempio quelli connessi al climate change, ma soprattutto sappiamo che per evitarli bisogna (semplicemente) essere preparati.

Alcuni governi nazionali si sono già mossi in questa direzione. Un esempio riguarda la Finlandia con un “Committee for the Future”, una sorta di think tank a livello parlamentare per individuare le principali priorità di medio-lungo periodo e offrire supporto consulenziale all’attività legislativa.

Quello che serve è un “Centro Strategico per il Futuro” che aiuti le persone a pensare al futuro ed agli scenari possibili, non per fare previsioni ma per una maggiore comprensione degli aspetti di rischio e poter consentire che tali conoscenze siano considerate nelle policy.

Twitter: @pasqualemerella

 

[1] Chief Risk Officer di Prysmian Group SpA e Presidente di ANRA (Associazione Nazionale dei Risk Manager Assicurativi)