Alcuni legittimi dubbi sul bisogno di una moneta digitale pubblica

scritto da il 13 Luglio 2020

Gli autori di questo post sono Luciano Somoza e Tammaro Terracciano, entrambi PhD candidate presso lo Swiss Finance Institute (Losanna e Ginevra) – 

L’epidemia di COVID-19 sta accelerando gli sforzi di molte banche centrali per il lancio di valute digitali pubbliche, le cosiddette Central Bank Digital Currencies (CBDCs). La banca centrale cinese è già in fase di sperimentazione avanzata, mentre molte altre ne stanno studiando la fattibilità o hanno già lanciato progetti pilota [1]. L’introduzione di una CBDC non è semplicemente un aggiornamento tecnologico, ma un vero e proprio evento storico che potrà avere profondi effetti economico-sociali. Per questo motivo è importante che il dibattito sulle CBDCs non coinvolga esclusivamente economisti e informatici.

Moneta pubblica e privata
La moneta, sia pubblica che privata, è una forma di credito-debito, dove chi ne detiene un’unità è creditore dell’istituzione che l’ha emessa. La moneta pubblica è emessa dalla banca centrale e può essere fisica, come le banconote e le monete, o sotto forma di riserve bancarie, che servono per le operazioni interbancarie. La moneta privata è, semplificando, l’insieme dei depositi presso le banche commerciali. Normalmente, il tasso di cambio tra moneta pubblica e privata è 1, ovvero un euro di deposito bancario è uguale a una moneta da un euro, ma è bene capire che si parla di due oggetti diversi. Quando si paga il pieno di benzina con il bancomat, l’automobilista trasferisce un credito verso la propria banca al benzinaio, che diventa il nuovo creditore della banca. Invece, quando si paga in contanti, il credito è verso la banca centrale.

Questo sistema è frutto di un processo lungo secoli, fatto di bancherotte ed esperimenti falliti. Negli Stati Uniti, durante la cosiddetta era del free banking, l’emissione di moneta fisica era in mano alle banche private, le cui banconote venivano scambiate fra di loro a tassi di cambio diversi. In risposta all’enorme instabilità di quel periodo sono state adottate una serie di riforme, culminate con la fondazione della Federal Reserve nel 1913. Allo stesso modo, l’introduzione di una CBDC ha il potenziale per stravolgere gli equilibri tra la banca centrale e il sistema bancario.

A prima vista non sembra cambiare molto, una CBDC è un credito verso la banca centrale sotto forma o di conto corrente o di token, e può essere utilizzata come mezzo di pagamento al pari delle banconote. Per l’utente non c’è differenza pratica tra il pagare con Postepay, con una Visa o con una CBDC. Tuttavia, l’architettura della CBDC può avere un profondo impatto sul settore bancario e sul ruolo dello stato nell’economia. È dunque importante chiedersi se abbiamo bisogno di una CBDC e, in caso di risposta affermativa, quali obiettivi ci si pone. Dal dibattito tra gli addetti ai lavori emergono quattro macro-argomenti.

Quattro argomenti su cui discutere
Il primo è quello dichiarato dalla banca centrale svedese che vede la CBDC come unica alternativa pubblica alla progressiva sparizione del contante. Infatti, in caso di collasso del sistema bancario, una CBDC permetterebbe ai cittadini di detenere un asset liquido e senza rischio, garantito dalla banca centrale.

Il secondo argomento riguarda l’efficienza del sistema dei pagamenti. La tecnologia alla base delle monete digitali può permettere scambi più rapidi e meno costosi. Il lancio di Libra, la valuta di Facebook, ha preoccupato molto le istituzioni, che temono una fuga in avanti dei colossi tecnologici. In questo senso, lo stato dovrebbe creare una moneta pubblica digitale per innovare il sistema dei pagamenti e mantenere la sovranità monetaria, evitando che aziende private, come Facebook o Telegram, assumano questo ruolo.

Il terzo argomento riguarda l’efficacia della politica monetaria. Una CBDC aumenterebbe la potenza di fuoco della banca centrale, creando nuovi strumenti di politica monetaria. Oggi la banca centrale si interfaccia unicamente con le banche e con i mercati finanziari, mentre una CBDC le permetterebbe di interfacciarsi direttamente con il cittadino.

Il quarto argomento è più politico, ma non per questo secondario. Una CBDC, in particolar modo nei i paesi non democratici, potrebbe aumentare di molto il controllo dello stato sull’economia. Nello scenario più estremo, la banca centrale potrebbe farsi carico sia della gestione dei depositi, pagando un tasso di interesse maggiore rispetto alle banche commerciali, che dell’erogazione del credito alle imprese, sulla falsa riga della Gosbank sovietica.

Una buona idea?
Evidentemente, questi obiettivi sono molto diversi e ciascuno di essi andrebbe discusso approfonditamente. Perseguire il primo invece che il quarto cambia radicalmente la bontà del progetto e la sua architettura. Di conseguenza, non è scontato che una moneta digitale pubblica sia una buona idea. Le banche centrali hanno poteri e responsabilità che spesso vanno già oltre il loro mandato, e bisogna discutere se è auspicabile espanderli ulteriormente. Se e come procedere è una scelta che dovrebbe essere presa con trasparenza e ampia condivisione, senza delegarla ai tecnici.
Twitter: @TerraccianoTamm | @luciano_somoza
Web: www.tammaroterracciano.com | www.lucianosomoza.com

[1] https://www.wsj.com/articles/china-rolls-out-pilot-test-of-digital-currency-11587385339