Inclusione ed educazione finanziaria: la necessità di un approccio integrato

scritto da il 05 Agosto 2020

Post di Giorgio Mattarella, dottorando di ricerca presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo; dottorando di ricerca in cotutela presso l’Universitat de València – 

Secondo la definizione della Commissione UE, l’esclusione finanziaria consiste nelle difficoltà che incontrano gli individui nell’accesso e nell’utilizzo di prodotti e servizi finanziari, adeguati ai loro bisogni e che gli consentano di condurre uno stile di vita normale (1). Il tema dell’inclusione finanziaria è tornato in auge a seguito dell’interesse di recente manifestato dal legislatore verso tale problematica e dell’emergenza scaturita dalla diffusione del COVID-19.
I sempre maggiori limiti all’uso del contante hanno reso il conto corrente uno strumento essenziale per la vita quotidiana: per effetto della l. 160/2019 (Legge di Stabilità 2020), il limite ai pagamenti in denaro contante (precedentemente fissato, ai sensi dell’art. 49, comma 1, d.lgs. 231/ 2007, ad Euro 3.000) è stato abbassato ad Euro 2.000 dal 1° Luglio 2020, e ad Euro 1.000 dal 1° Gennaio 2022. In mancanza di un conto corrente è impossibile effettuare transazioni diverse da quelle cash – come la ricezione e l’esecuzione di bonifici – e conservare i risparmi in un luogo sicuro. Il possesso di un conto corrente è poi presupposto per usufruire delle misure di assistenza al reddito, come il reddito di emergenza, di cui all’art. 82, d.l. 34/2020, o, per usare la terminologia dell’economista Milton Friedman, di helicopter money, come il contributo a fondo perduto per i lavoratori autonomi di cui all’art. 25 del medesimo decreto: esso, ai sensi del comma 11 dell’art. 25, d.l. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”), è erogato dall’Agenzia delle Entrate mediante accredito in conto corrente bancario o postale intestato al beneficiario.

Deve dunque salutarsi con favore il ddl. n. 1712 presentato in Senato in data 11 Febbraio 2020 che, prevedendo all’art. 1, comma 2, che “La banca non può in alcun caso esimersi dall’apertura di un rapporto di conto corrente”, avrà l’effetto di estendere il diritto al conto, già previsto dal Testo unico bancario per i consumatori, a tutti i clienti delle banche. Del resto l’ordinaria operatività dei professionisti e delle PMI postula l’esecuzione mensile di pagamenti elettronici a dipendenti e fornitori e la ricezione di pagamenti per i beni e i servizi erogati; basti pensare al divieto, di cui all’art. 1, commi 910 e 911, l. 205/2017, per i datori di lavoro di corrispondere la retribuzione del lavoratore in contanti e al già citato abbassamento del limite ai pagamenti in contanti.

L’aumento dell’inclusione finanziaria tuttavia postula un approccio integrato, che miri cioè non solo ad aumentare il numero delle persone che usufruiscano dei servizi bancari, ma altresì a permetterne un utilizzo consapevole ed efficace, ed è qui che entra in gioco l’educazione finanziaria. Dopo avere adottato (in ritardo rispetto ad altri paesi) con l’art. 24-bis della l. 15/2017 una strategia per l’educazione finanziaria, il legislatore ha proposto col ddl 50/2018 l’introduzione di alcune disposizioni aventi ad oggetto l’educazione alla cittadinanza economica, sia dei giovani in età scolare che della popolazione in età adulta (art. 1, ddl. 50/2018); si vuole in particolare sperimentare l’introduzione nei curricula scolastici dell’educazione finanziaria, nell’ambito dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” (art. 2, comma 1, ddl 50/2018).

Tale proposta, anch’essa tardiva rispetto all’importanza del tema, si presenta quanto mai opportuna dato che, come osservato da vari studiosi, l’aumento vertiginoso della complessità dei prodotti finanziari negli ultimi anni non è stato compensato da un adeguato incremento del livello medio di alfabetizzazione finanziaria.

Secondo uno studio del 2018 di Banca d’Italia, effettuato nell’ambito di un progetto dell’OCSE per creare un data set internazionale, la percentuale di italiani con una conoscenza adeguata delle nozioni finanziarie è di circa il 30%, contro il 48% della media dei paesi OCSE; solo il 37% comprende la correlazione tra diversificazione di un portafogli di investimento e diminuzione del rischio e meno del 23% è in grado di calcolare un tasso di interessi semplice (2). Il legislatore sembra avere compreso che l’educazione finanziaria, come segnalato da accademici ed esperti, non può avere effetti immediati su larga scala, cioè su una percentuale rilevante della popolazione; in altri termini, per assistere ad un aumento del livello medio di alfabetizzazione finanziaria occorreranno diversi anni e di conseguenza sembra opportuno inserire l’educazione finanziaria nei curricula scolastici, al fine di formare sin d’ora futuri clienti che saranno in grado di assumere decisioni economiche informate e consapevoli. Il punto critico sarà però quello fornire un’educazione finanziaria aggiornata e non limitata alle nozioni di base: come osservato da accademici, la rapida evoluzione del mercato bancario e finanziario, con prodotti sempre più complessi, rende anacronistico l’uso di programmi o glossari di educazione finanziaria soggetti a rapida obsolescenza (3).

NOTE
(1) European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Equal Opportunities, Financial Services Provision and Prevention of Financial Exclusion, Bruxelles, 2008, p. 1 ss.
(2) A. Di Salvatore, F. Franceschi, A. Neri, F. Zanichelli, Measuring the financial literacy of the adult population: the experience of Banca d’Italia, in Quest. Ec. Fin. (Occasional Papers), 2018, 435, p. 5 ss.
(3) M. T. Paracampo, Il ruolo dell’educazione finanziaria nella recente disciplina del mercato finanziario, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 6, 2011, p. 18.