Il fondo perduto del decreto agosto è affondato con la sanificazione

scritto da il 07 Ottobre 2020

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

Era quasi ferragosto, precisamente il giorno 14, quando in Gazzetta Ufficiale faceva la sua comparsa il Decreto Legge 104/2020, noto ai più come “Decreto Agosto”.

Sulla scia del buon successo del c.d. “fondo perduto”, misura di sostegno introdotta dal Decreto Rilancio, di gran lunga la più apprezzata su larga scala dal mondo dell’impresa alle prese con la pandemia, nel citato Decreto Agosto venivano inseriti due articoli, il n. 58 e il n.59, che intendevano riproporre un contributo similare, specificamente destinato alla filiera della ristorazione ed alle attività economiche nei centri storici, categorie fortemente sofferenti nel nuovo scenario economico venutosi a creare.

In particolare, l’articolo 58 istitutiva un fondo di 600 milioni di euro per l’erogazione di un contributo a fondo perduto rivolto alle imprese esercenti attività di ristorazione, mense e catering, costituite dopo il 1° gennaio 2019, che avessero riscontrato un calo del fatturato di almeno un quarto, mettendo a confronto il quadrimestre marzo – giugno 2020 con l’analogo periodo del 2019. I fondi dovevano essere impiegati per alimentare la filiera agro alimentare, ovvero “per l’acquisto di prodotti, inclusi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche DOP e IGP, valorizzando la materia prima di territorio”.

L’articolo 59, invece, era rivolto agli “esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana” a particolare attrazione turistica straniera, facendo riferimento alle presenze turistiche di cittadini residenti in paesi esteri, individuate in base alle rilevazioni rese disponibili dalle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l’elaborazione di dati statistici. A titolo esemplificativo, parliamo di attività situate nei centri storici di città come Roma, Firenze, Pisa, ecc., caratterizzate da forte presenza di turismo straniero, venuto meno per effetto delle restrizioni alla circolazione dei cittadini imposte dall’emergenza da Covid-19.

La formula per l’erogazione ricalcava in linea di massima i parametri già previsti dal precedente fondo perduto del Decreto Rilancio.

Misure senz’altro apprezzabili, soprattutto considerando che le attività dei centri storici, praticamente rette per intero da una clientela fatta di turisti stranieri, risultano tra le più colpite dalla pandemia. Peccato, tuttavia, che a distanza di giorni e giorni dagli annunci pubblici e dall’apparizione in Gazzetta Ufficiale, non vi sia stato neppure un cenno di “operatività” riferito a queste misure, di fatto inattuabili al momento, vista l’assenza di comunicazione di modi e tempi di fruizione delle stesse. Un’assenza così prolungata, tanto che questo fondo perduto del DL Agosto ce lo eravamo quasi scordato!

La lacuna è resa ancor più evidente dal contrasto con il precedente fondo perduto, introdotto ed erogato in tempi record, con grande vanto dei vari attori che avevano reso possibile ciò. Salvo, però, trascurare anche in quel caso un piccolo particolare: ovvero che, sebbene le prime istanze (la gran parte del totale, per fortuna) siano effettivamente state evase in tempi assai stretti, suscitando in molti anche una certa “sorpresa” (non sembrava possibile che la misura funzionasse proprio come l’avevano annunciata, visti i precedenti…), una diversa sorte hanno avuto le istanze successive, quelle del luglio inoltrato e di agosto, ancora ferme al palo.

C’è un solo elemento che accomuna le due fattispecie, almeno secondo chi scrive: il portafoglio vuoto! In termini più tecnici, l’esaurimento delle risorse stanziate per le varie misure.
Fattore questo che, a ben vedere, è comune anche ad altre fattispecie rientranti nelle misure di sostegno anti-covid. Impossibile non menzionare il caso del bonus sanificazione, anch’esso fortemente sbandierato e poi beffardamente naufragato nel mare della scarsità di fondi messi a disposizione.

Quello che doveva essere un credito d’imposta pari al 60% delle spese affrontate per la sanificazione degli ambienti si è ridotto di oltre un sesto, risultando pari a poco più del 9%, dopo la riparametrazione della misura in base al rapporto tra risorse stanziate e costi sostenuti dalle imprese.

In definitiva, pur essendo comprensibile la difficoltà che sta affrontando chi ci governa; pur ammettendo che il panorama attuale non abbia precedenti nella storia; pur essendo immaginabile che il forziere di risorse a disposizione per fronteggiare l’emergenza non sia capiente quanto il deposito di Zio Paperone; pur volendo accettare e condividere tutto questo, ciò che è inaccettabile e non condivisibile è una strategia comunicativa del genere, fatta di proclami ed annunci che creano aspettative, poi puntualmente disattese.

Oltre che nella comunicazione, l’errore sta nella pianificazione delle misure, in relazione alle risorse disponibili: non ha senso istituire un certo bonus, magari sostanzioso e che faccia gola a molti, per poi stanziare risorse insufficienti e ridimensionarlo del tutto all’atto pratico. O si tratta di cattiva pianificazione o, anche in questo caso, si tratta di una strategia comunicativa (annuncio una grande cosa per accumular consensi, pur sapendo di non poterla mantenere alla prova pratica).

Nell’uno o nell’altro caso, questo modus operandi sa di presa per i fondelli. E veramente non ce n’è bisogno in questo momento.