Appalti, la deresponsabilizzazione e i rischi per NextGeneration Eu

scritto da il 08 Aprile 2021

Post di Dario Immordino, avvocato, dottore di ricerca in diritto interno e comunitario –

Le irregolarità liberalizzate attraverso la deresponsabilizzazione dei dipendenti pubblici rischiano di pregiudicare l’efficiente utilizzo delle ingenti risorse del Pnrr/Next Generation UE e di produrre conseguenze negative a carico della finanza pubblica

Per sfruttare le enormi potenzialità del settore dei lavori pubblici, accelerando i tempi di realizzazione delle opere, nei mesi scorsi è stato approvato e convertito in legge il cosiddetto decreto semplificazioni, che introduce un regime speciale (provvisorio) per l’affidamento degli appalti, incentrato su procedure veloci e affidamenti senza gare formali, numerose e consistenti deroghe alle regole poste a presidio della qualità e dell’economicità degli appalti pubblici, riduzione e semplificazione degli adempimenti e dei controlli interni ed esterni, commissari “modello Genova” (previsti solo per alcune opere), non punibilità della maggior parte degli errori burocratici che causano inefficienze e sprechi di risorse e provocano ingenti danni alle finanze pubbliche.

L’obiettivo di queste regole è alleggerire il contenzioso che paralizza l’aggiudicazione delle gare, semplificare l’articolato reticolo di regole ed adempimenti che ingolfa le procedure degli appalti pubblici, e contrastare la cosiddetta “burocrazia difensiva”, l’atteggiamento inerte di molti funzionari, che rallentano l’iter dei procedimenti di propria competenza con infinite ed ingiustificate richieste di documenti, pareri, adempimenti per timore di incorrere in responsabilità, ed in particolare nella responsabilità erariale, che obbliga chiunque svolga funzioni pubbliche a risarcire gli sprechi di risorse e le condanne al risarcimento danni subite dall’Amministrazione per l’illegittimità dell’azione amministrativa (diniego di finanziamenti, concessioni, autorizzazioni, nulla osta, ritardi ingiustificati, mancata aggiudicazione di gare pubbliche ecc).

In particolare la nuova disciplina prescrive tempi molto ridotti per l’aggiudicazione dei contratti pubblici (da 2 a 6 mesi), amplia la possibilità di aggiudicare gli appalti senza gara, “taglia” numerosi adempimenti e controlli attualmente previsti dal Codice dei contratti, consente alle stazioni appaltanti di procedere all’aggiudicazione delle gare e disciplinare l’esecuzione dei lavori in deroga a ogni disposizione di legge (ad eccezione delle norme penali, della normativa antimafia e dei vincoli europei) e di aggiudicare gli appalti in base al criterio del prezzo più basso anziché del rapporto prezzo-qualità, rende non punibili gli sprechi di risorse pubbliche causati da grave negligenza superficialità, mancanza del livello minimo di prudenza di dipendenti e amministratori pubblici, depotenzia il reato di peculato, ed alleggerisce il controllo dei giudici amministrativi sulla legittimità delle gare pubbliche, introducendo limiti all’annullamento dei contratti dichiarati illegittimi.

Ciò sull’assunto che la tempestività dell’azione amministrativa costituisce un valore supremo, che deve essere conseguito anche a costo di sacrificare una quota di efficienza, trasparenza, economicità dell’azione pubblica.

L’incremento della discrezionalità delle pp.AA. nell’affidamento degli appalti e le deroghe alle regole che impongono di selezionare l’offerta migliore in termini qualitativi e quantitativi, la deresponsabilizzazione di dipendenti ed amministratori pubblici, il depotenziamento del controllo giurisdizionale, però, comportano il rischio concreto di una proliferazione degli sprechi e delle irregolarità, da cui potrebbero discendere notevoli incrementi della spesa pubblica ed una rilevante riduzione dei livelli di qualità delle opere, beni e servizi acquistati dall’Amministrazione: appalti affidati ai concorrenti meno qualificati, acquisti di beni e servizi non necessari o a prezzi notevolmente maggiorati e così via.

Basti pensare che nel caso in cui il Tribunale rilevi che un appalto è stato aggiudicato al concorrente meno qualificato o che ha proposto un’offerta meno conveniente, non può sempre annullarlo automaticamente ed aggiudicare la gara al concorrente che ha formulato la proposta migliore, ma in molti casi è tenuto a limitarsi a condannare l’amministrazione pubblica a un risarcimento del danno a quest’ultimo. Il dipendente che ha aggiudicato irregolarmente l’appalto, causando uno spreco di risorse pubbliche, non risponderà del danno, e la spesa resterà, pertanto, a carico della collettività, anche se è dovuta a palese negligenza del dipendente pubblico.

Non a caso le verifiche dell’Anac hanno evidenziato una vasta gamma di criticità ed irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti durante la fase dell’emergenza sanitaria : comportamenti speculativi e predatori volti allo “sfruttamento” della situazione di urgenza, abnorme lievitazione dei prezzi non riconducibile a motivazioni di ordine strutturale; scostamento nella qualità e quantità dei servizi e delle forniture rispetto alle caratteristiche richieste; prodotti non certificati, retrocessione dell’aggiudicatario dall’offerta, mancata stipula del contratto, mancato avvio o interruzione della fornitura; ritardi rispetto ai termini di consegna; carenza, da parte degli appaltatori, dei requisiti necessari per contrarre con la PA (1).

Questo genere di criticità, peraltro, rischia di pregiudicare l’efficiente utilizzo delle ingenti risorse del Pnrr/Next Generation UE e di produrre conseguenze negative a carico della finanza pubblica.

Le regole del cosiddetto Recovery fund, infatti, prevedono precisi criteri di utilizzo delle somme e impongono garanzie dell’efficiente utilizzo delle risorse, controlli, adeguate forme di sindacato giurisdizionale sulla buona gestione, sanzioni effettive ed efficaci strumenti di responsabilizzazione del personale e degli amministratori coinvolti nell’utilizzo delle risorse.

In particolare gli Stati destinatari delle risorse sono tenuti a garantire sana gestione finanziaria, trasparenza e assunzione di responsabilità; efficienza e semplificazione nella gestione delle risorse; congruità dei costi, sistemi di attuazione dei piani di investimento basati sulla performance; misure “proporzionate” di prevenzione, individuazione, rettifica e indagine di casi di frode, corruzione e conflitti di interessi e, se del caso, sanzioni amministrative; sistemi di controllo interno efficienti in grado di garantire il recupero degli importi indebitamente versati o utilizzati in modo improprio; verifiche regolari sulla corretta erogazione dei finanziamenti, sull’utilizzo delle somme in conformità di tutte le norme applicabili, sull’adozione di tutte le misure per l’attuazione di riforme e progetti di investimento nell’ambito del piano per la ripresa e la resilienza; piena ed effettiva attuazione delle disposizioni del regolamento finanziario UE che prescrivono “un controllo giurisdizionale effettivo” e organizzano il “controllo della responsabilità degli agenti finanziari” (2). La violazione di questi obblighi può comportare la sospensione dei pagamenti o degli impegni di spesa.

I principi e le disposizioni europee evidenziano che, al di là delle specifiche misure bisogna, in generale, realizzare un giusto equilibrio tra tempestività, efficienza ed economicità dei procedimenti amministrativi e degli acquisti pubblici e superare l’approccio in forza del quale per spendere le risorse del cd Recovery Plan è necessario ignorare, o quantomeno sospendere, le regole, i controlli, le sanzioni che garantiscono la sana gestione delle politiche e delle risorse pubbliche e la responsabilizzazione di enti, funzionari e amministratori pubblici.

NOTA METODOLOGICA
1. Cfr ANAC, L’Autorità e l’emergenza Covid-19, Relazione annuale 2019, Roma, 2 luglio 2020
2. REGOLAMENTO (UE) 2021/241 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza