Dove andrà il lavoro del futuro? Oltre il confine dell’azienda

scritto da il 14 Maggio 2021

Post di Emanuele Cacciatore, senior director industry strategy & transformation di Oracle e Nicola Comelli, content share & selection manager presso Phyd –

A metà febbraio di quest’anno, Linkedin ha annunciato i piani per sviluppare una piattaforma proprietaria per incrociare domanda e offerta di lavoro di freelance.

La piattaforma, che forse si chiamerà Marketplace (1), si posiziona come un gig marketplace e similmente a quanto fanno già piattaforme come Upwork e Fiverr, sarà specializzata su posizioni per freelance e lavori da remoto, principalmente in area marketing, consulting, sviluppo software. Microsoft – la parent company di LinkedIn – sta puntando a creare un digital wallet, per offrire ai futuri utenti di Marketplace funzionalità di pagamento integrate.

Il mercato dei freelance è cresciuto considerevolmente durante la pandemia: Upwork e Fiverr, piattaforme di riferimento nel settore, hanno raggiunto un fatturato complessivo di 550 milioni di dollari nel 2020, il 35-40% in più rispetto all’anno precedente.

Negli Stati Uniti i freelancers rappresentano già il 36% della forza-lavoro per un totale di 59 milioni di unità e con trend in aumento costante dal 2014 (2). Secondo le previsioni più accreditate, entro 7 anni rappresenteranno circa il 50% della forza lavoro. La pandemia ha impresso ed imprimerà un’accelerazione considerevole al fenomeno. In un contesto post-pandemico, in cui il lavoro da remoto e decentralizzato diventa prassi comune e diffusa, appare molto plausibile uno scenario in cui le aziende tenderanno a trattenere un nucleo stabile di dipendenti a tempo indeterminato, facendo sempre più frequentemente ricorso a freelance e a contratti a tempo per indirizzare esigenze di acquisizione di competenze specifiche o per far fronte a picchi di domanda.

African American Businessman traveling, working in New York, wea

I moderni bacini di forza-lavoro sono composti, oltre che dai dipendenti, da contractors, fornitori di servizi professionali, sviluppatori software, crowdsourcers, freelance e lavoratori della gig economy. Aggregazioni fluide di forza-lavoro distribuita e composita che attraversa i confini interni ed esterni delle organizzazioni.

L’aumento della varietà, del numero e dell’importanza relativa delle diverse tipologie di forza-lavoro sta diventando un fattore critico nell’esecuzione delle attività di impresa. Secondo una ricerca globale condotta dal MIT e da Deloitte nel 2020, l’87% dei circa 5.100 manager intervistati considera ormai la forza-lavoro sia in termini di dipendenti che di “nondipendenti”.

Un settore caratterizzato da queste dinamiche è ad esempio quello delle utilities che ha storicamente fatto ampio ricorso a forza-lavoro esterna per l’esecuzione delle attività di ispezione, installazione e manutenzione impianti o per la lettura dei contatori. L’incremento atteso nella diffusione dei sistemi di generazione distribuita, porterà verosimilmente ad una crescita della domanda di servizi di assistenza legati alle attività di installazione, manutenzione e riparazione dei piccoli impianti per la generazione distribuita e dei distretti di micro-grids a supporto. La quota di forza-lavoro esterna per la gestione di queste attività sarà preponderante.

Una forza-lavoro dalla composizione cosi variegata pone la questione di come garantire una efficace integrazione tra componenti interne ed esterne affinché vi sia coerenza ed allineamento rispetto agli obiettivi e ai valori dell’organizzazione. Il problema principale risiede però nella persistenza di pratiche manageriali – difficili da scardinare – organizzate intorno al concetto tradizionale di forza-lavoro basata su una visione prevalentemente incentrata sul dipendente e principalmente gerarchica.

Un recente articolo della Sloan Management Review del MIT suggerisce una concettualizzazione di questo fenomeno e delle pratiche manageriali ad esso associate, basata sulla prospettiva dei workforce eco-systems (3). Gli autori dell’articolo definiscono un ecosistema lavorativo “[…] una struttura che consiste di attori inter-dipendenti, interni ed esterni all’organizzazione, che lavorano per raggiungere obiettivi individuali e collettivi”.

Per avere un’idea più precisa di cos’è un workforce eco-system si può immaginare uno schema con l’azienda al centro e inserita in una serie di cerchi concentrici: quelli più interni rappresentano i dipendenti dell’azienda e quelli più esterni i diversi attori che forniscono lavoro a vario titolo. È questo ad esempio il modo in cui WPP, multinazionale nei settori del marketing, delle pubbliche relazioni e delle ricerche di mercato, traccia il suo profilo morfologico; un eco-sistema composto da una forza-lavoro globale di circa centomila unità ma che può arrivare fino a cinquecentomila se si considera il criterio della contribuzione al risultato finale complessivo.

L’adozione della prospettiva degli eco-sistemi lavorativi può fornire risposte efficaci ad alcuni trend in atto.

Maggiore ricorso da parte delle aziende ai lavoratori non-dipendenti
Secondo alcune stime, la quota di lavoro svolta da collaboratori non-dipendenti assorbe circa il 25% della domanda. Le previsioni di molteplici fonti (4) convergono sulle stime di crescita di questa quota, come risultato anche della diffusione delle piattaforme che rendono molto più semplice reclutare forza-lavoro per attività molto specifiche e on demand. Questo trend coincide con un altro fenomeno: la crescita del numero di profili creativi (come gli UX designers) o altamente qualificati (è il caso dei data scientists) che preferiscono lavorare come free-lance su progetti specifici per una o più aziende.

Cambiamenti nella natura del lavoro
La concezione meccanicistica del lavoro, inteso come sequenza di processi ed attività con forte focus sulla prestazione, sta cedendo il posto ad una visione basata su progetti e team e focalizzata su velocità di esecuzione, innovazione, relazioni e risultati. Le job descriptions sono ancorate a sistemi manageriali tradizionali ma non sono applicabili alle diverse tipologie di lavoratori che compongono gli eco-sistemi lavorativi estesi. Le performance review semestrali o annuali, ad esempio, sono applicabili ai dipendenti con lunga permanenza nel ruolo e con percorsi di carriera lineari più o meno prestabiliti. Questi modelli devono confrontarsi con un paradigma del lavoro che si muove in una direzione molto diversa: focalizzazione spinta sulle competenze, attività svolte in team a configurazione variabile, attività non-routinarie, porzioni crescenti di lavoro “delegate” a sistemi di intelligent automation.

Cambiamenti nelle preferenze dei lavoratori
Le priorità dei lavoratori – ed è un fenomeno che riguarda ormai tutte le generazioni di lavoratori – sono cambiate. Significato e scopo (purpose), flessibilità, ed esperienze di lavoro personalizzate sono elementi prioritari rispetto a stabilità e sicurezza. Si inizia inoltre a registrare una tendenza crescente alla sperimentazione di diversi percorsi di carriera e nuovi cicli lavorativi, come ad esempio interrompere temporaneamente la carriera per tornare a formarsi o lavorare oltre i 65 anni. Inoltre, la fedeltà lavorativa, e con essa il tempo medio di permanenza del lavoratore in azienda, si sta riducendo. Il lavoratore “leale” lascia sempre più il posto al “free agent”.

Diversità della forza-lavoro come elemento di accrescimento del valore
Un numero sempre maggiore di filoni di ricerca indicano che una forza-lavoro caratterizzata da maggiore diversità ed inclusività contribuisce a risultati migliori. L’adozione di una logica di eco-sistema lavorativo, specialmente se supportata da piattaforme digitali di collaborazione, può favorire l’attrazione di candidati a cui l’azienda normalmente non avrebbe accesso, inclusi quei candidati geograficamente dispersi o disponibili solo per progetti brevi, connettendo le aziende con lavoratori con caratteristiche diverse in termini di background, etnia, orientamento sessuale, ed abilità professionali.

Aumento della complessità nella gestione della forza-lavoro
Da anni le aziende ricorrono a lavoratori esterni per coprire fabbisogni di capacità in area IT e customer service e per la gesitone di servizi ad alta transazionalità in area HR e Finance. Più di recente il ricorso a forza-lavoro contingente non riguarda più solo i profili di area IT ma anche di aree tradizionalmente di esclusivo dominio interno come marketing e R&D. Le aziende hanno approcci e responsabilità distinti e non integrati per la gestione di dipendenti e ‘non dipendenti’: la gestione dei dipendenti è affidata tipicamente alla responsabilità di HR (risorse umane), la gestione dei non dipendenti è affidata alla responsabilità del Procurement o di altre funzioni aziendali. Alcune aziende più evolute stanno adottando workforce ecosystems che prevedono l’implementazione di sistemi orizzontali che coinvolgono HR, Procurement (acquisti), responsabili di Business Unit, Finance, e altre funzioni.

I trend in atto pongono interrogativi che aprono prospettive inedite: come si sviluppa un set coerente di pratiche per la gestione degli eco-sistemi lavorativi? Come si decide se attrarre e reclutare talenti ed assumerli come dipendenti oppure se accedere alle competenze di cui l’azienda necessita attingendo al suo eco-sistema di riferimento? È nell’abilità di rispondere a questi interrogativi che si misurerà la capacità evolutiva di un’organizzazione.

Twitter @emacacciatore

NOTE

1. Microsoft’s New Gig: A LinkedIn Freelancer Market Rivaling Upwork, Fiverr

2. Upwork

3. E. J. Altman, D. Kiron, J. Schwartz, R. Jones – The Future of Work Is Through Workforce Ecosystems, MIT Sloan Management Review, January 2021

4. J.B. Fuller, M. Raman, J. Palano, et al., Building the On-Demand Workforce, Harvard Business School and Boston Consulting Group, 2020