Letta e i 10mila euro ai giovani. Fine giusto, mezzi sbagliati

scritto da il 09 Giugno 2021

Post di Giorgio Michalopoulos, studente di Economia e collaboratore di Kritica Economica e Osservatorio Globalizzazione –

Ora che il paradigma della moneta come risorsa scarsa è stato ristabilito dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, il dibattito pubblico italiano ha ripreso a stagnarsi su un vecchio approccio alla gestione delle finanze pubbliche. Questa visione considera lo Stato come un’azienda che per sopravvivere deve generare per lo meno un pareggio di bilancio. Da qui la necessità per ogni costo di essere coperto da un ricavo. Ogni spesa addizionale, cioè, va finanziata con un aumento delle tasse.

È il caso della proposta di Enrico Letta, segretario del PD, che ha proposto una tassazione su eredità e patrimoni oltre i 5 milioni di euro per finanziare 10mila euro di dote a circa 280mila giovani italiani all’anno.

Il segretario dem è stato subito liquidato da Mario Draghi – “ora è il momento di dare, non di prendere dai cittadini” – alludendo ad una teoria economica (l’equazione di Barro-Ricardo) secondo la quale i cittadini incorporano nel loro vincolo di bilancio intertemporale le scelte di tassazione dello stato – anticipando ai 10mila euro di oggi maggiori tasse domani – per “ripagare” il debito pubblico.

La proposta è ben poco ispirata dallo spirito di coesione europea, spesso evocato dai membri del Partito Democratico e dal suo segretario Enrico Letta – precedentemente direttore della scuola di Affari Internazionali di Sciences Po – il quale ha ideato un progetto politicamente fallimentare. La storia dei nostri alleati atlantici ce lo dimostra.

La Social Security negli Stati Uniti

Nel suo ultimo libro Il Mito del Deficit Stephanie Kelton apre un capitolo chiedendosi come mai una misura economica di successo come la Social Security – intesa da Roosevelt per proteggere gli statunitensi “dalla culla alla tomba” – che ha tolto milioni di persone dalla povertà, sia così spesso soggetta ad attacchi politici da destra e sinistra. La Kelton ci spiega che l’errore di Roosevelt fu quello di legare il pagamento dei sussidi ad una tassa sui salari per mostrare la capacità di autosostentamento del programma.  Citiamo di seguito un passaggio:

“Fintanto che i suoi obblighi di pagamento sono denominati nella sua moneta il governo federale può sempre permettersi di sostenere questi programmi. Quella che manca non è la capacità finanziaria per far fronte alle spese bensì l’autorità legale per farlo”.

Allo stesso modo la proposta di Enrico Letta può essere riassunta: fine giusto, mezzi sbagliati.

Da marzo 2020, infatti, la BCE ha drasticamente aumentato il programma di acquisto di titoli di Stato, finanziando di fatto il disavanzo pubblico italiano, con tassi di interesse che sono scesi rapidamente. Non è chiaro dunque come mai Letta, convintamente europeista e alla ricerca di una credibilità politica, non abbia proposto un coinvolgimento della BCE in una visione giusta della società di contrasto alle disuguaglianze intergenerazionali. Citiamo di nuovo l’economista statunitense, che è stata consulente economica di Bernie Sanders e ora è nella squadra di Biden:

“Proprio come oggi la BCE sta creando denaro per sostenere gli sforzi nazionali per combattere la pandemia, avrebbe potuto fare lo stesso in passato per aiutare i governi a combattere la disoccupazione e altre piaghe sociali invece di insistere affinché riducessero i loro livelli di deficit pubblico”. 

Ipocrisie Made in EU

È utile qui ricordare che proprio il premier Mario Draghi, da Presidente della BCE durante una conferenza stampa del 2014 a Francoforte, dichiarò che la Banca Centrale non può mai tecnicamente finire i soldi e che ha ampie risorse per far fronte a tutte le emergenze. Lo stesso Draghi nel suo primo discorso di fiducia al Senato ha dichiarato:

“Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa”.

Perché allora Letta non ha fatto leva sulla coesione europea per sostenere convintamente una proposta nobile come quella di conferire ai giovani italiani, cittadini europei, una quota di 10mila euro per renderli potenzialmente indipendenti nelle scelte dei propri studi, autonomi nel perseguimento dei loro progetti e dei loro sogni per il futuro? In presenza di una mobilità intergenerazionale bassissima, una tale misura permetterebbe a un giovane che proviene da una famiglia a basso reddito di iscriversi all’università serenamente al posto di lavorare, magari sottopagato e senza contratto – escludendolo dalle assicurazioni sociali che invece devono essere garantite a tutti i lavoratori come sancito dall’articolo 38 della Costituzione italiana. Invece il Segretario Letta ha optato per la strada comoda: al governo con Forza Italia di Berlusconi e la Lega di Salvini propone una tassa di successione che nei talk show provoca nei suoi alleati di governo qualche sogghigno più che dibattiti seri.

Enrico Letta con gli studenti della Sciences Po School of International Affairs (PSIA). Foto Thomas Arrivé / Sciences Po

Enrico Letta con gli studenti della Sciences Po School of International Affairs (PSIA). Foto Thomas Arrivé / Sciences Po

Una visione alternativa esiste

Nel suo ultimo libro Another Now, una science fiction post-capitalista, come lo stesso autore lo definisce, Yanis Varoufakis – ex ministro delle finanze greco e ora parlamentare con il partito da lui stesso fondato Μερα25 – propone che ogni cittadino abbia un conto aperto presso la banca centrale sin dalla nascita che chiama Personal Capital – PerCap – diviso in tre diversi fondi che nomina rispettivamente, “accumulazione”, “eredità” e “dividendo”.

Il fondo eredità è quello che può essere confrontato con la proposta di Enrico Letta.

“Nel momento della nascita, lo stato apre al neonato-a un fondo PerCap Eredità e accredita su quel fondo una considerevole somma di denaro, la stessa per tutti i neonati”.

Tuttavia, ci possono essere dubbi sull’utilizzo dei fondi. Siamo certi che i giovani spenderanno adeguatamente questi soldi per garantirsi un futuro migliore e non li sprecheranno in spese futili? L’economista greco rassicura che il PerCap “eredità” sarà il fondo più illiquido dei tre e che per poterlo utilizzare bisogna superare una soglia di età. Quindi per i più giovani provenienti da famiglie economicamente disagiate, una certa libertà di spesa sarebbe garantita dal “dividendo” PerCap, in cui la banca centrale accredita una somma mensile proporzionale all’età del correntista. Solo in questo caso il finanziamento arriverebbe dagli introiti delle tasse alle grandi aziende. Questo dividendo, nell’Altro Ora immaginato da Varoufakis, rappresenta un compenso ai cittadini per la loro parziale titolarità della società a cui partecipano. Un dividendo che ognuno riceve come comproprietario dello stock di capitale prodotto collettivamente.

Il libro si presenta come science fiction, ma l’idea è molto vicina agli sviluppi di una possibile moneta digitale emessa dalle banche centrali, che permetterebbe direttamente ai cittadini di accedere in maniera libera e trasparente al sistema di pagamenti delle rispettive banche centrali.

Come spiegano nell’articolo pubblicato su Econopoly il Professore Massimo Amato della Bocconi e Alessandro Bonetti di Kritica Economica, le monete digitali di banca centrale – Central Bank Digital Currency, CBDC – sono al momento oggetto di analisi e in alcuni casi di progetti pilota nelle banche centrali di tutto il mondo. Le CBDC possono assumere la caratteristica di targeted money, dunque “essere usate per sussidi a determinate categorie sociali e produttive”, citando gli autori. Una moneta europea digitale e programmabile renderebbe la proposta di Varoufakis di un PerCap “eredità” molto attrattiva e pragmatica, permettendo di destinare le somme ai giovani cittadini europei e allo stesso tempo di vincolare i fondi a scopi di studio, formazione professionale, progetti imprenditoriali eccetera, e svincolando questa proposta da critiche che vogliono la sinistra eterno Robin Hood dei ricchi.

Fatte queste considerazioni, la proposta di Enrico Letta assume le caratteristiche di un tormentone estivo destinato al dimenticatoio.

Seppur mosso dallo spirito del bonus pater familias, il segretario Dem evidenzia una assenza fondamentale nel suo partito di analisi delle evoluzioni in corso nel nostro mondo, con una proposta che di “europeista ha ben poco.

Twitter @osservatorio_ke