Medie imprese e post-Covid: come vivere bene nella nuova normalità

scritto da il 25 Giugno 2021

I dati della Banca Mondiale confermano che lo scenario di ripresa sarà differente a seconda del tipo di nazione, i fondamentali della sua economia etc.. La Banca d’Italia prevede per l’Italia una crescita superiore al 4% a chiusura 2021.

Considerando che le medie imprese, di solito a governance familiare, sono la spina dorsale della nostra economia, è vitale comprendere quale è il loro stato attuale e come si muoveranno nei prossimi trimestri.

Ho pensato di parlarne con 3 attori che dialogano tutti i giorni con le più vibranti medie imprese italiane.

Nino Lo Bianco è fondatore di BIP, una delle principali società di consulenza in Europa.

Andrea Pietrini è Chairman di YOURgroup, la prima società Italiana di fractional executive.

Isabella Fumagalli è Ceo di Bnp Paribas Cardif, una delle maggiori realtà assicurative mondiali.

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Le medie imprese e il mondo post-Covid

Partiamo dalla situazione attuale per comprendere come si trovano oggi le medie imprese. Mi riferisco alla loro situazione a 360°: export vs domanda interna, innovazione, potenziali M&A, quotazioni Aim etc..

“Nell’Area dell’euro ci sarà un recupero importante che le aziende sfrutteranno, soprattutto nel secondo semestre: penso alla leva dell’export di cui siamo campioni. Nel quarto trimestre 2020, le vendite di beni si sono riportate su livelli di poco inferiori ai valori pre-pandemia, con una buona spinta da parte di settori fondamentali quali la meccanica. Ora le medie imprese italiane che hanno un prodotto/servizio ben posizionato e che sono da tempo attive sull’export stanno beneficiando di una domanda robusta dovuta alla riapertura. Purtroppo per altre l’incremento del prezzo delle materie prime e dei componenti essenziali per l’industria italiana rappresenta una grave minaccia. Inoltre, mentre molti giovani non trovano lavoro, un’altra debolezza intrinseca è il reperimento di risorse umane qualificate. La raggiunta maturità del digitale e dell’innovazione rappresentano però un potenziale volano per la ripresa. Il penalizzante “provincialismo” storico delle nostre imprese, oggi, trova una nuova dimensione dove il digitale rende meno pesante il gap con i competitor internazionali ma è il valore del tessuto locale, dei centri di competenza e del confine tra arte ed azienda dell’impresa artigiana italiana, divenuta industria, che ci fa competere come Davide contro Golia, spesso vincendo”, chiarisce Fumagalli.

“Il 2020 è stato un anno di test per molte medie imprese”, commenta Pietrini. “Un problema che è emerso nel 2020 e si sta consumando ancora oggi è l’intera catena dei fornitori. Ci eravamo accorti di Wuhan, una delle capitali cinesi dell’industria dell’auto, prima ancora che il Covid si manifestasse da noi. Oggi, con la carenza di semiconduttori, intere industrie sono rallentate o ferme: penso al settore automotive, alta tecnologia, produzione di elettrodomestici. Il mondo globalizzato come noi lo conoscevamo è stato seriamente colpito. Molte medie imprese ora devono rivedere interi piani di sviluppo, razionalizzare le risorse interne, valutare gli assetti che posseggono, penso ai magazzini, edifici direzionali, impianti. D’altro canto, il Covid ha evidenziato il grande valore del digitale e quanto la sua implementazione possa aprire le porta a una nuova crescita strutturata”, mi spiega Pietrini.

Anche Lo Bianco è della stessa posizione. “Questa crisi è la prima che ha sfruttato, anche se ancora parzialmente, la portata e il potenziale rappresentato dalla rivoluzione digitale che ha reso tutti noi ubiqui, in grado di colloquiare con qualunque sito e individuo nel mondo, a bassissimo costo. Si sono aperti i mercati, modalità logistiche, modalità di acquisire clienti e di praticare la loro customer care, a distanza, con una efficacia e una modalità nuova e rapida. Le medie aziende devono predisporsi ad affrontare il post crisi con risposte differenziate, in funzione del settore economico di attività, della loro dimensione e soprattutto in base alla preparazione e capacità di reazione del management che le guida. Sui mercati esteri le imprese devono cercare di profittare della crescita di domanda subito, investendo nella trasformazione digitale del loro business. Ci sono aiuti economici, consulenza attrezzata di qualità e opportunità concrete di sviluppo. Chi attenderà o investirà soltanto per aumentare l’efficienza, ridurre i costi e confiderà nel ritorno a quella che era la “normalità”, è inevitabilmente destinato al declino, più o meno rapido. La ristrutturazione delle medie imprese era già necessaria: c’è l’esigenza di aumentare la comprensione e la visibilità del mercato estero, di sviluppare le competenze richieste dalle nuove connotazioni necessarie per avere un efficace apporto del marketing della logistica aziendale. Sul settore domestico le imprese devono rivisitare le pratiche utilizzate, aumentare l’efficienza grazie al digitale, e soprattutto uno sforzo di marketing che con la leva del digitale può migliorare il loro posizionamento e la loro visibilità sul mercato e l’incremento della loro quota”, mi spiega Lo Bianco.

La spina dorsale della nostra economia sono le medie imprese: il punto di collegamento tra le multinazionali e le piccole imprese sono loro. Comprendere come si riposizioneranno le medie imprese equivale, entro certi limiti, a comprendere come si evolverà l’Italia. Cerchiamo di capire quali risorse umane, esterne o interne, saranno adottate dalle aziende italiane per tornare alla normalità pre-Covid.

“Sfidante tratteggiare la nuova normalità”. Sottolinea Fumagalli. “La forma di globalizzazione “spinta”, in cui vivevamo, va ripensata: dalla tutela della salute pubblica e personale al contrasto del cambiamento climatico e delle diseguaglianze. Con NextGen EU saranno mobilitati 750 miliardi a favore di investimenti nella transizione verde, nella trasformazione digitale, di una occupazione e una crescita sostenibile e inclusiva. Per le imprese ci sarà un cambiamento dimensionale. A parte la via dell’M&A, per aumentare la massa critica e della finanza, e federare interessi dando scala alle nostre eccellenze, bisogna costruire ecosistemi e federarli a mezzo di piattaforme. Significa collegare imprese diverse e parlare, metaforicamente, lingue diverse, nonché nuove competenze trasversali e con digital e smart working sarà più facile. Ma servirà un collante – qualità, bellezza e valore – per tenere insieme queste imprese nell’ecosistema collettivo. La pandemia ha estremizzato i bisogni premiando chi ha indirizzato le forze per andare incontro ai clienti, sfruttando le nuove tecnologie con soluzioni innovative e sostenibili, con grande capacità di adattamento e resilienza. Ora si tratta di preservare alcune innovazioni di processo ideate nell’emergenza e utili per la modernizzazione delle imprese. Lo smart working diffuso imporrà nuovi stili di leadership: la formazione del capitale umano per l’integrazione delle nuove competenze e la gestione di una irreversibile nuova normalità saranno indispensabili per non perdere il valore creato”, conclude Fumagalli.

“C’è molto da fare in numerose aree aziendali!”, spiega Pietrini. “L’impatto che l’evoluzione dello smart working, chiamato hybrid working, porterà in ogni azienda è pari solo al cambiamento che porterà nelle aziende che basavano ì loro modelli di business sulla pendolarità dei lavoratori. Quindi sia che si parli di aziende B2B che B2C stiamo parlando di una vera e propria evoluzione. A questo scenario si aggiunge il contenimento dei costi richiesto in molte industrie. C’è consensus che il business travel (che alimentava hotel, ristoranti, voli) dovrà attendere ancora diversi anni prima di tornare a livelli pre Covid. Alcuni, come Bill Gates, suppongono che non ci tornerà mai. Tutti questi cambiamenti impongono alle medie imprese un ripensamento delle loro risorse interne e una analisi dei bilanci e dei budget. Soprattutto per le imprese familiari, che sono la stragrande maggioranza delle medie imprese, stiamo osservando una crescente domanda di manager esterni: che si tratti di fractional, temporary o di permanent, molte governance familiari stanno comprendendo che l’affermazione “abbiamo fatto sempre così” – non è più un plausibile per il futuro. Tuttavia un manager capace a tempo pieno può avere  un  costo importante. La psicologia di una governance familiare è a volte sfidante, restia a investire sul lungo termine sulle risorse umane C-level. In tal senso un manager inserito in modalità fractional può anche avere una funzione di pioniere che, in molte aziende, permette di testare una governance esterna a costi sostenibili. Un altro tema è la penetrazione dei fondi o altre soluzioni di finanza straordinaria. Pur se dal NextGen Eu arriveranno molte risorse non saranno distribuite a pioggia. Ogni media impresa dovrà attentamente presentare piani di sviluppo. In questo senso l’opportunità che si presenta, arruolando una risorsa C-level esterna, è di portarsi a casa anche tutta la sua rete di contatti, un asset aggiuntivo che posseggono tutti i fractional”, conclude Pietrini.

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“La ripresa avverrà con modalità e velocità diverse, a seconda dei settori di riferimento. Molte linee di abbigliamento tradizionali, il settore dell’auto tradizionale, le fonti energetiche più inquinanti, i contenitori e gli imballi non biodegradabili, dovranno adattarsi. Non basterà investire nuovi capitali: serviranno programmi di education e sistemi di supporto avanzati necessari, per reagire o per affermarsi nei segmenti di mercato che mostrano le opportunità di mercato maggiori. Sono avvantaggiati i settori legati alla salute, alla farmaceutica, alla cura della persona, ma anche il turismo, la ristorazione e il tempo libero – appena le condizioni torneranno nella norma – il food biologico, i prodotti che rispettano l’ambiente, l’ecologia, le energie rinnovabili. In tutti questi settori le esigenze di innovazione e la trasformazione aziendale saranno legate all’introduzione di processi e di education digitale che possano essere raggruppati nella categoria delle soft skills. Gli investimenti privati, ma soprattutto pubblici, sono straordinari. Lo sforzo pubblico sarà infatti di dimensioni eccezionali, oltre 11 miliardi di euro saranno destinati al sostegno e alla ripresa delle piccole e medie imprese beneficiarie. Le grandi aziende stanno tutte affrontando la loro trasformazione digitale e il dopo Covid sta facendo registrare un’intensificazione ulteriore dei loro sforzi. La ripresa non passerà soltanto dagli investimenti finanziari”, conclude lo Bianco.

Il Covid, e le sue conseguenze, sono ancora in divenire. Ma è un dato di fatto: questo evento ha forzato un radicale evoluzione di molte industrie. Ogni evoluzione, tuttavia, implica sforzi e rivisitazioni profonde. Per questo le governance familiari delle medie imprese dovranno seriamente considerare i prossimi passi con spirito rinnovato e attente valutazioni.

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