Rinnovabili, il caro bolletta è il costo del ritardo della transizione energetica

scritto da il 01 Ottobre 2021

Post di Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura – 

Ci troviamo in una fase critica. Da un lato dobbiamo fronteggiare la sostanziosa crescita del prezzo del petrolio e del gas, che sta facendo aumentare i prezzi della benzina, del metano e dell’elettricità, dall’altro dobbiamo far ingranare la marcia alla transizione energetica. Quelle che sembrano due sfide separate, in realtà, hanno una relazione molto stretta, la stessa che c’è tra un problema e la sua soluzione!

Proviamo a rispondere alla domanda: il passaggio alle rinnovabili ci salverà da un loop di crescita dei prezzi dell’energia? La risposta è assolutamente sì. Capiamo perché partendo dalla causa dell’aumento delle bollette.

Il costo dell’energia elettrica sale perché è aumentato di ben tre volte il prezzo del gas naturale con cui viene prodotta la maggior parte dell’elettricità in Italia e in molti Paesi europei, una fonte che l’Europa importa e così facendo è pesantemente esposta alla volatilità dei prezzi.
È sbagliato sostenere che le politiche per la transizione verso le rinnovabili siano la causa dell’aumento dei prezzi dell’energia. Al contrario, la transizione energetica è la soluzione ai problemi che stiamo vivendo nei mercati del gas e dell’elettricità. A ribadirlo è stato Fatih Birol, Direttore dell’International Energy Agency (IEA).

Anche Frans Timmermans, Vice Presidente della Commissione europea e responsabile del Green Deal, ha sottolineato che se l’Europa avesse giocato d’anticipo sulla transizione energetica oggi sarebbe meno dipendente dalle importazioni di combustibili fossili e di conseguenza risentirebbe in misura minore dell’aumento dei prezzi.

Secondo Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione italiana in alta tensione, la crescita delle rinnovabili e la diffusione dei sistemi di accumulo consentiranno di ridurre il numero di ore in cui le tecnologie alimentate a gas definiscono il prezzo all’ingrosso, limitando sempre di più l’esposizione della tariffa elettrica alla volatilità dei prezzi delle commodity.

La soluzione per abbassare i costi in bolletta è far crescere il contributo delle rinnovabili al mix elettrico. A dimostrarlo è il paragone tra i prezzi delle aste del Decreto FER (che sostiene la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, ndr) e il Prezzo Unico Nazionale (PUN).

A settembre il PUN ha abbondantemente superato i 200 euro/MWh. La tariffa delle aste del DM FER per gli impianti fotovoltaici ed eolici con potenza uguale o superiore a 1 MW è stata inferiore ai 70 euro/MWh, circa un terzo dell’attuale PUN.

Il caro bolletta è il costo del ritardo della transizione energetica. La lentezza è causata dall’eccesso di burocrazia che regola la fase autorizzativa e dalla mancanza di obiettivi regionali per attuare il target nazionale di sviluppo delle rinnovabili (burden sharing). Meno di un terzo del plafond messo a disposizione dai bandi del Decreto FER 1 è stato assegnato negli ultimi due anni.

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I risultati del sesto bando appena pubblicati indicano che solo il 25% del contingente disponibile è stato effettivamente assegnato.

È un leggero miglioramento rispetto al precedente bando che aveva assegnato il 12%, ma è comunque una percentuale lontanissima da ciò che dovremmo fare per essere coerenti col Green Deal.

Le aste del Decreto FER sono gestite dal GSE, il Gestore dei Servizi Energetici, (il 30 settembre è partito il settimo bando, ndr) e sono a tutti gli effetti dei contratti a medio-lungo termine per l’acquisto di energia rinnovabile che hanno una controparte pubblica.

I Power Purchase Agreement (PPA), invece, avvengono tra due privati. Le imprese che in Italia hanno sottoscritto dei PPA si sono poste a riparo dalla fluttuazione dei prezzi dell’energia, assicurandosi una fornitura a costi stabili e competitivi a lungo termine.

È bene ribadire alcuni punti fermi quando si tratta di transizione energetica.

Il primo è che la strada è segnata. A indicarla sono gli obiettivi europei – chiari e condivisi – di riduzione delle emissioni di CO2 del 55% al 2030, il famoso Green Deal, e il traguardo zero emissioni nette al 2050.

Il secondo è che la transizione energetica è inevitabile, e a renderla tale è l’emergenza climatica. Non dimentichiamo che l’Italia è il secondo Paese europeo per costi collegati alle conseguenze del cambiamento climatico.

Torniamo al primo punto fermo e alla sua relazione con il caro energia.

Per raggiungere il target Green Deal di riduzione delle emissioni, le rinnovabili dovranno salire a quota 70% del mix elettrico italiano al 2030, oggi arrivano al 38%. Per farlo dovremmo installare 70 nuovi GW di rinnovabili in meno di 10 anni, ovvero oltre 7 GW ogni anno da qui al 2030.

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Se riuscissimo a raggiungere questo obiettivo, la dipendenza dalla volatilità dei prezzi delle materie prime al 2030 calerebbe drasticamente e di conseguenza anche il prezzo dell’energia elettrica in Italia.

Nel nostro Paese si riesce ad aggiungere appena 1 GW di rinnovabili all’anno. Quindi proseguendo all’attuale ritmo di nuove installazioni rinnovabili, i benefici dati dalla riduzione delle bollette li vedremo nel 2090 anziché nel 2030!

Quindi, per uscire dal loop del prezzi al rialzo dell’energia dobbiamo compiere alcuni passi fondamentali:

ridurre la differenza (enorme) tra i progetti rinnovabili presentati e quelli autorizzati dalle Regioni e semplificare la burocrazia autorizzativa: oggi quasi il 50% delle richieste di autorizzazione non diventa un impianto e l’altro 50% lo diventa con quasi 6 anni di ritardo rispetto ai tempi previsti dalla normativa. L’Italia è infatti il Paese europeo con le
tempistiche più lunghe e i costi più alti per ottenere un’autorizzazione.

adeguare i Piani regionali di sviluppo delle rinnovabili in coerenza con il target nazionale + 70 GW di rinnovabili al 2030. Ad oggi nessuna Regione italiana ha allineato i propri obiettivi né peraltro è stato ancora adeguato il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Non esiste neanche un tentativo di ripartizione per Regione dei 70 nuovi GW che è necessario installare. Sappiamo quante rinnovabili dobbiamo costruire ma non sappiamo dove!

colmare i ritardi normativi che frenano i nuovi investimenti nella transizione energetica. Sul mio Blog ho creato il Ritardometro, uno strumento che evidenzia il ritardo nell’emanazione dei provvedimenti che dovrebbero permettere la transizione energetica.

Ho iniziato questo articolo richiamando la fase critica che stiamo vivendo. Vorrei terminarlo ricordando che la transizione energetica è la più straordinaria delle opportunità che il nostro Paese abbia mai avuto per fare un salto di qualità in termini di efficienza, modernità e sostenibilità. Il Green Deal che dovremmo realizzare creerà – nel solo settore elettrico italiano – 100 miliardi di investimenti privati e 90.000 nuovi posti di lavoro al 2030.