Energia giusta per la transizione ecologica. Com’è profondo il mare?

scritto da il 29 Marzo 2022

Post di Gianluigi De Marchi, consulente finanziario, giornalista e scrittore – 

La guerra in Ucraina ha fatto esplodere drammaticamente i prezzi dei combustibili usati per produrre l’energia indispensabile alla produzione (sistema economico) ed alla vita (sistema famigliare). In poche settimane gas, petrolio e carbone hanno fatto registrare crescite prima inimmaginabili, creando situazioni insostenibili proprio in una fase in cui il costo della vita era già in movimento a causa della forte ripresa dell’attività produttiva dopo le forti flessioni legate alla pandemia.

Il fenomeno colpisce tutti i paesi del mondo, ma il nostro è in difficoltà enormi perché è praticamente privo di fonti energetiche nazionali, e dipende, in misura esorbitante, dalle forniture di paesi stranieri (i vari produttori di petrolio e di gas che attualmente garantiscono l’erogazione dell’energia elettrica).

Se pensiamo alla situazione del nostro paese rispetto a 60-70 anni fa, ci rendiamo immediatamente conto che le preoccupazioni sono fondate: durante il “boom economico” una parte consistente di energia era prodotta grazie al sistema idroelettrico, cioè dalle turbine azionate dalle condotte forzate legate ad un efficiente sistema di dighe. Energia “pulita”, niente inquinamento, niente dipendenza da paesi stranieri.
Ma la tumultuosa crescita della produzione industriale ha comportato la necessità di produrre energia ricorrendo alle cosiddette “fonti fossili” (carbone e soprattutto petrolio), con tutte le ricadute negative in termini ambientali.

Impianto per l'energia dal moto ondoso, in Portogallo

Impianto per l’energia dal moto ondoso, in Portogallo ad Agucadoura

Una fonte alternativa che sembrava potesse essere sviluppata era quella dell’energia nucleare, per la quale l’Italia si era attrezzata costruendo alcune centrali; ma il drammatico episodio di Cernobyl ha bloccato tutto, ed un referendum popolare ha sancito l’uscita del nostro paese dalla cerchia dei produttori. Nonostante nel corso dei decenni la tecnologia abbia consentito di costruire centrali di nuova generazione ad altissima sicurezza, l’ipotesi di cambiare strada è al momento politicamente impraticabile.

Che fare?

Siamo nelle mani dei nostri “vicini di casa” (francesi, svizzeri e sloveni ci vendono a caro prezzo elettricità prodotta dalle loro centrali nucleari, collocate a pochi chilometri dalle nostre frontiere…) o di paesi lontani (arabi, russi, algerini) non sempre affidabili, come si constata in questi tristi giorni.

Purtroppo anche le fonti “pulite” sono insufficienti a colmare il gap fra produzione nazionale ed esigenze produttive: l’energia eolica (centrali che sfruttano il vento) e solare (centrali che sfruttano il sole) sono spesso ostacolate con motivazioni il più delle volte risibili, ma che quasi sempre riescono a bloccare o comunque rallentare la realizzazione.

Una fonte ancora più “pulita” e poco conosciuta è quella legata all’energia marina, assolutamente naturale, e non inquinante. Alludiamo al moto ondoso, un “motore inesauribile” che, grazie al movimento di mari ed oceani, può generare elettricità in quantità enorme.

Secondo l’ENEA sfruttare l’energia marina consentirebbe di ottenere 80mila terawattore, una misura gigantesca (un Twh è pari a mille miliardi di watt) pari a ben cinque volte il fabbisogno annuale di energia elettrica del mondo intero. Da qualche tempo l’industria italiana ed alcune start up hanno iniziato ad avviare non solo studi teorici, ma anche impianti sperimentali che stanno dando ottimi risultati.

Citiamo ad esempio il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) che converte l’energia delle onde marine in energia elettrica, sviluppato dall’ENI insieme a Wave for Energy S.r.l., spin-off del Politecnico di Torino. Il sistema è costituito da uno scafo galleggiante sigillato con al suo interno una coppia di sistemi giroscopici collegati ad altrettanti generatori. Le onde provocano il beccheggio dell’unità, ancorata al fondale, ma libera di muoversi e oscillare. Il beccheggio viene intercettato dai due sistemi giroscopici collegati a generatori che lo trasformano in energia elettrica. Una soluzione semplice, con un cuore d’alta tecnologia. Il primo impianto pilota è già attivo a Ravenna.

Un altro esempio è l’iniziativa creata da ENEA e Politecnico di Torino, che hanno messo a punto la versione 2.0 del PEWEC, un sistema low-cost di produzione di energia dal mare. Si tratta di un sistema galleggiante semicircolare da posizionare in mare aperto, in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione del dispositivo per effetto delle onde. L’installazione del PEWEC può arrivare a soddisfare del tutto il fabbisogno energetico di isole medio-piccole (in Italia sono oltre 50), che basano il proprio approvvigionamento di energia su impianti a combustibili fossili.

Anche all’estero studi e prototipi operativi non mancano: a Las Cruces, in Cile, è stato installato il primo convertitore di energia del moto ondoso dell’America Latina, grazie alla tecnologia italiana sviluppata da Enel. Si tratta di un’enorme boa alta circa 14 metri (chiamata boya generadora ) posta ad oltre un chilometro dalla costa, ancorata al fondale sabbioso che, grazie al movimento continuo del mare, si muove sul pelo dell’acqua salendo e scendendo, trasformando l’energia del moto ondoso in energia elettrica.

In Europa sono stati installati 11,3 MW di energia da moto ondoso, prevalentemente nel Nord Europa. Al largo di Orkney (Scozia), sono stati installati il dispositivo “Penguin” della finlandese Wello e il dispositivo svedese CorPower. Un altro produttore finlandese, AW-Energy, si sta attrezzando per esportare il suo Waveroller, in tutto il mondo dopo aver superato con successo i test in Portogallo.

L’Italia ha la fortuna di essere una penisola circondata da ben quattro mari, con decine di migliaia di coste lungo le quali le onde si muovono senza sosta…

Vogliamo provare a pensare a questa alternativa in maniera concreta, avviando subito un progetto di produzione di energia che sfrutti questa nostra invidiabile situazione?
Magari mettendo da parte, data l’urgenza di avere soluzioni alternative in tempi rapidi, burocrazia, carte da bollo, studi di fattibilità, comitati scientifici, pareri di enti, sovraintendenze, ministeri eccetera, capaci di insabbiare qualunque bella idea.

Un saggio proverbio aziendale ricorda che “Ogni problema di facile soluzione diventa insolubile dopo un sufficiente numero di riunioni…”; vogliamo per una volta tirare dritto senza inutili bla bla bla?

Per approfondire:

ISWEC: l’energia che viene dal mare

Produrre energia elettrica dalle onde del mare: al via test sul prototipo di ENEA e Politecnico di Torino