Più spese per armi e Difesa? Vediamo che cosa succede davvero

scritto da il 08 Aprile 2022

Post di Bruno Salerno, studente di Politiche Europee e Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, studente presso l’Università di Berna, co-fondatore di Pillole di Politica

Mentre assistiamo ad un contesto internazionale molto complesso che vede giornalmente spargimenti di sangue tra le fila degli ucraini, in Italia sembra essere molto acceso il dibattito sull’aumento delle spese militari. A tal punto che alcuni partiti hanno anche minacciato di staccare la spina al Governo qualora si intendesse andare in questa direzione.

Innanzitutto è doveroso fare un’importante premessa: non c’è stato nessun aumento della spesa per la difesa. Quello che è successo è un qualcosa di diverso. Durante la seduta 658 del 16/03/2022 della commissione difesa alla camera dei deputati, è stato approvato un ordine del giorno*, collegato al Decreto Ucraina, che vede come primo firmatario Roberto Paolo Ferrari, della Lega.

Co-firmatari dell’atto esponenti di varie parti politiche (M5s, FI, Pd, Iv, Ci, Lega). L’Odg presentato impegna il Governo “ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, il 1° marzo scorso e predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacità di deterrenza e protezione, a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici”.

L’approvazione è avvenuta con 391 voti favorevoli, provenienti sia dall’ala del centro-destra che del centro-sinistra. Se non fosse che il giorno dopo il via libera alcuni leader di partito hanno iniziato ad esprimere dubbi e perplessità sul tale approvazione.

Dalla sinergia tra industria nazionale e l’Esercito Italiano è stato messo a punto il Sistema Soldato Sicuro

Dalla sinergia tra industria nazionale e l’Esercito Italiano è stato messo a punto il Sistema Soldato Sicuro (foto dal sito dell’Esercito Italiano)

Se andiamo indietro di qualche anno, in realtà, scopriamo che il contenuto dell’Odg va nella stessa direzione di un accordo preso tra i ministri della Difesa dei Paesi Nato nel lontano 2006 a Riga, poi riconfermato in Galles dal vertice dell’Alleanza Atlantica tra i Capi di Stato e di Governo avvenuto nel 2014**. La decisione presa alla fine di quest’ultimo summit fu la seguente: gli alleati che attualmente rispettano le linee guida della NATO, spendendo per la difesa il 2% del loro PIL, dovranno continuare a farlo, mentre i Paesi la cui quota di spesa per la difesa è inferiore rispetto alla soglia minima del 2% dovranno fermare eventuali diminuzioni di spesa per questo settore e mirare ad ottenere il risultato del 2% entro dieci anni.

È un impegno, quello preso a Newport, che però non è stato mai rispettato da tutti i paesi Nato, perché non c’è un obbligo che vincola il bilancio del nostro Stato a farlo. Ed il rischio che l’ordine del giorno approvato in Parlamento faccia la stessa fine è probabile.

Qualora l’Italia decidesse concretamente di aumentare le spese per il settore difesa, passeremmo dagli attuali 25,8 miliardi a 38 miliardi annuali. Guardando all’andamento della nostra spesa militare, dal 2014 al 2021 siamo passati dall’1.14% del Pil all’1.41%. (Fig. 1). L’Osservatorio Milex sulle spese militari italiane ci informa che dal 2019 al 2022 siamo passati da una spesa di 21,5 miliardi a 25.8 (Fig.2). L’aumento più considerevole in questi anni è avvenuto con i governi nel periodo 2019-2020.

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L’idea italiana, in realtà, non è solo italiana. Olaf Scholz con le sue dichiarazioni potrebbe segnare una svolta storica per la Germania e la sua Bundeswehr. Il Cancelliere tedesco ha annunciato massicci investimenti nel proprio esercito tramite un fondo di 100 miliardi di euro, segnando una metamorfosi senza precedenti per la Germania. Un ribaltamento radicale, un cambiamento importante per le Forze armate tedesche che, fino ad oggi, sono passate alle cronache internazionali proprio per la loro obsolescenza.

Interventi economici di questo tipo non devono destare scalpore. Viviamo in un mondo di incertezze e crisi continue. Basti pensare agli ultimi vent’anni, alla crisi del debito sovrano, alla pandemia, al conflitto tra Russia e Ucraina. La parola “incertezza” caratterizza la nostra storia. Ma ci sono paesi che oggi si ritengono pronti a poter affrontare determinati shock. Questo può avvenire soltanto se nel corso degli anni c’è stata una particolare attenzione, innanzitutto in termini di investimento, verso determinate aree.

Il Financial Times del 28/02/2022 ha citato il caso della Finlandia: “War with Russia? Finland has a plan for that. For decades, the country has harnessed every level of society to prepare for the possibility of conflict with its neighbour”. Ma badiamo bene, il caso finlandese non riguarda soltanto una prontezza di tipo militare. La Finlandia la chiama “strategy of comprehensive security”, ed è una strategia che offre un esempio di come “i paesi possano creare sistemi rigorosi a livello di società per proteggersi in anticipo, pianificando non solo una potenziale invasione, ma anche disastri naturali o attacchi informatici o una pandemia”*****.

Prendiamo esempio dalla Finlandia: esaminiamo le nostre debolezze, cerchiamo di trasformarle in punti di forza, per poter essere resilienti di fronte alle future crisi. Abbiamo bisogno di una società che, se necessario, possa spingere il pulsante crisis mode, ed essere pronta sul piano bellico, industriale, politico, bancario, comunicativo.

Quello che andrebbe capito è che un aumento delle spese per la difesa non rappresenta una corsa agli armamenti, un’accettazione della parola violenza, e nemmeno un imminente ingresso del nostro Paese in una guerra mondiale. Ma è chiaro che di fronte ad un contesto internazionale caratterizzato da un aumento dei rischi e delle minacce, bisogna essere pronti a rispondere in modo adeguato.

Sarebbe anche ora di smetterla di dire che “inviare armi all’Ucraina non fa altro che aumentare l’escalation della guerra”. Siamo di fronte ad un aggressore che va fermato, con tutti i mezzi possibili: dal soft power alla fornitura di armi. Ed è grazie a quest’ultima se oggi stiamo assistendo alla resistenza ucraina ed al fallimento del blitzkrieg di Putin.
Normalmente quando si esce da una crisi, che essa sia economica, sanitaria o militare, i Paesi tendono a rafforzarsi, a segnare un cambio di passo rispetto al passato. Le crisi, per quanto devastanti possano essere, rappresentano una opportunità. E gli anni a venire dovranno essere decisivi per la costruzione, finalmente, di un esercito unico europeo.


NOTE

* Atto Camera su ODG in PDL 9/03491-A/035
** Nato Wales Summit Declaration 
*** Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2021)
****Nel 2022 spese militari oltre i 25 miliardi, più di 8,2 per nuove armi (+13,8%)
*****War with Russia? Finland has a plan for that