USA: 330 milioni di persone, 390 di armi. Con Biden il top: 691 sparatorie

scritto da il 03 Giugno 2022

Ratificato nel 1791, il Secondo Emendamento garantisce a tutti i cittadini statunitensi il diritto di possedere delle armi: “(…) the right of the people to keep and bear Arms, shall not be infringed” (“il diritto del popolo di detenere e portare armi non sarà violato”).

Il testo è tuttora oggetto di interpretazioni e asperrime contese, ma, nella sostanza, la sua semantica essenziale genera un paradosso inaccettabile, forse la peggiore delle contraddizioni democratiche: facendo parte dei dieci emendamenti del Bill of Rights, esso fu concepito per tutelare la libertà dei cittadini, ma si è trasformato presto in una minaccia costante per i destinatari della garanzia stessa. Secondo le indagini svolte dal Pew Research Center, il 42% degli Americani vive in una famiglia che possiede almeno un’arma. Modificando il parametro d’analisi, ci si rende conto di una sproporzione incredibile tra numero di abitanti e armi. Il dato proviene dallo Small Arms Survey, un istituto di studi internazionali con sede a Ginevra secondo il quale, negli Stati Uniti, si registrano 393,3 milioni di armi contro 330 milioni di abitanti.

Di conseguenza, il linguaggio di questa narrazione non può che essere scarno, crudo, essenziale. Il killer, in genere, non ha più di 25 anni. Le eccezioni sono poche. Ha una personalità ‘morbosa’, pur se non sempre caratterizzata da traumi pregressi. Può acquistare pistole e fucile con estrema facilità, addirittura passeggiando tra le bancarelle di una fiera di settore, e, per lo più, prende di mira una scuola, dove fa irruzione e spara nel mucchio. Non di rado, dopo avere fatto una strage, si uccide. 19, 10, 8, 17, 6, 8, 9, 4 sono i morti degli eventi luttuosi recenziori, in particolare quelli dal 2018 al 2022. Solo in due di questi eventi l’assassino aveva più di trent’anni. Oltre alle scuole, che, purtroppo, restano i bersagli preferiti, si colpisce nei bar, nei supermercati, nelle sale massaggio e in tutti quei luoghi in cui la gente, per un motivo o per un altro, si raduna. Sembra che si spari di più a Est e, in parte, a Sud: New York, Oklahoma, Ohio, Wisconsin, Florida, Texas; tuttavia non mancano le attestazioni provenienti da Ovest.

Nel 2020, il New York Times pubblicò un’inchiesta curata da Keith Coolins e David Yaffe-Bellany, secondo cui si poté stabilire che gli Americani, in seguito al massacro della Sandy Hook Elementary School, in cui perdettero la vita 27 persone, per lo più bambini tra i 6 e i 7 anni, acquistarono, in solo mese, circa 2 milioni di pistole. In pratica, ogni qual volta in cui si verifica un attacco, la vendita subisce un’impennata.

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Di fatto, consultando il grafico del New York Times, non è difficile rendersi conto che la media mensile d’acquisto s’aggirava intorno a 300-350.000 unità, una cifra spaventosa, cresciuta vistosamente dalla seconda metà del 2008 a oggi. Le persone, all’inizio della pandemia, hanno ritenuto opportuno munirsi di pistole per difendersi da eventuali disordini e, addirittura, dalle stesse forze dell’ordine, qualora queste si fossero mostrate eccessivamente coercitive. L’osservatorio Nasgw ha documentato che, proprio nelle prime settimane della pandemia, l’industria delle armi ha fatto affari d’oro. In particolare, nella settimana compresa tra il 15 e il 21 marzo, gli Americani hanno speso poco meno di 100 milioni di dollari in armi e munizioni. In totale, il business, ormai inarrestabile, vale 240 miliardi di dollari l’anno.

Consultando il Gun Violence Archive, realizzato da The Trace, un’organizzazione non profit che si occupa dell’analisi della “crisi di violenza armata” (“gun violence crisis”), si può rilevare che l’amministrazione Biden gode, purtroppo, di un triste primato: il più alto numero di sparatorie di massa, 691. Nel 2021, le vittime di questa follia collettiva sono state quasi 45.000, più di 1.500 delle quali erano bambini o adolescenti. Secondo il Federal Bureau of Investigation, nel 2021, sarebbero state vendute 17 milioni di pistole.

Insomma, sembrerebbe giunto il momento di rivedere almeno i presupposti teorici di questa democrazia, poiché, com’è noto, ogni eccesso conduce direttamente all’alterazione patologica dell’esistenza e, di conseguenza, all’opposto di ciò cui si mira: esattamente la limitazione della libertà, accompagnata da uno stato d’ansia generale e, nello stesso tempo, di paura che, al contrario, è proprio dei regimi antidemocratici. A furia di ‘esportare’ democrazia altrove, si corre il rischio di perdere di vista la propria. Non si deve mai dimenticare che il giudizio ‘democratico’ è quello in funzione del quale sono stati mandati a morte Socrate e Gesù Cristo: non esattamente due criminali. A tal proposito, è appena il caso di riesaminare l’aspetto paradossale della vicenda. Infatti, il 48% degli Americani, interpellato nell’ambito di un sondaggio sull’uso delle armi, ha dichiarato che si tratta di un “grande problema”, mentre il 53% sarebbe favorevole a delle rigide limitazioni. Se queste percentuali fossero genuine, non avrebbe ragione d’esistere quel 42% che le possiede ed è a favore del libero possesso. I numeri della logica, infatti, si traducono subito nei numeri della realtà: 89 armi ogni 100 abitanti. Purtroppo, in materia di rapporto tra aggregazione sociale e armi, negli Stati Uniti, non esiste un solo dato confortante e il direttore esecutivo della NRA (National Rifle Association of America), la più potente tra le invincibili lobby delle armi, dichiara con estrema disinvoltura, intervenendo al recente raduno di Houston, che “limitare il diritto fondamentale degli americani a difendersi non è la risposta, non lo è mai stata”.

Un poliziotto cammina fuori dalla scuola elementare Robb a Uvalde, in Texas

Un poliziotto cammina fuori dalla scuola elementare Robb a Uvalde, in Texas

L’enorme equivoco della democrazia statunitense si esplica, tra le altre cose, nel potere che una lobby, quella delle armi nel caso in specie, può esercitare non solo nella elezione di un Presidente, ma anche e soprattutto nell’attività legislativa. Nel 1981, Ronald Reagan fu eletto proprio col sostegno dell’NRA, la quale, successivamente, poté impedire a Obama ogni tentativo di modificare le leggi sul libero possesso delle armi.

Rousseau, nel Contratto sociale, scrive:

“Un popolo che governasse sempre rettamente non avrebbe bisogno di essere governato. Prendendo il termine nel suo significato rigoroso, non è mai esistita e non esisterà mai una Democrazia. Va contro l’ordine naturale che la maggioranza governi e la minoranza sia governata. È inimmaginabile che il popolo rimanga continuamente riunito per badare agli affari pubblici; e si comprende facilmente che non potrebbero essere costituite a tal fine delle commissioni senza che muti la forma dell’amministrazione” (ROUESSEAU, J-J, 1762, Du contrat social, ou principes du droit politique, a cura di R. Gatti, 2005, Il contratto sociale, BUR, Milano, p. 120).

Dunque, la democrazia statunitense, in questo senso, è essa stessa un equivoco, un abuso, un processo di continua involuzione della politica sociale, una contraddizione logica, psicologica e linguistica e secondo la quale il popolo dovrebbe essere stabilmente unito dalle opinioni e partecipe delle decisioni, laddove nessun membro d’una comunità, molto probabilmente, se isolato dagli altri, riuscirebbe ad ammettere l’arbitrio sanguinario. La democrazia è fatta di particolari: per interpretarla occorre conoscere bene i meccanismi della deduzione, altrimenti è la fine. Nelle democrazie, accade, invece, il contrario. Il popolo sente parlare di pericolo o dell’ipotesi di pericolo? Ne fa immediatamente una legge, un caso, saltando tutti i necessari passaggi critici perché il popolo, come entità reale, non esiste. Eppure si è sempre tentato di convincere la gente dell’esistenza del popolo come entità reale. Il popolo vorrebbe questa o quest’altra cosa poiché il popolo è solo un insieme di bisogni particolari. La democrazia, in questo senso – lo ripetiamo -, è un abbaglio.

La verità, purtroppo, sembra inscritta in un antico codice, che Elias Canetti ha brillantemente interpretato in Massa e potere:

“Ogni caduto è per gli altri un incitamento a proseguire. Il destino che ha raggiunto il caduto li ha evitati. Il colpito è una vittima sacrificata al pericolo” (CANETTI, E., Canetti, E., 1960, Masse und Macht, trad. it. di F. Jesi, 1981, Massa e Potere, Adelphi edizioni, Milano, p. 64)

Talvolta, farsi troppe domande vuol dire rischiare di non darsi più una risposta o andare incontro al fallimento; così, chi s’impegna costantemente nell’esaltare il proprio modello socio-politico ed economico, spesso, finisce coll’essere delatore delle proprie stesse azioni o, meglio, delle azioni che proietta sugli altri, ma che sono indesiderate secondo la morale comune. Queste dichiarazioni di denuncia diventano un supplemento di esistenza. Un’economia di successo, senza oltraggio al bene comune, parrebbe impossibile.

Se vuoi fare un viaggio etimologico nel lessico economico, leggi “Le parole dell’economia”!

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