Importazioni, i nuovi benefici (e le responsabilità) per le aziende

scritto da il 15 Giugno 2022

Post di Paolo Massari e Lucia Iannuzzi, Customs & International Trade Advisors, co-fondatori C-Trade e Overy –

“La Commissione e gli Stati membri istituiscono sistemi doganali elettronici sicuri, integrati, interoperabili ed accessibili per lo scambio di dati contenuti in dichiarazioni doganali, documenti di accompagnamento delle dichiarazioni doganali e certificati e per lo scambio di altre informazioni pertinenti”.

Era il lontano 15 gennaio 2008, quando il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea così si pronunciavano nell’incipit della Decisione n. 70/2008/CE; il fondamento giuridico di una rivoluzione operativa che avrebbe travolto, negli anni a seguire, il mondo doganale, primo interlocutore di un international business in continua evoluzione, stretto tra necessità commerciali, rischi geopolitici, frammentazioni e spostamenti della catena del valore.

Il Codice doganale, in vigore dal 1° maggio 2016, prefigura nella telematizzazione dei processi una condizione imprescindibile del cammino di semplificazione chiamato a portare la dogana all’interno delle aziende, non più come un oggetto sconosciuto e ostile, bensì come un compagno di viaggio affidabile; e i calendari di lavoro, programmati dalla Commissione UE e certificati dal Consiglio, hanno posto al 2025 il termine ultimo per la completa dematerializzazione del processo doganale.

Il sistema di gestione telematica delle operazioni di importazione è figlio di principi che si perdono nella notte dei tempi, di un percorso di avvicinamento il cui traguardo era già stato posticipato e non ha colpito come un fulmine improvviso la comunità doganale.

Gli obiettivi erano chiari: invio incrementale dei dati della dichiarazione fino a 999 articoli; svincolo delle merci per articolo; nuove modalità di colloquio con i dichiaranti, basate sugli standard internazionali (riconoscimento CA per firma digitale nazionali e unionali e utenti tramite SPID o CNS);  nuova gestione del fascicolo elettronico; supporto alle semplificazioni previste dal Codice doganale, come la dichiarazione semplificata, l’iscrizione nelle scritture del dichiarante e lo sdoganamento centralizzato.

immagine di Pat Whelen per Unsplash

immagine di Pat Whelen per Unsplash

I chiarimenti applicativi ufficiali dell’Agenzia ADM sono arrivati, certo, un po’ tardi (Circolare 6 giugno 2022, n. 22), ma, si sa, questo è vezzo tutto italico; prima, solo FAQ, aggiornate periodicamente ed espressione di un approccio al cambiamento molto friendly ed estremamente tecnico.

E proprio tale approccio, il silenzio troppo prolungato sullo stato di avanzamento dei lavori (abbiamo perso la memoria dell’ultimo tavolo e-Customs con gli operatori), il colloquio pressoché unico con le software houses chiamate a tradurre i dettami dell’Agenzia nei programmi di gestione delle dichiarazioni doganali, i rapporti, in particolare nell’ultimo periodo, più sporadici con le associazioni di categoria, hanno generato un pericolo misunderstanding, confermato da molti commenti letti negli ultimi giorni: che le modifiche riguardassero solo le formalità di compilazione e presentazione della dichiarazione di importazione.

Potrebbe mai la semplificazione dei regimi doganali e la partnership dogana/operatori economici, imposta dal Codice doganale, tradursi in una semplice smaterializzazione della formalità dichiarativa?

Certo, la dichiarazione doganale, come l’abbiamo sempre intesa, un layout caratterizzato da campi numerati, scompare, sostituita da un semplice dataset di informazioni, necessarie per una gestione del rischio centralizzata a livello unionale e per controlli mirati, con merce in dogana e a posteriori, tradotto in un file .xml di difficile lettura (ma unico documento ufficiale che le aziende devono conservare) e in una copia di cortesia della dichiarazione che riporta solo i dati fiscalmente rilevanti per la contabilizzazione delle imposte; ma cambia anche la logica di gestione dell’operazione di importazione, l’approccio culturale alla dogana.

Il 9 giugno non è mutata solo la modalità di compilazione delle dichiarazioni di importazione. L’EU Data Model rovescia il concetto di dichiarazione doganale come da noi sempre concepito, trasformando la formalità in sostanza, i campi del modello dichiarativo in informazioni fruibili dall’autorità doganale. E questo step, ora limitato al processo di importazione, verrà nel breve/medio termine esteso a tutte le dichiarazioni doganali, già dematerializzate, ma ancora in parte estranea alla nuova logica dichiarativa.

Le aziende sono l’interlocutore privilegiato del legislatore doganale unionale, destinatarie di importanti e strategici benefici. Ma sono chiamate anche a recuperare l’ownership del processo doganale, a gestire con maggiore oculatezza l’analisi dei rischi doganali, per acquisire quel grado di compliance e di affidabilità che consenta loro di poter fruire di tali benefici.

La dematerializzazione delle procedure di importazione è un passo importante, in tale direzione: gestire internamente il processo di pagamento dei diritti doganali, richiedendo l’autorizzazione all’apertura di un proprio conto di debito su cui far transitare i rapporti debitori e creditori con la dogana; razionalizzare il numero dei soggetti che rappresentano le aziende in dogana, al fine di costruire una relazione che consenta di avere sempre a disposizione i dati richiesti dall’amministrazione finanziaria (alcuni operatori hanno già dichiarato che forniranno ai clienti la mera copia di cortesia della dichiarazione doganale, mentre alle società servirà il file .xml, come disposto dall’Agenzia ADM); efficientare il processo doganale, organizzando, in tal senso, attori e procedure. Ecco ciò su cui ogni azienda è chiamata a riflettere.

La dichiarazione è l’ultimo passo di una via lunga e complessa: se cambiano forma e informazioni di tale passo, occorre adeguare, in un’ottica di riduzione dei rischi, anche quelli precedenti.