Il Fisco italiano ha parecchi difetti ma perché l’Europa insiste sul catasto?

scritto da il 20 Giugno 2022

Post di Gabriele Confalonieri, dottorando in Economics and Finance – 

Nelle scorse settimane si è riacceso il dibattito sulla riforma del catasto, che approda alla Camera con la Delega fiscale. La Commissione Europea, nella sua relazione sull’Italia, ha sottolineato l’importanza di attuare riforme fiscali per favorire la crescita economica[1]. Il report evidenzia una serie di criticità del sistema fiscale italiano, tra cui compaiono le differenze tra i valori catastali e di mercato per la tassazione degli immobili. Perché la Commissione insiste su questo punto?

Confrontando le analisi di diverse istituzioni, questa è la figura che emerge. L’Italia ha imposte elevate sul lavoro. C’è un margine per abbassarle, spostando il carico fiscale verso forme di entrate meno penalizzanti per la crescita economica. Le imposte sugli immobili potrebbero prestarsi a questo ruolo, ma sono calcolate utilizzando valori di 30 anni fa. Questa criticità ne riduce il gettito e  svantaggia le famiglie più povere. Una revisione del catasto può correggere le distorsioni nel sistema e orientare maggiormente il paese a una crescita di lungo periodo.

Partiamo da un presupposto: il carico fiscale sul lavoro in Italia è elevato. Possiamo guardare ad esempio al cuneo fiscale (tax wedge), che misura la differenza tra il costo totale del lavoro e quanto arriva nelle tasche dei lavoratori. Nel 2021 questo indicatore era pari al 46.5% per l’Italia, contro una media OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) del 34.6%[2]. L’anno scorso avevamo quindi il quinto cuneo fiscale più alto tra i 38 paesi membri dell’OCSE, superati solo da Belgio, Germania, Austria e Francia.

Perché dovremmo preoccuparcene? Le imposte, non solo quelle sul lavoro, hanno degli effetti collaterali. Possono essere distorsive, influenzano cioè il comportamento degli agenti economici e generano delle inefficienze. Ad esempio, le imposte sul reddito possono alterare l’offerta di lavoro, influenzando sia la decisione di lavorare o meno, che la quantità di ore lavorate. Non tutte le imposte sono però distorsive allo stesso modo. Le imposte sul lavoro sono ritenute più penalizzanti per la crescita economica di altre, come ad esempio quelle sui consumi[3].

(Fusolino- Fotolia)

(Fusolino- Fotolia)

Arriviamo così al nocciolo della questione. Da un lato, ridurre il carico fiscale sul lavoro può essere benefico per la crescita e l’occupazione. Dall’altro, la tassazione dei redditi da lavoro è una componente importante dei conti pubblici italiani: stando agli ultimi dati della Commissione Europea, essa costituisce più della metà del gettito fiscale totale. Istituzioni come la Commissione Europea e la Banca d’Italia da tempo suggeriscono di spostare il carico fiscale dal lavoro ad altri tipi di entrate ritenute meno dannose per la crescita[4]. Tra queste spiccano le imposte sui consumi e la ricchezza, il che ci riporta al tema iniziale.

Ci possono essere diversi argomenti a favore e contro la tassazione del patrimonio immobiliare[5]. Ne elenco alcuni, partendo dai pro. Dati internazionali mostrano che le imposte sugli immobili, soprattutto quelle ricorrenti (come l’Imu), sono tra le meno penalizzanti per la crescita[6]. Gli immobili sono visibili e quindi più difficili da nascondere, il che può costituire un vantaggio nella lotta all’evasione. Inoltre, poiché la ricchezza è più concentrata dei redditi, questo tipo di tassazione può avere un ruolo redistributivo.

Tra gli argomenti contro, viene spesso citato l’onere di questo tipo di prelievo su famiglie che possiedono una casa pur avendo un reddito basso. Tassare gli immobili può gravare eccessivamente sulla classe media, che in essi ha investito una grossa frazione della propria ricchezza. Per alleviare questi effetti negativi, diversi Paesi prevedono esenzioni o detrazioni per famiglie a basso reddito. Inoltre, uno degli aspetti più critici risiede nel calcolo delle basi imponibili, che può introdurre inefficienze e iniquità nel sistema.

È qui che entra in gioco il catasto, l’inventario degli immobili.  Esso determina la base imponibile su cui vengono calcolate diverse imposte e tasse tra cui l’Imu e la Tasi. Le ultime revisioni dei valori catastali per i fabbricati risalgono al 1990 e sono basate sui prezzi del 1988-1989. Da allora ci sono stati diversi tentativi di riforma che però non sono andati a buon fine.[7] Ma i valori immobiliari sono cambiati tanto in tre decenni?

Sì. Un’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio mostra che i valori di mercato attuali sono circa 3 volte quelli catastali[8]. Questo dato si riferisce alla media su tutti gli immobili, e nasconde le grandi disomogeneità presenti sul territorio. Ad esempio, per un quarto delle case il valore catastale è inferiore al 26% di quello di mercato. Per un altro quarto di immobili i valori sono meno disallineati e questo numero sale al 63%[9]. Ci sono poi forti disparità tra aree geografiche, ma per tutte le regioni i valori medi di mercato sono maggiori di quelli catastali[10].

Il disallineamento dei valori catastali ha un impatto negativo sulle famiglie più povere. Uno dei motivi è che tanto più un immobile è stato registrato nel passato, tanto più il suo valore catastale tende ad essere lontano da quello di mercato. Sono cioè trattati più favorevolmente i proprietari di immobili vecchi, tipicamente situati in zone centrali. A parità di altre condizioni, chi possiede  immobili di più recente costruzione e registrazione, spesso locati nelle periferie, potrebbe dover pagare più tasse. Questo introduce delle iniquità, sfavorendo i contribuenti più poveri.

Una riforma del catasto può raggiungere due obiettivi. Da un lato, contribuirebbe a diminuire le forti disparità legate alla tassazione immobiliare, rendendola più equa. Può consentire inoltre di aumentare il gettito da questo tipo di entrata, a vantaggio dei nostri conti pubblici, prevedendo eventualmente detrazioni per ridurre l’impatto sulle famiglie a basso reddito. Maggiori prelievi sugli immobili potrebbero finanziare un riduzione delle imposte sul lavoro, con l’obiettivo di favorire la crescita economica.

 

NOTE

[1] Commissione Europea, Documento di lavoro dei Servizi della Commissione: relazione per paese relativa all’Italia 2022, 23 maggio 2022.

[2] OECD, Taxing Wages 2022. Il dato citato si riferisce alla retribuzione media di un lavoratore single senza figli.

[3] A. Johansson, C. Heady, J. M. Arnold, B. Brys, L. Vartia, Taxation and Economic Growth, OECD Economic Department Working Papers No. 620, 2008.

[4] Commissioni riunite VI della Camera dei Deputati e 6a del Senato della Repubblica, Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla Riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario – Testimonianza di Giacomo Ricotti, 11 gennaio 2021.

[5] B. Brys, S. Perret, A. Thomas, P. O’Reilly, Tax Design for Inclusive Economic Growth, OECD Taxation Working Papers, No. 26, 2016.

[6] J. Arnold, Do Tax Structures Affect Aggregate Economic Growth? Empirical Evidence from a Panel of OECD Countries, OECD Economics Department Working Papers No. 643, 2008.

[7] F. Bortolamai, I passati tentativi di riforma del catasto italiano e la situazione attuale, Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, 18 Marzo 2022

[8] Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, Audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza – Intervento di Alberto Zanardi , 20 ottobre 2021

[9] G. Trovati, Alla lotteria del Catasto gli immobili quotati un terzo del loro valore reale, Il Sole 24 ore, 8 marzo 2022

[10] Dipartimento delle Finanze e Agenzia delle Entrate, Gli immobili in Italia 2019