Lavoro autonomo, come sostenere neogenitori e caregiver

scritto da il 05 Settembre 2022

Post di Roberto Scurto, fondatore di PartitaIva24

Di fronte all’aumento del lavoro autonomo – +1,3% dati Istat – alla cui crescita ha contribuito anche la pandemia, non è più possibile rimandare una riflessione sui diritti di questa categoria di lavoratori. Oltre infatti all’importanza delle aliquote, diventa necessario un intervento pensato per i neogenitori e le persone che assistono chi è malato. Defiscalizzare il periodo di congedo parentale – obbligatorio in azienda – potrebbe essere il primo passo per un concreto aiuto agli autonomi. Come? Attraverso un bonus o un credito di imposta che copra i primi 36 mesi di maternità/paternità. Lo stesso discorso vale anche per le figure dei caregiver che, da dipendenti, possono fruire dei diritti riconosciuti dalla Legge 104/92.

Secondo gli ultimi dati Istat il tasso di occupazione femminile ha raggiunto a marzo di quest’anno quota 51,2 per cento, registrando un aumento di 0,5 punti su febbraio e di 2,8 rispetto a marzo 2021. Le donne occupate sono attualmente 9 milioni e 776 mila. Nell’anno l’occupazione è in crescita grazie ai dipendenti permanenti (+2,1%), a termine (+15,7%) e agli autonomi (+1,3%). Il calo del tasso di disoccupazione femminile, sceso di 0,6 punti percentuali, ha portato a ridurre il tasso di disoccupazione complessivo, registrato a marzo, all’8.3 per cento.

Se la worklife balance diventa la bussola per orientare le proprie scelte lavorative, devono essere riconsiderati alcuni aspetti che possono impattare sull’economia degli autonomi.

La formula dell’autoimpiego rimane infatti una scelta valida per chi desidera conciliare al meglio vita privata e lavoro, un’aspettativa che riguarda in particolar modo le donne, come testimoniato anche dal grande interesse rivolto al fondo impresa femminile recentemente lanciato da Invitalia ed esaurito in pochissimo tempo (quasi 5.000 le domande presentate da chi aveva un’impresa avviata da meno di 12 mesi). A questo si
aggiunga che l’Italia è il paese in cui gli stipendi sono diminuiti del 2,9% negli ultimi 30 anni, a fronte di un aumento del 15,5% in Olanda e del 33,7% della Germania. E’ indubbio che essere autonomi rappresenti una scelta coraggiosa ma anche gratificante, soprattutto alla luce dei recenti dati.

Occorrono però più tutele per chi ha in carico la cura dei propri familiari: in particolare, sarebbe opportuno prevedere una defiscalizzazione nella fascia di età da 0 a 3 anni per ripagare in qualche modo il minor tempo dedicato al lavoro per l’accudimento del bambino, tenendo anche conto che secondo gli ultimi dati di Bankitalia mantenere un figlio oggi costa una media di 640 euro al mese. Sappiamo ormai che molte aziende vanno incontro alle necessità dei neo genitori attraverso il prolungamento del congedo di paternità e la copertura dello stipendio per colmare il gap salariale del 70% dopo i cinque mesi di maternità obbligatoria. Ma nel caso delle partite Iva non vi è alcuna tutela. Stesso ragionamento per quanto concerne la Legge 104 che prevede delle misure ad hoc per i dipendenti caregiver: la legge stabilisce che chi ha ad esempio un familiare con patologia invalidante o handicap grave ha diritto a 3 giorni al mese di permessi retribuiti che è possibile frazionare in ore (purché non si superi il triplo delle ore lavorative giornaliere).

lavoroautonomotax

La nostra riflessione verte proprio su questa disparità tra lavoratori. I familiari di un lavoratore dipendente hanno forse più bisogno o più diritti di quelli di un autonomo? Riteniamo che vada introdotto il prima possibile un bonus sostitutivo di alcuni dei benefici più importanti della legge 104 di cui usufruiscono già da anni i dipendenti a favore di imprenditori e professionisti; si potrebbe far monetizzare loro ad esempio un bonus esentasse pari ad almeno 1/12 del loro reddito annuale con un minimo di 1500 euro netti annui fino ad un massimo di 3500 euro, se consideriamo che un dipendente può avere riconosciuti permessi retribuiti per quasi 40 giorni all’anno. Questa sarebbe
una misura di civiltà che permetterebbe agli autonomi di farsi sostituire da colleghi e collaboratori nei giorni di assenza dal lavoro aiutandoli almeno parzialmente nel fronteggiare tali spese.

Se l’Italia vuole tornare a crescere dobbiamo in primis aiutare e supportare chi impatta veramente sull’economia reale; avere una partita Iva oggi non può essere sinonimo di soggetto svantaggiato o di soggetto senza diritti.