Il dollaro regna sovrano, ma l’inflazione fa danni in tutto il mondo

scritto da il 27 Ottobre 2022

Post di Michele Sansone, Country Manager di iBanFirst in Italia – 

La nuova egemonia del dollaro continua ad avere forti ripercussioni sulla salute delle finanze pubbliche e sui bilanci delle imprese. La forza della valuta statunitense si traduce automaticamente in un deprezzamento delle altre, come nel caso dell’euro. La coppia euro/dollaro ha infatti perso il 13% del suo valore nel corso dell’anno e probabilmente si tratta soltanto dell’inizio. Come sottolineato anche dal presidente Joe Biden, il dollaro continua a tenere banco e regnare sovrano, ma lo scenario di inflazione si ripercuote sul mondo intero.

Big Tech paga la forza del dollaro

Utilizzando i dati degli asset manager Morningstar e State Street Global Advisors (in particolare gli ETF per l’Europa, che replicano le performance dei principali settori quotati in borsa), è possibile avere un’idea dell’esposizione di ciascun settore alle fluttuazioni del dollaro. Negli Stati Uniti, ad esempio, i grandi player della tecnologia come Meta, Amazon e Apple sono i più colpiti dalla forza del dollaro. Uno scenario alquanto logico dal momento che il loro mercato è globale e, in molti casi, più della metà dei loro ricavi sono generati al di fuori del territorio statunitense.

Alle spalle di questo gruppo di leader si trovano il settore dei materiali di base (aziende che producono metalli, prodotti chimici o metalli non ferrosi) e il settore dei servizi di telecomunicazione. Alcune imprese statunitensi sono particolarmente esposte al dollaro forte, soprattutto quelle che operano a livello internazionale. Una società statunitense che genera una parte delle sue vendite in Europa registrerà automaticamente, a vendite costanti, una riduzione dell’utile netto per effetto di tassi di cambio sfavorevoli (una volta che gli utili delle sue filiali europee saranno rimpatriati e consolidati in dollari).

dollaro

Fino a quanto può scendere l’euro?

Prevediamo che nel corso dell’inverno si possa raggiungere un minimo di 0,90, conseguenza diretta delle prossime difficoltà di approvvigionamento. Ma non siamo i più pessimisti. Gli strateghi di Citi prevedono infatti che l’euro possa scendere fino a 0,86, trascinato dal rischio recessione dell’eurozona e dalla crisi energetica. L’egemonia del dollaro è al tempo stesso causa e sintomo della perdita di attrattiva di un continente europeo che subisce il peso di un’inflazione vertiginosa alimentata da una crisi energetica accentuata dal tasso di cambio sfavorevole dei materiali importati.

Il settore sanitario europeo rimane uno dei più stabili

In Europa, invece, alcuni gruppi dovrebbero uscirne rafforzati. È il caso delle aziende del settore sanitario, le principali beneficiarie in quanto traggono una quota maggiore dei loro ricavi dal mercato statunitense rispetto ad altre. In seconda e terza posizione troviamo rispettivamente i beni di consumo (elettronica, abbigliamento e beni di lusso, ad esempio) e il settore manifatturiero. Al contrario, le aziende che operano nel settore dei servizi pubblici, delle costruzioni e della finanza (quest’ultima spesso assente dal mercato statunitense a causa delle barriere all’ingresso e dei rischi legali) sono meno esposte in termini di vendite.

Dollaro forte acceleratore della recessione

Un dollaro eccessivamente forte è un acceleratore della recessione che inizia generalmente nei Paesi emergenti, particolarmente sensibili alle fluttuazioni dei cambi. Anche l’eurozona è in prima linea. E mentre gli economisti continuano a discutere sul livello ideale della coppia EUR/USD dal punto di vista economico, ci sono pochi dubbi sul fatto che un euro sotto la parità sia problematico. Come nel caso delle crisi sanitarie, nessuna regione geografica può considerarsi immune da un dollaro troppo potente. L’inflazione importata finirà prima o poi per contaminare l’economia globale.