Occidente addio. L’exploit della Cina al ribasso?

scritto da il 23 Novembre 2022

Articolo di Luca Battaglia, laureando in Finanza Aziendale ed appassionato di tematiche economiche e politiche, sia nazionali che internazionali. Co-fondatore del blog Pillole di Politica –

Servirà davvero aspettare il 2030 per far sì che l’economia cinese superi definitivamente quella statunitense, come pronosticato da diversi analisti in giro per il mondo?

Se considerassimo l’attuale andamento del ciclo economico cinese, potremmo facilmente notare che, rispetto ad Europa e Stati Uniti, l’inflazione non presenta valori elevati; di fatto, nell’ultimo anno non è stato mai superato il 2,8%, rendendo dunque non necessario un intervento da parte della Banca Popolare Cinese, volto all’incremento dei tassi di interesse per contrastare l’incremento dei prezzi.

La politica monetaria

Al contrario, ha preso forma un processo di taglio dei tassi, in controtendenza rispetto a quanto accade oggi in numerosi paesi occidentali. Inoltre, se per molte nazioni (come l’Inghilterra delle ultime settimane) il tasso di crescita del PIL presenta valori sconcertanti, parlando in alcuni casi di probabile recessione tecnica, in Cina accade, anche in questo caso, l’opposto.

Questo sfocia nell’importante considerazione relativa alla distanza economica (oltre a quella geografica e sociale) che contraddistingue oggi Cina e Resto del Mondo. Alcuni studi mostrano chiaramente come i mercati cinesi e globali siano caratterizzati da un indice di correlazione davvero basso (soprattutto nell’obbligazionario), aggirandosi, negli ultimi anni, intorno allo 0,50-0,60% circa.

Cina, un ciclo economico differente

Ciò a conferma del fatto che la Cina sta attualmente vivendo una fase del ciclo economico totalmente diversa rispetto a quanto accade altrove, incentivando l’investitore ad esporsi maggiormente verso il mercato cinese.

Ma l’aspetto che più di tutti va certamente attenzionato risulta essere la consapevolezza delle fondamenta del modello cinese odierno. Possiamo definirlo un mix di capitalismo e comunismo mosso da logiche spesso contrastanti. Ad esempio l’elevata spesa pubblica e la presenza di grandi realtà aziendali private.

Di fatto, sembra essere proprio questa miscela di regolamentazioni a spingere diversi investitori, con differenti prospettive di profitto, a direzionarsi verso il mercato cinese, sfruttando le varie opportunità che un mercato così dinamico riesce a garantire.

Cina

Immagine di Jerry Wang per Unsplash

Le tre criticità 

Oggi Pechino investe molto in innovazione tecnologica, ma al contempo diversi scenari la distinguono non poco dalle altre potenze mondiali, rischiando di attenuare l’entusiasmo creatosi attorno al modello cinese nel corso degli ultimi anni. Si tratta di criticità di vario stampo che possono spesso risultare decisive nelle scelte di investimento degli investitori esteri:

– le tensioni commerciali con gli Stati Uniti ed il nervosismo legato alla questione Taiwan; la riconferma di Xi Jinping per il suo terzo mandato, figura che in numerosi iniziano a criticare perché causa del rallentamento della crescita cinese;

– la crescente disoccupazione giovanile; il default di numerosi costruttori cinesi tra cui il colosso Evergrande, con l’innesco di una crisi di settore (quello immobiliare) che da solo vale quasi il 30% del PIL cinese, con conseguenti cali delle vendite e dei prezzi degli immobili, inadempienze obbligazionarie e sospensioni di numerose costruzioni abitative;

– i continui lockdown dovuti alla pandemia da Covid-19, alla ricerca dell’obiettivo ‘zero-Covid’ portato avanti da una politica spesso disumana.

Le contraddizioni interne della Cina

Il Dragone ha, nel corso degli ultimi anni, creato solide basi per diventare presto la prima superpotenza mondiale. In questo modo ha dato vita ad una forte opposizione contro il modello statunitense. Ma la Cina deve al contempo fare i conti con alcune difficoltà che, nonostante i successi raggiunti in ambito geopolitico, tutt’oggi la caratterizzano internamente.

Di fatto, la domanda che bisogna porsi è se riuscirà o meno la Cina a sfruttare la propria presa di distanze dall’Occidente per rimettersi in corsa verso l’obiettivo di ‘prima nazione al mondo’ in termini di crescita economica.