Ischia non è un caso isolato. Lo strumento necessario è una legge quadro

scritto da il 02 Dicembre 2022

Post di G. Tiziana Gallo, progettista e pianificatrice esperta di rigenerazione urbana –

Questo era lo stato dei luoghi della frana di Ischia nel 1935. È evidente la presenza di attività agricola, di terrazzamenti, di canalizzazioni. Vi era una cultura diffusa degli agricoltori, che conoscevano molto bene, come gestire il territorio. Una cosa era chiara. Lì passava l’acqua e quel passaggio veniva rispettato e gestito e usato per coltivare la terra.

Ischia

Oggi

Ischia

Attività agricola scomparsa, terrazzamenti scomparsi, senza piantare alberature, canale scomparso. Anzi, al loro posto strade (impermeabili) e case abusive. Zero manutenzione del territorio.

Il 25 novembre 2022 una enorme massa di fango e detriti travolge Casamicciola.

Ischia

Caduti in poche ore 126 mm in 6 ore dato mai raggiunto da 20 anni.

E questo non pensate succeda solo a Ischia. Perché nel resto d’Italia case nelle stesse condizioni, magari hanno pure i permessi rilasciati. Incuranti del fatto che l’acqua ha memoria. E passa dove è sempre passata.

Contemporaneamente la violenza e concentrazione delle piogge che avveniva ogni 200 anni, oggi si verifica 2 volte nell’arco di 10 anni (dato rilevabile tanto a Ischia che nei luoghi devastati dall’alluvione nelle Marche). Questo a causa dei cambiamenti climatici.

Facciamo un po’ di storia.

L’Italia ha un lungo rapporto con i disastri idrogeologici. Non solo nell’agosto appena trascorso hanno vissuto la stessa orribile esperienza città come Senigallia, Cantiano, luoghi bellissimi come la stessa Ischia. Fu proprio uno sconvolgimento ancora più grande a produrre la prima importante legge sulla gestione delle costruzioni e del territorio. Infatti nel 1967 fu emanata la cosiddetta “Legge Ponte” successiva alla enorme alluvione che colpì la città di Firenze nel 1966.

L’Italia da decenni ha perso il suo equilibrio, il disastro di Ischia lo racconta molto bene.

E non uso il termine disastro a caso. Perché è un vero e proprio disastro generato.

Non stanno capitando e non sono capitati per caso.

C’è una costante “azione” da una parte e “non azione”dall’altra, dell’uomo che li provocano.

A Ischia hanno concorso tre fattori:

1. Abusivismo ed eccesso consumo di suolo senza regole

2. Dissesto idrogeologico a causa della non conoscenza diffuso del territorio e della gestione delle acque

3. I cambiamenti climatici

Ѐ chiaro che non si può fermare tutto questo valutando un solo intervento o peggio, colpevolizzando gli ischitani per quelle case abusive.

Perché mi duole dirlo, ma in moltissime città italiane case nelle medesime condizioni hanno una autorizzazione con regolare permesso.

Le città italiane sono piene di fiumi cancellati da strade asfaltate, canali tombati con su costruiti degli edifici. E questo da nord a sud.

Ѐ per questo che voglio evidenziare l’ottima iniziativa assunta da tutte le associazioni di urbanisti italiani, che hanno scritto alle competenti commissioni parlamentari, per riprendere il percorso di approvazione della legge sul “consumo di suolo” e sulla “rigenerazione urbana”. Entrambe puntano a far diventare di sistema la gestione del territorio e delle città.

Ѐ fondamentale, allo stesso tempo, agire sulla cultura diffusa della gestione e uso del territorio. Perché è importante far comprendere, e andrebbe insegnato a scuola, che chiunque costruisca in situazioni ad alto dissesto idrogeologico, che sia la propria casa o la propria azienda, sta ponendo le basi per la propria tragedia.

Perché va combattuta l’idea del “se mi lasciano fare io lo faccio”.

Perché nessun condono vi salverà dall’arrivo di un fiume carico di fango, alberi, auto, cadaveri trasportati dall’acqua.

Pertanto siate voi i primi ad agire contro questi fenomeni, per salvare voi stessi e la vostra famiglia.

Non costruite abusivo!

Il mondo della conoscenza deve sostenere questo processo.

Le università (tutte le università, non solo le tecniche), le associazioni che raccolgono le varie specializzazioni, gli ordini professionali, si uniscano in questo percorso avviato dagli urbanisti.

Perché noi, come i politici, abbiamo la responsabilità della gestione del territorio (e le università formano tali figure).

Siamo noi come categorie che supportiamo i decision maker dal livello governativo, europeo e italiano, fino a quello comunale.

E siamo noi che possiamo fare in modo, unendo le forze, che dopo il disastro di Ischia, si attui ciò che doveva essere fatto dopo la legge ponte del ’67 e non è mai stato fatto (la attuale normativa sull’urbanistica in Italia è datata 1952): una legge quadro sulla gestione del territorio, tendente al consumo di suolo zero. E fondata su un Piano nazionale per la rigenerazione urbana, per l’adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.