Emergenza energia tra price cap (senza floor) e troppi regolamenti Ue

scritto da il 17 Gennaio 2023

Post di Pedro Pereira, Managing Director Southern Europe di Eurowind Energy, azienda attiva nel settore dell’energia rinnovabile –

A fronte dell’invasione russa dell’Ucraina a febbraio dell’anno scorso, il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno approvato diverse misure di emergenza per ridurre la domanda di gas e di elettricità e per accelerare la diffusione delle fonti di energia rinnovabili rendendo la produzione di energia della UE più competitiva, autonoma e sicura.

A maggio 2022, la Commissione europea ha messo in atto il piano REPowerEU con l’obiettivo di diversificare le fonti di produzione energetica in un’ottica di transizione “green” e di risparmio energetico. Questo piano proponeva, ad esempio, misure per semplificare le lunghe e complesse procedure amministrative che ostacolano la rapidità e la portata degli investimenti nell’energia da fonti rinnovabili e relative infrastrutture.

Il tentativo di accelerare

Inoltre, il Consiglio Europeo ha chiesto di velocizzare le procedure autorizzative al fine di accelerare la diffusione dell’energia rinnovabile per mezzo di una proposta di modifica alla cosiddetta Renewable Energy Directive 2 (RED2). Tale modifica proponeva tempi massimi di autorizzazione di un anno per progetti di energia rinnovabile sviluppati in aree specificamente designate (“go to areas”), e di 2 anni per quelli sviluppati al di fuori. Più recentemente, sempre lo stesso Consiglio ha fatto un ulteriore passo avanti con l’approvazione del Regolamento (UE) 2022/2577 del 22 dicembre 2022 che stabilisce norme temporanee di carattere emergenziale tese ad accelerare le procedure autorizzative applicabili alla produzione di energia da fonti rinnovabili e quindi, la diffusione di questo tipo di energie nella UE.

Emergenza energia, la resistenza delle Regioni

Tali direttive sono state naturalmente recepite dal governo italiano anche per mitigare l’emergenza energetica dettata dalla dipendenza dal gas russo (che un anno fa copriva il 45% del fabbisogno nazionale). I decreti attuativi mirano ad agevolare le procedure autorizzative (tipicamente molto lunghe); l’esperienza purtroppo dimostra come tali semplificazioni si scontrano spesso con la resistenza endemica delle amministrazioni regionali che tendono a non rispettare alla lettera i decreti nazionali.

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Energia rinnovabile, per il via ai progetti almeno due anni

Insomma, da un lato l’intenzione dichiarata della UE e del governo italiano è di agevolare drasticamente le procedure autorizzative dei progetti di energia rinnovabile. Dall’altro lato, nella realtà gli operatori di settore, si scontrano con l’impossibilità di autorizzare un progetto solare o eolico a grande scala in meno di due anni in qualsiasi regione italiana.

Precedentemente il Consiglio aveva già approvato il Regolamento (UE) 2022/1854 del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia. Fra le altre misure, questo Regolamento stabiliva una riduzione del consumo lordo di energia elettrica, durante le ore di punta, del 10% e un tetto obbligatorio sui ricavi di mercato di 180  EUR per MWh di energia elettrica prodotta, ma soprattutto per impianti di energia rinnovabile, così come altre misure per conseguire la riduzione della domanda.

Bassi costi di esercizio, bollette meno care

La premessa principale di queste misure è chiara: grazie ai bassi costi di esercizio, una quota maggiore di fonti di energia rinnovabili nel sistema energetico dell’UE può contribuire a ridurre le bollette energetiche, rendendo allo stesso tempo l’UE più autonoma nella sua produzione energetica.

Ma troppi regolamenti e misure pericolose

Gran parte di queste misure sono comprensibili e si possono considerare come positive; allo stesso tempo, esse sono stravolgenti considerando il numero di nuovi regolamenti adottati, talvolta troppo affrettati e non adeguatamente ponderati a causa della premura nel trovare delle soluzioni “dall’oggi al domani” in modo da porre fine a questa o quell’emergenza contingente.

Alcune misure si possono addirittura considerare pericolose; ad esempio, il tetto sul prezzo dell’energia elettrica (“price cap”), che costituisce una distorsione delle regole del mercato e penalizza soprattutto chi più contribuisce alla riduzione della bolletta elettrica. Ad ogni buon conto, per tanti anni le rinnovabili sono state accusate di aumentare il costo dell’energia elettrica in quanto sostenute per un periodo (necessario e iniziale) dai governi europei con degli incentivi. Tali incentivi hanno permesso gradualmente di abbassarne il costo, rendendo incontestabilmente le fonti di energia più economiche ad oggi. Ironicamente, le tariffe di cui tanti impianti ancora usufruiscono attualmente per investimenti fatti sin da 20 anni fa, sono significativamente inferiori rispetto ai prezzi attuali dell’energia elettrica, il che si traduce in un guadagno per tutti i consumatori.

Per il price cap servirebbe un floor

Inoltre, la misura del “price cap” è emersa in uno scenario insostenibile di prezzi elevati, con il fine di proteggere i consumatori (quindi, tale misura sarebbe comprensibile). Tuttavia, in presenza di un’interferenza regolatoria che limita i prezzi di mercato (cap), non sarebbe legittimo aspettarsi una reciprocità di definizione di un prezzo minimo (floor) quando, ad esempio, durante la pandemia questi prezzi sono arrivati a minimi storici? Questo per proteggere proprio quegli investitori che contribuiscono a contenere i costi dell’energia.

Rinnovabili, la beffa delle misure retroattive

L’art. 15-bis del d.l. n. 4/2022 che stabilisce un meccanismo di “compensazione a due vie” per i produttori di energia rinnovabile ci dà un altro esempio negativo su come il governo italiano ha deciso di affrontare il problema del caro bolletta a scapito di alcuni produttori di energia rinnovabile. Questo meccanismo, valido sin da febbraio dell’anno scorso, rientra nel novero delle misure introdotte in Italia per intercettare i supposti “extraprofitti” energetici. Come può un governo cercare di agevolare degli investimenti in energie rinnovabili e in contrasto penalizzare questi investitori attaccando il loro guadagno, per giunta retroattivamente? Non a caso, il TAR Lombardia ha accolto un ricorso contro questo decreto. Con l’annullamento di tali atti, verrebbe meno l’obbligo di restituzione delle somme richieste dal GSE e il diritto di tale soggetto di applicare il prezzo di riferimento imposto dall’art. 15-bis.

Energia rinnovabile, evitare il paradosso della penalizzazione

La situazione è al momento sospesa, in attesa sia delle motivazioni della sentenza con cui il TAR Lombardia ha annullato la delibera ARERA, sia della pronuncia del Consiglio di Stato, a cui l’Autorità si è rivolta contro la decisione del TAR. Qualunque sia la decisione finale, però, questa vicenda sicuramente non dà fiducia al settore, né aiuta a combattere l’attuale emergenza energetica.

Le rinnovabili sono la soluzione più efficace per salvarci del caro bolletta e della dipendenza energetica. Pertanto, fra tante misure di emergenza bisogna fare attenzione per evitare che, paradossalmente, sia penalizzato chi ha la chiave per salvarci della crisi energetica. Piuttosto, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nazionale richiede un piano strategico di lungo termine chiaro e che rafforzi la certezza legislativa, regolatoria e politica per chi fa questo tipo di investimenti di lungo termine.