PNRR e burocrazia, è corto circuito. Così va messa a punto la macchina

scritto da il 29 Marzo 2023

Uno dei grandi limiti della gestione del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, è la notevole lentezza della macchina amministrativa intesa come una burocrazia pachidermica che rallenta le procedure della gestione dei fondi. A tal riguardo si è resa necessaria una riorganizzazione per affrontare al meglio le scadenze imposte dal Piano rafforzando i ruoli della struttura di governo strategico del PNRR in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e quella tecnico-operativa in capo al MEF. Un ruolo inoltre primario avrà il Servizio Centrale della Ragioneria Generale rinominato Ispettorato generale del PNRR.

Al via la riorganizzazione da Chigi e Mef

Come dichiarato dal Ministro Giorgetti “tale struttura svolgerà compiti di coordinamento operativo sull’attuazione, gestione finanziaria e monitoraggio del PNRR nonché di controllo e rendicontazione all’Unione Europea” oltre ad avere la gestione del Fondo di rotazione del Next Generation EU-Italia, dei flussi finanziari e del sistema informativo ReGis (presidio a tutela del rispetto dei cronoprogrammi e di allerta per attivare eventuali poteri sostitutivi).

Inoltre, come affermato dal Ministro “la Ragioneria Generale dello Stato assicuri, tramite l’Ispettorato generale per il Pnrr e delle Ragionerie territoriali, il supporto tecnico, non solo alle amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR, ma anche alle amministrazioni territoriali responsabili dell’attuazione degli interventi Pnrr”.

PNRR, accelerare l’attuazione dei bandi

Una profonda rivisitazione del sistema di governance pone l’accento su una necessità ormai non rinviabile, ovvero accelerare l’attuazione di bandi in un periodo storico cruciale dove ai nuovi incentivi si aggiungerà la rendicontazione di quelli già attuati. Con il pericolo che la macchina amministrativa vada in gravi difficoltà oltre che in ritardi non ammissibili per i vincoli di target e milestone imposti dal Piano.

A tal riguardo il rapporto Svimez del 10 marzo pone l’accento sui ritardi nella realizzazione degli investimenti al Sud già in fase di affidamento tecnico, dove sostanzialmente i Comuni del Mezzogiorno riescono ad aggiudicarsi maggiori bandi rispetto ai Comuni del Centro – Nord, 62% contro il 57%, ma i tempi tecnici per la realizzazione delle opere poi sono molto più lunghi al Sud arrivando anche a 3 anni, circa 9 mesi in più sulla media nazionale e addirittura 1 anno e mezzo rispetto al Nord – Ovest.

La palude burocratica nei piccoli Comuni

I motivi sono sia le lungaggini burocratiche, specialmente nei comuni più piccoli, di carenza di personale qualificato a cui concedere in maniera efficace l’affidamento dei lavori e vedendosi costretti  ad attingere a consulenze esterne con contratti a termine per i quali, oltre ad auspicarne la stabilizzazione, occorre rafforzare le figure già presenti negli organici del personale.

Incombe la scadenza del 30 giugno

Se da un lato si rende necessaria, dopo la riorganizzazione, una rivisitazione delle procedure, in linea con quanto detto dal Ministro Giorgetti, dall’altro il vero pericolo risiede proprio nella lentezza nell’applicare le modifiche. Indipendentemente dall’utilizzo del d.l. 173/22 art 13 sulle procedure semplificate per la riorganizzazione dei Ministeri, oltre all’iter legislativo che dovrà avere il decreto legge tra conversione in legge (con il “pericolo anche di modifiche), ruolo dei Ministeri e decreti attuativi vi è un pericolo concreto ad horas che risiede nell’organizzazione degli uffici secondo le nuove disposizioni ed il coordinamento tra le varie aree, con la scadenza del 30 giugno che incombe per il raggiungimento degli obiettivi di target e milestone.

Un primo importante passo è stato fatto con il parere positivo dato dalla Conferenza unificata di Regione, Province e Comuni segnale di collaborazione importante tra il Governo e gli Enti locali, come ha dichiarato il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto che afferma inoltre: “Sicuramente non mancheranno anche nelle prossime settimane durante i lavori parlamentari, quando il Governo sarà pronto ad accogliere emendamenti migliorativi del testo, al fine di mettere in campo una serie di azioni per favorire l’accelerazione e il miglioramento della qualità della spesa dei fondi, sia del PNRR sia della politica di coesione”.

ANCI e il silenzio assenso

A tal riguardo Anci ha presentato alcuni emendamenti al Dl Governance e Pnrr puntando sulla semplificazione delle procedure come ad esempio l’utilizzo del “silenzio assenso” attivando quindi poteri sostitutivi da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, una flessibilità nella gestione dei fondi del PNRR per le spese correnti chiarendo in tal modo i dubbi interpretativi della destinazione dei fondi PNC destinati alle spese sopra dette, la riduzione dei termini delle autorizzazioni come ad esempio i vincoli paesaggistici e l’aumento delle soglie per procedure semplificate alle stazioni appaltanti, la stabilizzazione dei dipendenti qualificati assunti a tempo determinato per l’attuazione del PNRR, impegnati nelle mansioni inerenti il Pnrr, l’incremento delle risorse disponibili della Pubblica Amministrazione da destinare alla retribuzione del personale coinvolto e infine la flessibilità di utilizzare i fondi già stanziati per fronteggiare l’incremento dei costi energetici.

La rivisitazione necessaria del PNRR

Sicuramente una delle sfide dei prossimi mesi sarà quella di trattare una rivisitazione del Piano, nato in un periodo critico e pandemico ma senza tener conto della profonda crisi energetica e conseguente inflazione derivata che sta colpendo l’area europea.

Un passo importante verso un aiuto alla crisi energetica è stato l’avvio dei fondi venture capital destinati alle startup per la transizione ecologica e digitale “Green Transition Fund”  e “Digital Transition Fund”, per un totale di 550 milioni di euro, di cui il 40% destinato alle Regioni del Mezzogiorno, gestiti da CDP Venture Capital SGR per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che appunto potranno prevedere investimenti in energia rinnovabile, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, mentre quelli legati alla transizione digitale dovranno interessare gli ambiti come l’Intelligenza Artificiale, l’Industria 4.0, la cyber sicurezza, fintech e blockchain.

Innegabilmente questa criticità non può avere risvolti solo sui fondi del PNRR ma anche sui fondi strutturali che, ricordiamo, essere a vocazione regionale.

PNRR

Immagine dal Sole 24 Ore

Dirottare i fondi strutturali europei e nazionali

Avere la possibilità di attingere a fondi strutturali europei e nazionali già stanziati e dirottarli su altri obiettivi, anche critici quali l’energia, rappresenterebbe un cambiamento importante della politica di coesione ma anche in questo caso non possono mancare le opportune riflessioni.

La politica di coesione ha carattere territoriale e regionale e, come dichiarato dalla Commissaria alle politiche regionali e alle riforme Elisa Ferreira “Migliorare l’impatto e l’efficienza degli investimenti finanziati dalla politica di coesione va di pari passo con il rispetto della loro natura territoriale e della logica regionale”. Ad oggi credo sia complesso pensare ad una rivisitazione della politica di coesione, l’enorme disponibilità di fondi strutturali, seconda solo alla Polonia, e l’avvio della programmazione da parte delle Regioni, rende il percorso molto impervio e pieno di rischi.

Il ruolo di Regioni, Università, banche, multinazionali della consulenza

Il ruolo svolto dalla Regioni, e dalle finanziarie regionali, sarà decisivo nel cambiare il trend che spesso in passato ha portato a perdere opportunità importanti per la complessa e lentissima macchina amministrativa.

Proprio il ruolo delle finanziarie regionali potrebbe essere ancora più ampio, coinvolgendo le stesse anche sui fondi del PNRR, unitamente al mondo delle Università e delle libere professioni a partire dai dottori commercialisti fino ai grandi gruppi di consulenza multinazionali come  EYDeloittePwC e KPMG, quello delle banche sia come le grandi realtà come Intesa SanpaoloUniCredit e Mediobanca che con le piccole banche dei territori come quelle del sistema Gruppo BCC Iccrea.

Il supporto ai Comuni è indispensabile

Sarebbe opportuno avere un ruolo da supporto non solo per le imprese ma anche per i Comuni, utilizzare come dichiarato dal Presidente di Anfir, Prof. Michele Vietti, le finanziarie regionali come “Istituto di promozione” creando una coerenza operativa tra i diversi soggetti che a livello nazionale e regionale svolgono la funzione di sostegno finanziario alle imprese italiane e porrebbe i presupposti per la revisione e il riordino dei sistemi di incentivazione e supporto al sistema produttivo”.

La necessità dei Comuni di supporto è oramai acclarata, specialmente quelli di dimensione più ridotta hanno necessità di avere consulenza qualificata ed esperta visti i tempi stringenti delle procedure target e milestone, e proprio a tal riguardo una modifica che parta dal basso, quindi dall’aspetto delle consulenze qualificate, potrebbe aiutare in modo importante all’ottenimento dei fondi.

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