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Affitti stellari a Milano. Il problema è grave ma è sufficiente un comma
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Post di Tomaso Greco, fondatore del movimento di sensibilizzazione “Milano, l’affitto, che fatica” che ha raccolto oltre 5.000 sostenitori grazie al passaparola sui social network. Editore, laurea in Legge e dottorato in Filosofia e Sociologia del Diritto, ha completato la sua formazione alla Yale University –
A Milano il canone medio mensile per l’affitto è di 825,56 euro ed è in costante aumento. A Parigi la media si attesta sui 918,16 euro mensili, mentre ad Amsterdam raggiunge addirittura i 1286,59 euro. Berlino e Madrid con rispettivamente 781,40 euro e 784,22 euro sono in linea con il capoluogo lombardo. Ma liquidare il caro affitti milanese come una caratteristica comune alle grandi città europee, quasi fosse un fatto inevitabile o peggio un vanto, è molto pericoloso. Milano non è la più cara, ma di certo è quella che ha gli stipendi più bassi tra le metropoli continentali e questo è il nodo cruciale su cui nessuno si sofferma.
Gli affitti pesano più della metà dello stipendio medio
Guardiamo nel dettaglio: a Milano l’affitto pesa in media il 51,6% dello stipendio medio, che è di circa 30.000 euro annui, mentre nelle altre città europee il rapporto risulta nettamente più equilibrato, tra il 28 e il 40%. Un delta in cui non a caso ricadono la maggior parte dei criteri con cui vengono erogati i mutui, che non dovrebbero impiegare più del 28% delle entrate.
Le detrazioni come sono oggi
Una soluzione immediata esiste già da anni e si chiama detrazioni, tema che ho riproposto al recente Forum dell’Abitare promosso dal Comune di Milano, in occasione del quale ho ribadito che è un diritto di chi lavora a Milano poter vivere la città senza grandi sacrifici. Al momento però possono usufruire della principale forma di detrazione solo coloro che hanno un reddito inferiore a 15.493 €, con un’età massima di 31 anni e per un totale di 2000€ annui.
Troppe persone tagliate fuori dalla norma attuale
Così concepita, la norma taglia fuori una grossa fetta di persone che guadagnano troppo per usufruire di questa opportunità o per accedere all’edilizia pubblica e all’housing sociale, ma troppo poco per accedere al libero mercato. E’ chiaro che questa soluzione – valida, ad esempio, per Palermo o Torino – a Milano non funziona, perché è inadeguata rispetto alle esigenze della città.
Chi vive a Milano deve poter contare almeno sugli stessi aiuti in percentuale di chi vive altrove e perché questo avvenga è necessario alzare i parametri (a partire dal reddito) previsti da questa norma. Non si può continuare ignorare che Milano non ha gli stessi affitti e costi del resto d’Italia. Adeguare questa misura al costo della vita meneghino significa offrire a tutti le stesse opportunità di benessere e sicurezza economica.
Affitti troppo cari producono più working poors
Il rischio è altrimenti quello di creare un progressivo aumento dei cosiddetti working poors, cioè coloro che nonostante abbiano un impiego rientrano comunque nelle fasce di povertà.
Canoni +40% vs. stipendi +5%
Basti pensare che negli ultimi anni il costo delle case è aumentato del 40% mentre gli stipendi del 5%. La casa è un bene essenziale, non possiamo pensare che si lavori fino al 15 del mese solo per pagare l’affitto. Questo dato contribuisce a rendere la realtà di Milano tra le peggiori in Europa, e la peggiore in assoluto per gli under 40 che hanno redditi più bassi rispetto ai loro coetanei nelle grandi città europee.
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(luca – stock.adobe.com)
Il confronto con altre grandi città italiane è imbarazzante
Anche dal raffronto con le altre città italiane emerge la particolarità della situazione milanese. Se a Milano con 1000 € al mese è possibile affittare un bilocale di 55 mq, certamente non in una zona centrale, a Palermo si può aspirare a un appartamento di 222 mq e a Torino di 113 mq. Una differenza di costi che non corrisponde a quella tra gli stipendi, soprattutto quando si considerano categorie come per esempio insegnanti e dipendenti pubblici.
La crescita del pendolarismo
Questa situazione costringe migliaia di persone al pendolarismo quotidiano con luoghi di residenza distanti anche fino a 100 km, con il conseguente aumento dei costi di trasporto per il singolo lavoratore e con ricadute negative sul benessere generale e la qualità di vita.
Basterebbe un comma
Le detrazioni esistono già, è sufficiente adeguarle aggiungendo un comma alla normativa in vigore… Ma serve la volontà politica di farlo. Milano deve tornare a essere la città delle opportunità diffuse.