Affitti stellari a Milano. Il problema è grave ma è sufficiente un comma

scritto da il 13 Aprile 2023

Post di Tomaso Greco, fondatore del movimento di sensibilizzazione “Milano, l’affitto, che fatica” che ha raccolto oltre 5.000 sostenitori grazie al passaparola sui social network. Editore, laurea in Legge e dottorato in Filosofia e Sociologia del Diritto, ha completato la sua formazione alla Yale University – 

A Milano il canone medio mensile per l’affitto è di 825,56 euro ed è in costante aumento. A Parigi la media si attesta sui 918,16 euro mensili, mentre ad Amsterdam raggiunge addirittura i 1286,59 euro. Berlino e Madrid con rispettivamente 781,40 euro e 784,22 euro sono in linea con il capoluogo lombardo. Ma liquidare il caro affitti milanese come una caratteristica comune alle grandi città europee, quasi fosse un fatto inevitabile o peggio un vanto, è molto pericoloso. Milano non è la più cara, ma di certo è quella che ha gli stipendi più bassi tra le metropoli continentali e questo è il nodo cruciale su cui nessuno si sofferma.

Gli affitti pesano più della metà dello stipendio medio

Guardiamo nel dettaglio: a Milano l’affitto pesa in media il 51,6% dello stipendio medio, che è di circa 30.000 euro annui, mentre nelle altre città europee il rapporto risulta nettamente più equilibrato, tra il 28 e il 40%. Un delta in cui non a caso ricadono la maggior parte dei criteri con cui vengono erogati i mutui, che non dovrebbero impiegare più del 28% delle entrate.

Le detrazioni come sono oggi

Una soluzione immediata esiste già da anni e si chiama detrazioni, tema che ho riproposto al recente Forum dell’Abitare promosso dal Comune di Milano, in occasione del quale ho ribadito che è un diritto di chi lavora a Milano poter vivere la città senza grandi sacrifici. Al momento però possono usufruire della principale forma di detrazione solo coloro che hanno un reddito inferiore a 15.493 €, con un’età massima di 31 anni e per un totale di 2000€ annui.

Troppe persone tagliate fuori dalla norma attuale

Così concepita, la norma taglia fuori una grossa fetta di persone che guadagnano troppo per usufruire di questa opportunità o per accedere all’edilizia pubblica e all’housing sociale, ma troppo poco per accedere al libero mercato. E’ chiaro che questa soluzione – valida, ad esempio, per Palermo o Torino – a Milano non funziona, perché è inadeguata rispetto alle esigenze della città.

Chi vive a Milano deve poter contare almeno sugli stessi aiuti in percentuale di chi vive altrove e perché questo avvenga è necessario alzare i parametri  (a partire dal reddito) previsti da questa norma. Non si può continuare ignorare che Milano non ha gli stessi affitti e costi del resto d’Italia. Adeguare questa misura al costo della vita meneghino significa offrire a tutti le stesse opportunità di benessere e sicurezza economica.

Affitti troppo cari producono più working poors

Il rischio è altrimenti quello di creare un progressivo aumento dei cosiddetti working poors, cioè coloro che nonostante abbiano un impiego rientrano comunque nelle fasce di povertà.

Canoni +40% vs. stipendi +5%

Basti pensare che negli ultimi anni il costo delle case è aumentato del 40% mentre gli stipendi del 5%. La casa è un bene essenziale, non possiamo pensare che si lavori fino al 15 del mese solo per pagare l’affitto. Questo  dato contribuisce a rendere la realtà di Milano tra le peggiori in Europa, e la peggiore in assoluto per gli under 40 che hanno redditi più bassi rispetto ai loro coetanei nelle grandi città europee.

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(luca – stock.adobe.com)

Il confronto con altre grandi città italiane è imbarazzante

Anche dal raffronto con le altre città italiane emerge la particolarità della situazione milanese. Se a Milano con 1000 € al mese è possibile affittare un bilocale di 55 mq, certamente non in una zona centrale, a Palermo si può aspirare a un appartamento di 222 mq e a Torino di 113 mq. Una differenza di costi che non corrisponde a quella tra gli stipendi, soprattutto quando si considerano categorie come per esempio insegnanti e dipendenti pubblici.

La crescita del pendolarismo 

Questa situazione costringe migliaia di persone al pendolarismo quotidiano con luoghi di residenza distanti anche fino a 100 km, con il conseguente aumento dei costi di trasporto per il singolo lavoratore e con ricadute negative sul benessere generale e la qualità di vita.

Basterebbe un comma

Le detrazioni esistono già, è sufficiente adeguarle aggiungendo un comma alla normativa in vigore… Ma serve la volontà politica di farlo. Milano deve tornare a essere la città delle opportunità diffuse.