Investimenti, ecco dove (e come) l’Italia si gioca la partita del futuro

scritto da il 03 Luglio 2023

Gli investimenti sono la linfa vitale di ogni nazione. Che siano stranieri o nazionali, da parte di enti pubblici o aziende private, essi costituiscono la conditio sine qua non grazie alla quale l’economia di una nazione può crescere.

Il Covid e la crisi ucraina hanno colpito in modo significativo differenti filiere e le relative industrie. A questi due macro eventi aggiungiamo la guerra commerciale Usa-Cina, le sanzioni economiche occidentali alla Russia, le strategie di integrazione euroasiatica nello SCO e nei BRICS+ e molti altri eventi forse meno familiari a noi occidentali ma che stanno implementando, con crescente velocità, un mondo multipolare.

All’interno di questo nuovo scenario le aziende occidentali e gli stati devono creare sinergie che permettano alle filiere più strategiche (tecnologie avanzate, ricerca deep-tech etc..) di creare ecosistemi vitali nelle nazioni del primo mondo.

Di recente la Intel ha investito 30 miliardi in Germania. A questa cifra verranno ad aggiungersi altri 10 miliardi che metterà il governo tedesco.

Viene naturale domandarsi se uno scenario simile, di co-investimento, possa avvenire anche in Italia, specialmente considerando le risorse una tantum provenienti dal PNRR che, idealmente, potrebbero offrire opportunità allo stato italiano di risparmiare sul suo budget e creare “scorte” finanziarie per investimenti strategici e/o tecnologici.

Facciamo il punto.

Investimenti pubblici e privati in Italia ne abbiamo?

“Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e a seguito delle tensioni politiche e commerciali tra USA e Cina, i paesi occidentali hanno abbandonato le politiche liberali che escludevano o comunque limitavano gli aiuti statali alle imprese e si sono convertiti a interventi rilevanti specie per favorire le transizioni energetiche e digitali”, chiarisce Innocenzo Cipolletta, presidente di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital), Vide Presidente di FeBAF (Federazione Banche, Assicurazione e Finanza).

investimenti

“Si spiega così lo straordinario sostegno (10 miliardi di euro) che la Germania si appresta a dare a Intel per indurla a costruire la fabbrica dei nuovi chip. Lo stesso, anzi di più, stanno facendo gli USA e altri paesi, mentre nei regimi non democratici è sempre stata prassi corrente l’intervento nelle imprese. Questo è il prezzo che paghiamo al ritorno dei nazionalismi. C’è da augurarsi che queste sovvenzioni favoriscano veramente le transizioni verso un’economia più attenta al cambiamento climatico e più innovativa. Intanto, dobbiamo constatare che avremo regimi più dirigisti, un maggior costo per le finanze pubbliche, maggiore inflazione, distorsioni sui mercati internazionali e penalizzazioni per i paesi che, avendo minori risorse, non riusciranno a sostenere le loro imprese nella stessa maniera. Purtroppo, l’Italia è in questa ultima categoria.”

L’assenza trentennale di una politica industriale

Gli investimenti nati dalla collaborazione tra pubblico e privato, e la salvaguardia dei principi di un mercato libero, sono aspetti rilevanti anche per Francesco Buzzella, Ceo di Coim e Presidente di Confindustria Lombardia.

“In Italia da 30 anni manca una vera politica industriale: se l’ingresso dello Stato, attraverso Cdp o con altri strumenti, in settori chiave è parte di una strategia finalizzata a preservare l’italianità di aziende o a rafforzare settori strategici e spingere sull’innovazione, il governo avrà il supporto dell’industria”, mi spiega Buzzella. “Così come l’uso della golden power finalizzata ad evitare la perdita di asset strategici in favore di imprese straniere è una scelta condivisibile che rafforza l’intera industria italiana. Questo purchè venga sempre difeso il principio del libero mercato perchè competere con la Cina non significa necessariamente emularne i metodi.”

Infrastrutture e sviluppo italiano

Il Pnrr sarà una grande opportunità per implementare progetti infrastrutturali sia fisici (ponti, autostrade etc..) sia digitali. Questo permetterà all’Italia di poter valorizzare le numerose risorse produttive e creative che, fin troppo spesso, vengono limitate da una rete fisica o digitale ancora carente. Gli investimenti industriali nel Sud Italia, per esempio, rischiano di essere evitati per la natura della logistica del Sud.

Comprendere come le infrastrutture attuali (e si spera future) potranno influenzare la capacità di aziende straniere di investire in Italia è fondamentale.

“Le infrastrutture, specie quelle tecnologiche ma non solo, rappresentano uno degli elementi presi in considerazione per le imprese che devono investire, siano esse italiane o straniere”, conferma Cipolletta. “La disponibilità di una buona rete per la trasmissione dei dati rappresenta ormai un elemento imprescindibile per le imprese, ma anche per la vita dei cittadini e per la crescita dell’economia. Ma non bisogna neppure trascurare le infrastrutture tradizionali per i trasporti, l’energia, la sanità, l’istruzione e per la vita civile che rappresentano un elemento sostanziale per la vita delle imprese. L’Italia può beneficiare delle risorse del PNRR per adeguare il suo sistema infrastrutturale e, se questo avverrà, sarà senz’altro più attrattiva”, conclude Cipolletta.

Italia e capacità di attrarre investimenti: il ruolo delle infrastrutture

La stessa visione è condivisa da Buzzella che conferma: “Le infrastrutture, materiali ed immateriali, influenzano indubbiamente la capacità dell’Italia di attrarre investimenti, per questo motivo il PNRR, andando a intervenire su queste leve, è una occasione che non possiamo rischiare di perdere anche a costo di razionalizzare il numero di progetti puntando su quelli più strategici. Ogni imprenditore, però, quando deve scegliere dove investire fa delle valutazioni a 360 gradi: la burocrazia, il sistema giudiziario, gli incentivi e la certezza delle regole e negli ultimi tempi sono tornate anche le valutazioni di carattere geopolitico.”

La grande sfida che ora si pone è come l’Italia potrà valorizzare le risorse del PNRR e, nel contempo, non trascurare tutte le necessità di investimento che, specialmente dopo la crisi ucraina, dimostrano la loro urgenza.

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