Italia e sviluppo, il capitale torna al centro della scena?

scritto da il 20 Ottobre 2023

Karl Marx se n’è andato 140 anni fa, Robert Solow ha compiuto 99 anni, entrambi hanno studiato il capitale, e il capitale sta tornando a essere al centro della attenzione di chi si occupa di sviluppo. Marx non ha bisogno di presentazioni,  ha sviluppato una teoria del capitale che è ancora viva: il capitale, combinato con il lavoro, genera sviluppo.

Saper distinguere il capitale dal reddito previene tanti errori e illusioni. Agli albori della storia i sapiens capivano che un’ascia fatta con una pietra tagliente valeva di più di un animale selvatico che garantiva il cibo per un giorno: l’ascia era la condizione per avere il cibo, cibo che, senza ascia, era l’illusione di un giorno. L’ascia era il capitale produttivo, la selvaggina il reddito.

Capitale produttivo e finanziario

Non tutto il capitale è produttivo come un’ascia: il capitale finanziario (denaro) diventa produttivo se viene impiegato nella produzione di beni o servizi, se no resta lì, fermo, morto, a fruttare una rendita finanziaria. Avere tanto capitale di tipo produttivo è un bene, averne tanto di tipo finanziario dipende. La ricchezza (o patrimonio) è, semplificando, la somma del capitale produttivo e di quello finanziario.

Il patrimonio che ferma lo sviluppo

Un Paese che cresce economicamente ha in genere un basso rapporto ricchezza/reddito, in un certo senso il patrimonio fermo non sovrasta il denaro che gira. Un paese che cresce poco economicamente ha invece normalmente un alto rapporto ricchezza/reddito, in un certo senso il patrimonio fermo sovrasta e pesa sul denaro che gira. Il patrimonio fermo (capitali finanziari, immobili) pretende una rendita dal denaro che gira, come il proprietario di un condominio pretende una rendita da chi affitta i suoi appartamenti.

Anche per questo la ricchezza, il patrimonio fermo, può costituire un freno allo sviluppo. Nei paesi economicamente dinamici gli investimenti allargano la base produttiva e il reddito, riducendo il peso della ricchezza ferma, morta, a favore della ricchezza mobile e viva che è rappresentata dalla produzione e redistribuzione di beni e servizi.A livello globale il rapporto ricchezza/reddito è passato da 2-3 nel 1970 a 4-6 nel 2010, un trend a cui corrisponde come detto un rallentamento della crescita economica.

Capitale, reddito, sviluppo. L’Italia come sta?

Bene, finito questo ripasso e omaggiati Karl Marx e Robert Solow, forse ha qualche interesse chiedersi qual è la situazione della ricchezza, del reddito e dello sviluppo in Italia rispetto agli altri Paesi?

L’Italia ha una ricchezza complessiva che supera i 10.000 miliardi e un rapporto ricchezza/reddito di 6,15 (secondo Banca d’Italia, 2010), e di 6,75 (secondo Piketty e Zucman, Capital Is Back 2014). Solo il Giappone si avvicina all’Italia con un indice di 6, mentre Stati Uniti, Germania e Canada sono a 4.

Nella figura 1 il rapporto ricchezza/reddito per alcuni Paesi in una prospettiva di storia recente.

Fig.1 Rapporti ricchezza privata/reddito nazionale a confronto (1970-2010). Fonte: Gabriel Zucman

Se è valido il teorema di Solow, secondo cui il rapporto fra ricchezza e reddito dipende dal tasso di risparmio e dal tasso di sviluppo, ebbene l’economia italiana, con un tasso di risparmio attorno al 10% e un tasso di sviluppo ipotizzato dell’1% viaggerebbe verso un rapporto ricchezza/reddito pari a 10. La fotografia di una società vecchia e immobile, in cui patrimoni crescenti alla ricerca di rendite pesano su una base di reddito relativamente (non in assoluto) sempre più piccola. Una società dominata dalla rendita che sconfigge il reddito e lo sviluppo. Mai come in questo caso speriamo che si ripeta quello che spesso mi accade: le previsioni economiche sono destinate a essere smentite.