La Pmi italiane sono digital senza strategy. Ecco i passi da compiere

scritto da il 27 Novembre 2023

Post di Claudio Rorato, Direttore Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano –

Le PMI nazionali possono essere contente. Secondo i dati DESI pubblicati lo scorso 27 settembre, il 70% ha un’intensità digitale di base sopra la media europea (69%); punta di diamante la Finlandia (90% delle imprese). Tra i principali riferimenti solo la Germania (77%) è sopra l’Italia, mentre Francia e Spagna ci rincorrono (68% e 64% rispettivamente).

I dati, però, rivelano anche alcune debolezze, che riguardano soprattutto la capacità da parte delle nostre PMI di integrare il digitale all’interno di una strategia aziendale e non come risposta estemporanea a un bisogno. Lo si intuisce dalla ridotta presenza di tecnologie avanzate e dagli ampi miglioramenti possibili in termini di competenze e formazione in ambito digitale. Se è vero che il 52% delle PMI nostrane adotta il cloud in modo evoluto (media europea ferma al 43%), tuttavia, solo il 9% effettua analisi avanzate attraverso i dati (EU 14%) e meno del 6% ha implementato progetti basati su Intelligenza Artificiale (EU 7%).

L’immagine bifronte dell’eCommerce

L’eCommerce, dati 2022, ci restituisce un’immagine bifronte: da una parte il valore delle vendite delle PMI italiane tramite questo canale raggiunge il 14% del loro fatturato complessivo (EU 11%), dall’altra il numero di PMI italiane che vende online è al di sotto della media europea (18% vs 22%).

Sul fronte delle competenze e della formazione più ombre che luci. In Italia, rispetto all’Europa, pochi specialisti ICT (3,9% vs 4,6%), pochi laureati in ICT (1,5% vs 4%), meno formazione ICT ai dipendenti (18% vs 21%).

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Una prima sintesi porta sulla strada di una trasformazione poco equilibrata, che procede più per linee verticali che orizzontali. Come dire: prevale la logica del prodotto e non quella del processo che, su una scala superiore, si traduce in un approccio carente sotto il profilo sistemico.

Una lettura di sistema per la crescita digitale delle PMI

Da qui nascono le motivazioni di adottare una lettura più di sistema per spiegare la trasformazione digitale delle PMI italiane, evitando di accollare la responsabilità della crescita ai soli imprenditori. L’Osservatorio ha così messo a punto un modello su tre pilastri, per misurare la maturità digitale non solo in base all’adozione tecnologica (punteggio 3,04 su 5), ma anche in relazione alla cultura digitale (3,01) dell’azienda e alla sua capacità di dialogare con l’ecosistema di appartenenza (2,06). Da questi punteggi emerge chiaramente che mediamente le PMI non hanno ancora elaborato una digital strategy strutturata, le reazioni sono più estemporanee o tattiche.

Inoltre, la vera debolezza riguarda il fronte della capacità di relazionarsi con l’ecosistema. Prevale “l’autarchia di pensiero”, che tende a confrontarsi poco con l’esterno e a collaborare con le diverse forze dell’ecosistema. In un’economia, quella digitale, in cui la collaborazione è per definizione una leva di sviluppo, essere poco sistemici accentua le difficoltà di crescita e aumenta le probabilità di autoemarginazione.

Gli effetti dell’autarchia di pensiero delle PMI

A corroborare questi commenti subentrano alcuni dati: il 51% non ritiene una priorità né l’elaborazione di una digital strategy né lo svolgimento di attività formative dedicate né, tanto meno, di inserimento di figure con competenze digitali elevate, senza arrivare a parlare di abilità STEM o di alta formazione.

Sotto il profilo della relazione con l’ecosistema, invece, solamente il 25% delle PMI che ha avviato progetti di digitalizzazione con soggetti esterni, si è rivolto a enti di trasferimento tecnologico territoriale (competence center, digital innovation hub, punti impresa digitale, startup, incubatori) o a innovation manager. Gli stessi strumenti a sostegno della formazione digitale (credito di imposta formazione 4.0, Scuola 4.0 e ITS Academy) sono stati poco utilizzati (a onor del vero anche il processo di comunicazione degli enti verso le aziende potrebbe migliorare).

PMI

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In questo contesto non possiamo trascurare l’infrastruttura digitale che, in Italia, nonostante la crescita del 10% tra il 2021 e il 2022, vede appena il 54% delle famiglie italiane dotata di banda ultra-larga fissa (VHCN), contro il 73% della media UE. Anche la fornitura di servizi pubblici digitali posiziona l’Italia al di sotto della media europea (punteggio pari a 75 vs 84 in Europa).

La differenza tra essere al fianco delle PMI e incolparle

Accollare, oggi, la responsabilità della trasformazione digitale ai soli imprenditori, significherebbe commettere un errore. I gap comportamentali da riempire riguardano anche l’ecosistema che ruota attorno alle PMI. Professionisti, banche, associazioni di categoria, enti di trasformazione digitale e software house devono modificare alcuni paradigmi di comunicazione e comportamentali.

Non più singole soluzioni – abbiamo visto che da questo punto di vista le imprese sono ricettive – ma percorsi in cui ciascun attore deve comprendere più profondamente, per esempio, le dinamiche delle imprese sui mercati di sbocco e di fornitura, i problemi legati alla quotidianità, che spesso non consente di dedicare tempo adeguato alla programmazione di più lungo periodo.

Essere al fianco delle imprese significa trovare insieme le soluzioni ai problemi e quelle di miglioramento, comprendere le loro strategie, per supportare gli imprenditori nella crescita di medio-lungo periodo, elevando la loro sfera culturale in termini digitali e le capacità di interagire con l’ecosistema.