Pmi fuori dai radar delle banche, ecco i numeri della paura

scritto da il 19 Marzo 2024

Post di Matteo Tarroni, founder e ceo di Workinvoice* – 

La paura delle aziende è nei numeri. E in quella percezione di incertezza e instabilità che si traduce nel 56% di Piccole e medie imprese che pensa di aver bisogno di accedere a un finanziamento entro una settimana. Per arrivare a quel 31% che ne ha urgenza – o così percepisce – in meno di 48 ore. Soldi che servono a finanziare gli investimenti per la crescita, le normali uscite di cassa e alle volte a coprire fenomeni inattesi come, per esempio, l’improvviso rincaro di una materia prima.

Il risultato del sondaggio condotto da Workinvoice, in collaborazione con l’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano, sull’universo delle Pmi italiane apre un mondo quasi sconosciuto per la mancanza di dati puntuali, ma che serve a fotografare la spina dorsale del Paese: con un giro d’affari, calcolato da Sace, di oltre mille miliardi di euro, le Pmi generano quasi il 40% del valore aggiunto nazionale e impiegano un terzo di tutti gli occupati. Non solo, sono le imprese più dinamiche con un incremento della produttività del 7% tra il 2010 e il 2019 e sono campioni dell’export: nel 2019 hanno venduto all’estero beni per 219 miliardi di euro, il 46% delle esportazioni dell’intero sistema Italia.

La volatilità complica la gestione della cassa delle Pmi

Per questo le Pmi sono le imprese che più di tutte hanno bisogno di essere supportate nella gestione della liquidità e di conoscere soluzioni alternative ai canali tradizionali. Ancora di più oggi, dopo anni di sconvolgimenti macroeconomici e geopolitici. Prima la pandemia globale che ha fermato i mercati e poi ha strozzato le catene di approvvigionamento con la ripresa della domanda; poi l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che ha fatto esplodere il prezzo del gas e a cascata dell’energia; infine le tensioni sul Mar Rosso che bloccano Suez con un aumento della volatilità sulle consegne e sulle vendite delle merci, che si traducono in tempi d’incasso più lunghi e comunque più incerti.

In questo scenario di aumentata volatilità, la gestione della cassa è sempre più complicata: le uscite possono aumentare per l’impennata dei prezzi della materia prima e contestualmente gli incassi possono diventare più lenti.

A più della metà delle Pmi servono soldi entro una settimana 

Le risposte raccolte attraverso il questionario anonimo a 437 Pmi dipingono un quadro molto articolato e fanno emergere con chiarezza come diversi fattori esogeni si siano innestati su una situazione di non perfetta pianificazione finanziaria. Più della metà del campione intervistato ha urgenza di accedere a fonti di finanziamento entro una settimana; delle categorie di aziende intervistate, quelle attive nei servizi ne hanno bisogno più di altri settori, perché tendenzialmente hanno una bassa liquidità; al contrario le imprese attive in trasporto e magazzinaggio hanno una maggiore liquidità e dunque meno urgenza.

Per soddisfare il bisogno di liquidità, le PMI italiane usano prevalentemente le soluzioni tradizionali di finanziamento, soprattutto perché le soluzioni alternative, come quelle di SCF (Supply Chain Finance), sono per loro quasi sconosciute. Il punto dirimente, comunque sull’accesso al credito, sono i tassi di interesse: se sono alti diventano una barriera d’accesso insormontabile. Altri fattori chiave per un accesso al credito più fluido sono processi più rapidi di approvazione e un supporto consulenziale su misura.

Supply chain finance, questa sconosciuta

Quali sono dunque le strade percorse per la ricerca della liquidità o di informazioni su strumenti di finanziamento? Le Pmi italiane ricorrono prevalentemente a soluzioni tradizionali: il 72% si rivolge alle banche, il 15% al proprio commercialista. La maggior parte neppure conosce l’esistenza di soluzioni alternative, come la Supply Chain Finance, cui ricorre appena il 3% delle imprese.

Pmi

(Adobestock)

Eppure, pur avendo un enorme mercato potenziale, le banche non hanno ancora sviluppato le caratteristiche necessarie per andare incontro alle Pmi che, spesso, neppure rientrano nei loro radar. Gli sforzi fatti non sono sufficienti con il risultato che, spesso, l’imprenditore è solo ad affrontare i propri problemi.

La barriera dei tassi d’interesse e il Fintech

Chi mette a disposizione piattaforme di Supply Chain Finance, invece, va direttamente verso quelle Pmi per cui i tassi d’interesse sono una barriera all’accesso a fonti di credito a cui si aggiungono lunghi tempi d’approvazione. Problemi che il mondo del Fintech ha iniziato a risolvere da tempo con processi rapidi e supporto consulenziale per fornire la soluzione ottimale e più flessibile. Perché in un mercato che evolve continuamente non c’è niente di più pericoloso che la mancanza di flessibilità.

L’utilizzo dei dati permette di analizzare il rischio in tempo reale e costruire la soluzione migliore per l’azienda. Con il risultato di poter erogare un finanziamento in ventiquattro ore, ma anche di modellarlo sul bisogno – in continua evoluzione – delle imprese. Per farlo, però, le Pmi devono prendere coscienza che esistono alternative agli strumenti tradizionali. Alternative che, supportate dalla tecnologia, sono spesso più efficaci e sempre più veloci.

 

*Workinvoice

Operativa dal 2015, Workinvoice è una società fintech di servizi a valore aggiunto per le imprese, che mette in contatto diretto risorse finanziarie e settore produttivo. Workinvoice ha sviluppato il primo mercato online in Italia di invoice trading, il canale alternativo per l’anticipo fatture e nel 2018 ha stretto una partnership industriale con il leader delle business information Cribis (gruppo Crif). La società è al centro di un ecosistema di operatori finanziari, aziende leader di filiera, società produttrici di software gestionale e infrastrutture di soluzioni per la supply chain.