Social media e aziende: più efficace essere autorevoli o divertenti?

scritto da il 29 Maggio 2024

Post di Jessica Piccaia, fondatrice dell’agenzia STAY TUNED!

Secondo il rapporto “Imprese e ICT 2023” realizzato dall’Istat le piccole e medie imprese italiane sono ancora piuttosto indietro in termini di digitalizzazione e solo il 57,3% di esse utilizza social media per relazionarsi con la propria clientela.

Eppure nel 2024 smartphone e social media sono ormai parte integrante della vita quotidiana degli italiani: l’82% degli italiani usa i social media e secondo Data Reportal in media ogni secondo sono 8 i nuovi utenti che nel mondo aprono un nuovo account social.

I social media offrono alle aziende numerosi vantaggi strategici che possono migliorare significativamente la loro presenza e operatività; da una maggiore visibilità del brand, alla possibilità di raggiungere un pubblico più vasto fino a incrementare la consapevolezza del marchio.

Al giorno d’oggi sono numerosi i brand che creano contenuti sperando di essere ricordati e riconosciuti sui social media ed è molto comune imbattersi in immagini o video divertenti e ironici.

Ma quali sono le strategie funzionano meglio per le Pmi? Meglio adottare un tono autorevole o optare per un approccio più divertente e ironico?

Analizziamo le due strategie, considerando vantaggi, svantaggi e casi di studio, per determinare quale possa essere la scelta più efficace in base agli obiettivi aziendali e al target di riferimento.

Efficacia delle strategie ironiche vs autorevoli

Le strategie ironiche possono aumentare l’engagement e la brand awareness, aiutando i brand a distinguersi in un mercato saturo. Tuttavia, c’è il rischio di non essere presi sul serio in contesti che richiedono autorevolezza o di alienare parte del pubblico che potrebbe non apprezzare o comprendere il tono umoristico. Inoltre, le persone potrebbero ricordare solo il formato e la comicità, senza essere interessate al messaggio principale.

Le strategie autorevoli, d’altro canto, costruiscono un’immagine di affidabilità e competenza, attraendo clienti alla ricerca di qualità e serietà nel servizio o prodotto. Un approccio che, tuttavia, potrebbe risultare meno coinvolgente se non accompagnato da una componente emotiva o personale che umanizzi il brand.

La scelta tra un approccio autorevole e uno divertente dipende molto dal target di riferimento e dal settore di mercato delle PMI. È essenziale conoscere bene il proprio pubblico e quali contenuti risuonano di più con loro, poiché non esiste una strategia standard valida per tutti.

Sui social media serve un Tono di Voce riconoscibile

La scelta della content strategy dipende sempre dal Tono di Voce del brand: brand molto autorevoli e formali hanno dei limiti più contenuti entro cui spaziare in termini di creatività e ironia rispetto a brand e aziende con un ToV (Tone of Voice) più informale che possono azzardare una content strategy più disruptive ed ironica. L’importante è definire tutto quando si struttura la strategia.

Alcune Pmi stanno iniziando a notare il potenziale di “metterci la faccia” e cominciano ad esporsi sui social media attraverso i founder o attraverso alcuni dipendenti che si prestano nelle attività di comunicazione. Altre volte si possono proporre degli “attori-creator” per ovviare al problema del turnover frequente o per evitare di legarsi troppo ad una figura all’interno dell’azienda (dipende sempre dal budget a disposizione, dal grado di consapevolezza e dalle necessità dell’azienda).

I social media evolvono e sono molto diversi da TV e radio

Il punto focale è che non tutti si prestano e non tutte le aziende capiscono questo potenziale. Le aziende che non co-partecipano alla content strategy che viene proposta dall’agenzia di social media marketing o dal social media manager – e quindi hanno un atteggiamento distaccato riguardo alla comunicazione digitale – sono le prime a restare deluse dai risultati, nonostante venga spiegato che i social media si stanno evolvendo e non sono dei media classici come tv e radio: i contenuti troppo autoreferenziali non funzionano.

A tendere sarà sempre più necessario individuare all’interno delle aziende una figura di riferimento (a prescindere che esista o meno un reparto marketing e comunicazione) che sia in grado di creare un link tra agenzia e azienda e metter in campo una content strategy differenziante e sempre più diretta con l’utente finale.

Sia che la content strategy sia disruptive o meno, per ampliare copertura, brand awareness e autorevolezza basterebbe anche una piccola condivisione dei contenuti del Calendario Editoriale con un piccolo pensiero da parte dei dipendenti e dai vertici aziendali. Questo è in grado di creare un effetto molto positivo sulla portata organica e sulla diffusione del brand.

Ma il lavoro da fare è molto più ampio e complicato e mette in campo le competenze di Employer Branding: una possibile strategia che spesso è supportata da alcuni tool su LinkedIn grazie alle funzioni “Informa i Dipendenti” o “Consiglia ai Dipendenti” può favorire questo tipo di partecipazione e diffusione. Eppure, la maggior parte delle volte non tutti i dipendenti hanno un profilo professionale e se lo hanno spesso non è ottimizzato o aggiornato.

Serve in generale più educazione al digitale, in particolare per quanto riguarda i social media, perché se tutti comprendessero i benefici di una corretta esposizione dell’azienda online, tutti sarebbero sicuramente più coinvolti.

Non tutte le strategie funzionano allo stesso modo

Per concludere, ogni strategia è soggettiva e ciò che funziona per altri potrebbe non funzionare per te. Per definire una content strategy, è fondamentale stabilire a monte gli obiettivi aziendali e analizzare il Tono di Voce del brand, adattandolo al social voice e non viceversa. La sostenibilità di una content strategy è un altro fattore cruciale, sia in termini di budget che di costanza nell’esecuzione.

Gli obiettivi aziendali devono guidare quelli di comunicazione, non il contrario. È fondamentale chiarire questo punto: sebbene entrambi siano strettamente legati, esiste una gerarchia da rispettare per creare una content strategy orientata agli obiettivi aziendali. Spesso, invece, molte realtà seguono una content strategy forzatamente ironica, mirata esclusivamente alla visibilità e alla viralità, che perde di vista le necessità aziendali. In questi casi, la perdita di fiducia verso il social media manager è inevitabile.

I social media stanno virando sempre più verso una logica di infotainment (intrattenimento + informazione) e i contenuti troppo commerciali o autoreferenziali non funzionano. Le aziende che comprendono questo concetto e si lasciano guidare dai professionisti e dai dati, ottenendo anche un coinvolgimento interno, ottengono risultati positivi. Le altre, invece, restano spesso deluse e abbandonano il social media marketing.