Intelligenze (artificiali) urbane, i perché di una sfida epocale

scritto da il 10 Ottobre 2024

Post di Cosimo Accoto, filosofo tech affiliato al MIT (Boston)* –

L’intelligenza artificiale è sempre più anche urbana. E, anzi, sempre più proprio cittadina e metropolitana. A piccoli passi si incorpora dentro grattacieli e uffici, ottimizza i flussi della mobilità e del turismo, abita le nostre case domotiche e anima le piazze della movida. Nella città di Milano lo sviluppo progressivo di questa nuova “intelligenza artificiale urbana” può contare su un’infrastruttura e un’economia tech che è sempre più digitale.

Secondo lo studio realizzato da TIG – The Innovation Group – in occasione della Milano Digital Week 2024, infatti, il valore del mercato digitale di Milano città metropolitana è pari al 18% di quello nazionale (13.724 milioni su 77.803) e vale il 63% di quello lombardo (21.785 milioni). La regione si attesta al 28% su totale Paese. Sul versante del numero di aziende ICT, a Milano sono 14.710, il 12% delle imprese del settore in Italia, mentre rappresentano oltre il 52,5% nella sola Lombardia che, nel quadro nazionale, vale oltre un quinto (22%) delle aziende ICT. Parallelamente il PIL milanese nel 2023 ha contribuito con una cifra di 250 miliardi di euro, pari all’11,7% del PIL italiano (2.128 miliardi di euro) e al 56% del PIL lombardo. A livello regionale, la ricchezza prodotta arriva a 446 miliardi, il 21% del totale Italia.

Milano dalla smart city all’AI urbanism 

Forte di questi numeri, Milano è per certo in grado di valorizzare gli stimoli che cominciano ad arrivare dall’intelligenza artificiale accelerando, così, la sua originaria vocazione di smart city verso un nuovo AI urbanism**. Un’intelligenza artificiale urbana forse ancora poco visibile ai più, ma intenzionata (e destinata direi proprio anche) a diventare protagonista della vita urbana. Se la città non è solo un modo di abitare il mondo, ma è un modo di pensare il mondo – come ci insegnano i filosofi – che sorprendenti idee, esperienze e servizi per il cittadino si produrranno con l’ausilio di queste nuove intelligenze artificiali urbane? Le chiamiamo urbane non solo naturalmente perché applicate alle città e alle sue necessità e desideri. Ma anche perché immaginate (sperabilmente) civili e benevole verso le attuali e future cittadinanze umane.

Il destino di una nuova urbanità

Città intelligenti, dunque, dai modi urbani. Sempre più animate con le voci artificiali e sintetiche degli assistenti digitali metropolitani, arricchite con le insolite panoramiche virtuali e aumentate di visori indossati o di droni in volo sullo skyline urbano, popolate da macchine autonome in forma di veicoli su ruote o di umanoidi, le città iniziano a sperimentare questa loro sorprendente, prossima condizione urbana. In dialogo costante con creatività, espressività e professionalità umana, l’intelligenza artificiale nelle sue molte forme evoca e produce, dunque, nuove voci, nuove scene e nuove presenze in città.

Le chiamano città automatizzate, computabili, intelligenti, senzienti. Qualcuno arriva anche a dirle anche autonome. Un proliferare di aggettivi che racconta l’orizzonte di un’intelligenza artificiale che si fa “spazio” in città. Letteralmente e metaforicamente.

Qual è, allora, il destino di questa nuova urbanità? È sufficiente osservare le città che più oggi stanno testando le opportunità (e gestendo vulnerabilità etiche e rischiosità sociali) di soluzioni e servizi guidati dall’intelligenza artificiale: da Singapore a Helsinki, da Dubai a Barcellona, da Tokyo a Zurigo, da San Francisco a Shenzhen.

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Tre dimensioni. La prima: intelligenze urbane predittive

Esploriamo, allora, tre dimensioni esemplificative di questo nuovo “urbanesimo artificiale” per come viene oggi sperimentato in molte città sparse sul pianeta. La prima è quella delle intelligenze urbane predittive. L’AI è una tecnologia della predizione come ci dicono gli economisti. E le città hanno una necessità spasmodica di governare la complessità e l’incertezza crescenti di reti, flussi e infrastrutture per ottimizzare sicurezza, sostenibilità e servizi. Così crescono le capacità urbane dei sistemi di intelligenza artificiale di anticipazione (e risoluzione) di criticità nei trasporti e nella mobilità congestionata, nei consumi energetici e nelle reti di approvvigionamento elettrico, nei sistemi di allerta per situazioni di emergenza climatica e disastri metereologici, nelle politiche di sicurezza pubblica e di contenimento della criminalità, nella gestione della salute pubblica e delle strutture di cura di pazienti, di persone fragili o con disabilità. Le città AI-driven saranno “città oracolari”, figlie del feed-forward (cioè dell’anticipare sempre l’accadere degli eventi), non più solo del feed-back (del rispondere, cioè, ex post ad un evento avvenuto).

Intelligenze urbane in modalità generativa

La seconda dimensione artificiale è quella delle intelligenze urbane generative. Dopo essere stata ricognitiva e predittiva, l’intelligenza artificiale è ora, infatti, divenuta generativa di testi, suoni, immagini, ambienti sintetici. Questa capacità simulativa viene producendo esperienze e servizi innovativi nelle città. Come ha chiarito un recente approfondimento sul tema del World Economic Forum, l’AI generativa è oggi usata dalle città in molti modi: dalla creazione di modelli linguistici sintetici che dialogano coi cittadini umani a nome della città come accade a Buenos Aires (prima per l’informazione massiva durante la pandemia e ora anche per la partecipazione sociale più allargata a servizi di bike sharing) all’ideazione e sviluppo generativo di materiali di costruzione più efficienti e sostenibili sfruttando anche l’intelligenza dei materiali (material intelligence). La simulazione computazionale si dimostra sempre più un grande alleato degli urbanisti per affrontare fenomeni complessi (dal design architettonico al cambiamento climatico) non altrimenti affrontabili.

Intelligenze urbane agentive e mobilità autonoma

La terza, infine, è quella delle intelligenze urbane agentive. È indubbio che automazione e robotica rappresentano un vettore trasformativo chiave delle città. Che si tratti di veicoli mobili a terra o dispositivi dronici aerei, l’autonomia progressiva di macchine agentive (come si dice oggi), cioè con capacità ampia d’azione autonoma, anche senza supervisione umana diretta e costante, sarà un passaggio cruciale per la condizione urbana. La città si arricchirà di nuove presenze e di nuovi abitanti macchinici. Qualcuno dice, addirittura, di quasi-cittadini con nuovi obblighi e diritti. Così, non senza difficoltà e criticità varie, città come Pechino e Shangai in Cina o San Francisco e Phoenix in Usa sono oggi attive nel testare e lanciare soluzioni di mobilità autonoma a partire dai robotaxi.

Come si intuisce, all’orizzonte si viene profilando un nuovo urbanesimo (e un nuovo umanesimo) delle città. Che ci porrà una sfida epocale: quanto e come (e per chi) saremo in grado di cogliere questa opportunità valorizzando i molti benefici di un’intelligenza artificiale urbana e arginando i rischi reali per riservatezza, sicurezza, sostenibilità e libertà?

*Autore del saggio “Il Pianeta Latente” (Egea, 2024) 

** Per un approfondimento si veda il volume collettaneo “Artificial Intelligence and the City” (Routledge, 2024) a cura di Federico Cugurullo, Federico Caprotti, Matthew Cook, Andrew Karvonen,
Pauline McGuirk and Simon Marvin