PMI e intelligenza artificiale: più parole che fatti. Perché?

scritto da il 27 Maggio 2025

Post di Erol Değim, Co-CEO di ProntoPro* –

Tutti ne parlano, pochi la usano. L’Intelligenza Artificiale è ovunque nel dibattito pubblico e manageriale: se ne riconosce il valore, se ne intravede il potenziale, la si teme o la si celebra. Eppure, quando si passa dai proclami ai fatti, i numeri raccontano un’altra storia.

In Italia, secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, solo il 7% delle piccole imprese e il 15% delle medie ha avviato progetti concreti legati all’IA, a fronte di un interesse dichiarato dal 58%. In altre parole, per ogni impresa che agisce ce ne sono almeno tre che si limitano a pensarci.

E il confronto europeo è impietoso. Secondo i dati EUROSTAT 2024, l’Italia è solo 23esima su 32 Paesi europei per utilizzo di tecnologie IA, con una percentuale ferma all’8,2%, ben distante dal 27,6% della Danimarca. Non solo: nel 2023 il Belpaese occupava la stessa posizione, ma con un tasso di adozione ancora più basso, 5,05%. Questo significa che la crescita c’è stata, ma troppo lenta.

Un ritardo che pesa ancora di più se si guarda alla composizione del sistema produttivo italiano: perché in un Paese dove oltre il 90% del tessuto economico è composto da microimprese, rendere l’IA accessibile e parte integrante dei processi non è una possibilità, è una priorità strategica. In un’economia interconnessa, non adottare l’intelligenza artificiale e continuare a rimandare significa infatti perdere terreno e uscire progressivamente dai giochi. Non si tratta più di capire “se” l’IA sarà rilevante, ma di affrontare il fatto che senza una reazione concreta, molte realtà italiane diventeranno semplicemente irrilevanti.

Dove inizia il cambiamento per le PMI?

Per molti freelance e PMI, l’IA appare ancora come una rivoluzione dall’alto e una frontiera tanto affascinante quanto inaccessibile. In realtà, il cambiamento non parte da investimenti straordinari o rivoluzioni tecnologiche, ma da azioni semplici, concrete e ripetibili.

Automatizzare operazioni a basso valore aggiunto — come gestione della fatturazione, scrittura di email ripetitive o supporto clienti di primo livello — consente di liberare tempo e risorse preziose da destinare ad attività più strategiche: core business, qualità del servizio, relazione con i clienti. Sul piano decisionale, le tecniche predittive consentono inoltre di analizzare l’andamento della domanda, anticipare i bisogni del mercato e pianificare con precisione l’utilizzo delle risorse, non affidandosi più solo all’intuizione o all’esperienza.

Parallelamente, l’introduzione di strumenti di IA accessibili e intuitivi democratizza l’utilizzo di queste stesse tecnologie — permettendo anche a chi non ha una formazione specifica di sfruttarle per inserirsi in un mercato del lavoro sempre più competitivo — e di sbloccare un nuovo livello di creatività, usando l’IA come una vera e propria “bicicletta per la mente”. Per esempio, freelance e PMI possono utilizzarla per raccontare meglio la propria storia, creare contenuti più incisivi e profili digitali più solidi, imboccando così una corsia preferenziale per raggiungere più clienti, distinguersi dalla massa e liberare tempo per ciò che rende davvero unica la propria attività.

Pmi

“Bicicletta per la mente”. Freelance e Pmi possono utilizzare l’IA per raccontare meglio la propria storia, creare contenuti più incisivi e profili digitali più solidi, imboccando così una corsia preferenziale per raggiungere più clienti. (Immagine generata da ChatGPT4o)

Gli strumenti, quindi, esistono, i casi d’uso sono evidenti e i benefici documentati. Eppure, in Italia sembra prevalere una cultura della prudenza.

Un potenziale economico ancora sottoutilizzato

I vantaggi sono anche economici e di produttività. Secondo una ricerca del McKinsey Global Institute e di QuantumBlack, l’adozione dell’IA in oltre duemila attività lavorative tradizionali potrebbe generare un impatto economico globale tra 6.100 e 7.900 miliardi di dollari all’anno. Fino al 75% di questo valore è concentrato in particolare in quattro macro aree aziendali: customer operations, marketing e vendite, software engineering e ricerca e sviluppo.

In questi ambiti, l’IA consente di aumentare la produttività, ridurre costi, accelerare processi e migliorare l’efficacia delle decisioni. Nel customer service, per esempio, l’automazione delle interazioni permette di aumentare la risoluzione dei problemi per ora lavorata, ridurre i tempi di gestione e diminuire il tasso di abbandono e le escalation, con un incremento stimato della produttività tra il 30% e il 45% rispetto ai costi attuali. Il punto, però, è che questo potenziale non si realizza da solo: va interpretato, adattato, costruito.

Non è una corsa alla tecnologia, ma un cambio di mentalità

L’intelligenza artificiale viene spesso raccontata come una rivoluzione tecnologica inevitabile. In realtà, la sua adozione non è una gara a chi implementa per primo gli strumenti più sofisticati, ma un cambiamento culturale profondo, che richiede consapevolezza, adattamento e una ridefinizione dei modelli organizzativi, perché le tecnologie, per quanto avanzate, non producono valore se vengono inserite in un contesto impreparato ad accoglierle. Per questo motivo parlare di “adozione” significa prima di tutto parlare di “mentalità“. E questo vale anche per le PMI e per i liberi professionisti, perché l’introduzione efficace delle nuove tecnologie non dipende dalle dimensioni della realtà professionale, ma dalla sua capacità di abbracciare l’IA come strumento strategico.

Importante è superare la visione dell’IA come sostituto dell’intelligenza umana. I casi d’uso più efficaci non sono quelli in cui la tecnologia rimpiazza il lavoro delle persone, ma quelli in cui ne amplifica le capacità. In alcuni settori, come quello del customer service, per esempio, l’IA consente di gestire più rapidamente le richieste semplici, lasciando agli operatori il tempo e l’energia per gestire i casi più complessi e relazionali.

Barriere e soluzioni: tecnologia sì, ma con visione

Alla complessità tecnica e alla resistenza culturale si affiancano altre barriere come la mancanza di una visione strategica. È infatti facile cadere nell’errore di considerare l’IA come una soluzione da implementare “a pacchetto”, affidandosi a strumenti o piattaforme che promettono efficienza immediata, ma, senza una direzione chiara, il rischio è quello di aggiungere complessità senza generare valore.

Una strategia efficace parte dall’identificazione dei processi che possono essere realmente trasformati dall’IA, come nei contesti ad alta intensità di dati e ripetitività. Per risultati concreti serve però un disegno organizzativo capace di supportare la sperimentazione, raccogliere feedback e riorientare le azioni in base agli esiti. È qui che entrano in gioco governance e capacità di orchestrare il cambiamento. Non servono soluzioni magiche, ma leadership in grado di guardare oltre l’orizzonte trimestrale.

La domanda da porsi non è quindi “quale strumento adottare?”, ma “quale valore vogliamo generare e per chi?”. Solo partendo da questa domanda e consapevolezza l’adozione dell’IA può diventare un potente alleato che semplifica, amplifica e libera il potenziale del business.

Pmi, colmare il divario tra curiosità e competenza 

In Italia, la fiducia verso le nuove tecnologie si costruisce con lentezza. Secondo lo studio Artificial Intelligence across Europe, solo il 20,9% degli italiani si considera altamente competente in materia di IA, nonostante il 63,4% esprima un atteggiamento positivo nei suoi confronti. Il divario riflette una dinamica culturale radicata: c’è l’interesse, ma non la confidenza necessaria per passare all’azione.

Per freelance e PMI questo si traduce spesso in un’attesa prudente: prima di adottare una nuova tecnologia, si preferisce attendere risultati tangibili e conferme concrete. Ma l’IA evolve rapidamente e restare fermi rischia di essere la scelta più costosa: la tecnologia non torna indietro, proprio come le auto non hanno ceduto il passo alle carrozze.

La chiave, quindi, non è aspettare il “momento perfetto”, ma iniziare a sperimentare. La vera opportunità non è infatti solo comprendere l’IA, ma abbracciarla come uno strumento per evolvere, migliorare, distinguersi. Serve apertura mentale, voglia di mettersi in gioco e un approccio proattivo: usare l’IA non per sostituire, ma per potenziare ciò che già si sa fare. Solo così freelance e PMI potranno trasformare questa rivoluzione tecnologica in una leva di crescita.

 

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